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La nuova legge sull’handicap

Bruno Valorzi Isidoro Brugnolli

In una situazione politica non favorevole con il costante richiamo alla prossima scadenza elettorale è stata approvata dal Consiglio provinciale la legge quadro in tema di handicap. Un disegno di legge che nasce dalla unificazione di varie proposte, e che risulta comunque limitato dalla mediazione tra un testo minimale che prevedeva alcuni interventi per l’anno del disabile e un testo più organico che voleva proporre un testo unitario dei tanti e disarticolati interventi che la Provincia, i Comprensori ed i Comuni realizzano per aiutare coloro che in modo temporaneo o permanente si trovano a vivere nel quotidiano momenti di disabilità e di difficoltà.

Solo ora è arrivato il tempo per la nostra grande autonomia di produrre un testo unico ed organico in cui gli interessati (disabili, familiari, operatori ed amministratori) possano trovare la soluzione dei tanti problemi senza essere costretti alla via crucis nei tanti uffici del nostro apparato burocratico. Infatti dopo oltre 10 anni dalla famosa "104", la legge quadro nazionale sull’handicap, mancava ancora una normativa provinciale che definisse in modo coordinato servizi, interventi e linee di azione rispetto alle tante materie e ai tanti uffici attraverso i quali la Provincia esercita le proprie competenze. Come manca ancora uno sportello operativo che fornisca informazioni agli utenti o una mappatura dei bisogni che non sia solo di tipo anagrafico e soprattutto manca un piano organico di programmazione degli interventi.

Peraltro i problemi legati alla disabilità sono stati affrontati nelle varie normative provinciali che disciplinano i diversi settori di intervento in campo sanitario, sociale, formativo, culturale, economico e del lavoro, ma è avvertita da tempo l’esigenza di ricondurre queste molteplici azioni ad una visione unitaria che permetta una semplificazione di procedure e di atti.

Le notizie e i fatti incresciosi che ogni giorno trovano spazio sulla stampa testimoniano da una parte la frattura esistente tra i princìpi, le dichiarazioni e i fatti concreti, e dall’altra sono preoccupanti per una società civile che si ritiene avanzata e solidaristica: abbiamo letto sul giornale che la frequenza scolastica dei disabili viene garantita nei tempi morti rispetto al trasporto degli studenti "normali", cioè dalle 9 alle 11 del mattino!

Gli stessi enti interessati alla gestione dei servizi auspicavano da tempo una nuova disciplina provinciale in grado di dare maggiore certezza nell’analisi dei bisogni, nella identificazione dei diritti/doveri e degli interventi previsti da un programma costantemente verificato nella sua attuazione da appositi organismi tecnici e partecipati con i rappresentanti dei cittadini interessati.

Una diffusa informazione e documentazione dovrebbe ora assicurare l’accesso ai servizi su tutto il territorio ai cittadini interessati, nel rispetto delle esigenze di ciascuno. E alla nuova legge quadro si dovrebbero anche uniformare sia le diverse leggi di settore sia i relativi piani, programmi e regolamenti. C’è quindi soddisfazione per il risultato raggiunto, ma si dovrà vigilare sulla sua applicazione, che richiede un approccio culturale diverso da parte degli apparati pubblici.

I disabili sono cittadini che richiamano il nostro impegno a costruire una società rispettosa delle differenze. Come spesso succede, l’Anno Europeo dei disabili rischia di esaurirsi in qualche finanziamento di iniziative estemporanee, invece che essere occasione di verifica e di promozione di azioni organiche. Il fatto che anche la provincia di Trento sia in ritardo di oltre dieci anni nel recepire la legge nazionale sottolinea il problema di una società globalizzata in cui le categorie non economiche o a scarso potere contrattuale sono considerate solo per il fattore spesa finanziaria e non come componenti attive. Anche per questo occorre far uscire le politiche per il superamento dell’handicap dall’incertezza e dalla precarietà, per dare respiro e risorse ai processi di integrazione.

Le associazioni per disabili dovrebbero in questa prospettiva accompagnare con un percorso culturale la propria azione rivendicativa di servizi e risorse finanziarie. L’ottica è quella dell’integrazione come cambiamento per tutti i cittadini e come comunanza e dialogo tra persone che vivono ogni giorno le proprie diversità. L’integrazione del disabile può infatti essere assunta come un indice di misura della nostra civiltà; segnala dove e quanta accoglienza sociale il cittadino può aspettarsi quando si riduce il suo tasso di normalità. E’ quindi un indicatore di vivibilità e allora condividere la vita quotidiana con le persone disabili è insieme un obiettivo di civiltà e una garanzia di benessere per tutti.

Sono tante le persone che vivono con una disabilità più o meno grave; nel nostro paese vi sono sempre più persone anziane non autosufficienti in seguito a malattie invalidanti e processi di invecchiamento, ma disabili sono anche tanti giovani: bambini nati con malformazioni, vittime di incidenti sul lavoro, sulla strada, nello sporti. Sono giovani che si preparano alla vita e adulti che affrontano quotidianamente le difficoltà dell’inserimento o richiedono interventi assistenziali per la loro autonomia e a volte per la stessa sopravvivenza. Uomini e donne di cui dobbiamo occuparci; cittadini ai quali la società civile, la comunità, la politica e le istituzioni devono dare adeguati riscontri e garanzie.

Occorre certo fare più prevenzione, educazione e formazione ad ogni livello, nelle famiglie, sul lavoro, sulle strade, nell’ambiente, nelle scuole, nelle strutture sanitarie, ma anche più assistenza e riabilitazione precoce, più ricerca medica e migliore organizzazione dei servizi. Partendo dalla considerazione che le disabilità non sono tutte uguali; diverse sono le domande e diverse devono essere le risposte; e dobbiamo ricordare anche che la disabilità non è un dato che annulla le differenze tra i sessi, anzi molto spesso le acuisce.

Molte famiglie ogni anno sono interessate dalla nuova presenza di persone con disabilità temporanee o permanenti; pensiamo agli anziani assistiti, agli infortuni, alle patologie invalidanti…; dev’essere un impegno quello di assicurare loro il sostegno necessario. Un segnale forte deve andare agli enti locali perchè rafforzino la rete di sostegno all’handicap e disabilità grave; ad esempio nell’edilizia abitativa, togliendo le rigidità esistenti e considerando con priorità le modificazioni delle situazioni familiari.

Una revisione complessiva degli interventi è urgente per verificare la loro efficacia e rispondenza ai bisogni delle persone e delle famiglie. E in questo lavoro è importante anche il ruolo delle associazioni che svolgono azione di supporto, informazione e assistenza alle famiglie e agli stessi disabili. L’attivazione di una Consulta delle Associazioni e di un Comitato tecnico (per l’analisi dei bisogni, la definizione del piano degli interventi e la valutazione dei risultati) sarebbe fondamentale in questa direzione.

Ancora oggi si chiede un servizio scolastico più qualificato, con una formazione adeguata e specifica degli insegnanti che li renda capaci di offrire all’alunno disabile non solo inserimento ed accoglienza, ma appunto istruzione e formazione ed anche autonomia e competenze spendibili nella vita sociale e lavorativa. La scuola dell’autonomia (compresa l’Università) può essere in tal senso una grande opportunità per costruire partnership con le famiglie, sinergie con le istituzioni e per valorizzare le opportunità formative presenti, E così anche per il nuovo capitolo sulla promozione dell’inserimento lavorativo dei disabili, per il quale è necessaria un’azione non solo degli enti pubblici ma anche delle forze economiche e sociali.

Il riferimento di una vera politica per i diritti di cittadinanza di ognuno deve essere a tutti gli aspetti della vita quotidiana: scuola, società, lavoro, salute, casa, ma anche diritto alle vacanze, allo sport, alla cultura. Ma sono ancora tante, a ben pensarci, le barriere ed i pregiudizi che dobbiamo superare e rimuovere: sono queste le sfide da affrontare e alle quali anche la nostra comunità è chiamata a dare una appropriata risposta.

La speranza è che l’applicazione di questa nuova legge possa corrispondere alle tante attese dei cittadini che spesso non hanno voce per affermare le proprie istanze.

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