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Le pensioni di Salò

Severino Vardacampi

Non volevo crederci. Pensavo a una macabra burla. E invece qualcuno che siede in Parlamento - e nei ranghi della maggioranza parlamentare che sostiene il governo - ha proposto, presentando un disegno di legge, di equiparare il bene e il male, di ritenere gli aguzzini dell’ordine hitleriano benemeriti al pari di chi ad esso si oppose, di non più distinguere tra il carnefice e la vittima, tra chi massacrava innocenti e chi cercava di salvare vite umane.

Pensavo a una macabra burla. Non volevo crederci.

Ma questo è accaduto: che qualcuno che siede in Parlamento, nel luogo in cui si fanno le leggi, ha proposto di dare ai torturatori complici di Hitler riconoscimenti morali e benefici economici per i servigi allora resi. I servigi resi a Hitler. Dare un premio agli armigeri dell’ordine hitleriano, ai complici della Shoah. Qualcuno questo ha proposto.

A quando le medaglie al valore per i killer della mafia?

A quando la cittadinanza onoraria a chi ha tagliato più gole?

A quando i monumenti alle SS? A quando il Nobel per il genocidio?

Sia chiaro: a tutte le persone anziane deve essere data una pensione che consenta loro di vivere dignitosamente i tardi anni ed estremi; e se non hanno fonte alcuna di reddito cui attingere, se non hanno svolto un’attività lavorativa onesta e legale tale da aver diritto a una pensione conseguente, ebbene, a tutti comunque una pensione decente deve essere data, a tutti. Indipendentemente da ogni altra considerazione. Poiché tutti gli esseri umani sono esseri umani. Nessuno escluso. Ed a tutti vanno riconosciuti tutti i diritti umani, ed innanzitutto il primo e fondamentale di essi: il diritto a vivere, a vivere una vita dignitosa.

Sia chiaro: tra i giovani reclutati - sovente a forza - nei ranghi della teppa di Salò può ben essersi dato che ve ne fossero di inconsapevoli, di ignari, di disperati; dopo vent’anni di diseducazione fascista, nella fornace della guerra, avvezzi ai truci pensieri e alla visione della morte, nell’infamia allevati e dall’orrore avvolti, può capitare che giovani innocenti si trasformino in drago.

Non è delle loro coscienze che qui si giudica. Non è della coazione che subirono, e del travaglio, e di come seppero - coloro che seppero - riscattarsene poi: non pochi disertarono, non pochi passarono alla Resistenza, e tutti certo lungo sessant’anni avranno avuto modo di ripensare all’accaduto, con più nitida cognizione di causa.

Sono passati sessant’anni, e sono passati per tutti: per tutti coloro che sono sopravvissuti. Per coloro che furono assassinati la vita e il mondo, invece, finirono lì.

E tuttavia qui non si giudica del mistero delle anime, degli abissi e dei peripli morali ed esistenziali degli individui singoli. Qui si tratta del giudizio storico e giuridico, morale e politico, sull’evento della Shoah.

Ogni persona merita rispetto per il mero fatto della sua umanità; ed ogni persona anziana merita per il fatto stesso di essere anziana cura e sollecitudine. Ma dare un premio speciale agli esecutori della Shoah è altra cosa. Sostenere che la criminale masnada degli scellerati di Salò vada considerata alla stregua di un potere legittimo; sostenere che quell’attività di persecuzione, di torture, di omicidi, di deportazione di innocenti nei Lager nazisti sia un’attività legale; sostenere che non vada fatta distinzione tra gli esecutori della Shoah e coloro che contro lo sterminio si sono battuti: ebbene, tutto ciò non è abominevole?