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Legge e democrazia

La nostra democrazia corre pericoli? La domanda non è futile, se da almeno due anni studiosi di varie tendenze se la pongono, e scrivono libri ed articoli sull’argomento. Il dibattito è arrivato sulla stampa e in televisione, e ha animato accesi confronti politici. Né va dimenticato che eminenti personalità hanno rivolto drammatici appelli al Presidente della Repubblica per segnalare i guasti della democrazia e i nefasti sviluppi che ne possono derivare.

Esaminiamo alcuni aspetti della questione. Se identifichiamo la democrazia con lo svolgimento di libere elezioni in cui vengono scelti i rappresentanti del popolo a livello locale e nazionale, non pare che vi siano pericoli, salvo la sempre più ampia disaffezione al voto che rivela un diffuso disinteresse per la cosa pubblica, che non è certo positivo.

Ma la democrazia non è solo presenza di libere elezioni a intervalli regolari. Essa è anche un ordine costituzionale che prevede: libertà di stampa, pluralismo politico e sindacale, diritti fondamentali della persona, necessità che il potere economico non prevarichi su quello politico, possibilità per tutti di trovare lavoro, un ragionevole sistema di welfare. Sintetizzo questi elementi con la dizione "Stato di diritto", che preveda la divisione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, e assicuri a quest’ultimo la assoluta indipendenza. Gli anglosassoni usano il termine "rule of law", cioè il dominio della legge, eguale per tutti, governanti e governati.

E’ su questo punto che la nostra democrazia scricchiola. L’attacco portato da Berlusconi alla indipendenza della magistratura è forsennato. Il suo tentativo di sottrarsi ai processi è scandaloso. Egli vuole intimidire l’ordine giudiziario e sottometterlo ai suoi voleri. Non si fa scrupolo di costruire leggi per assicurarsi l’impunità. Tutto ciò è disgregante e mina le basi della democrazia.

E’ un problema antico ma fondamentale. Già 2500 anni fa Platone scriveva: "Uno Stato senza efficienti tribunali non è uno Stato". E aggiungeva: "Dove la legge è padrona dei padroni e i magistrati sono i suoi servi io prevedo sicurezza e ogni bene... invece per lo Stato dove la legge non è sovrana ma serva, io vedo pronta la distruzione" (Platone, Dialoghi, le leggi, vol.7°, pag. 114, Laterza 1972).

Non siamo ancora arrivati a questo punto. In Italia la magistratura resiste, e a Milano come a Palermo ci sono ancora dei giudici degni di questo nome. Ma l’opinione pubblica deve prendere coscienza che questo è il punto di attacco in cui Berlusconi cerca lo sfondamento. Se ci riesce la democrazia sarà travolta.