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QT n. 15, 11 settembre 1999 Scheda

Finanziamento pubblico a patronati, partiti, e trattenute sindacali

Andrea Grosselli e Lorenzo Fedel

La battaglia di liberalizzazione voluta dai radicali ha sempre avuto come cavallo di battaglia la lotta al finanziamento pubblico ai partiti (la "partitocrazia" come la chiama Emma Bonino). I radicali chiedono quindi di abrogare l’ultima legge sui rimborsi in base al numero di voti (un voto vale oggi 5.000 lire). Il problema resta sempre quello di come finanziare la politica in modo da non dover soggiacere alle volontà degli eventuali sponsor, secondo - anche qui - il sistema americano che difatti piace ai radicali.

Sui patronati rimandiamo a quanto sostiene Dal Rì nell’intervista di questa pagina. Anche il presidente delle Acli, in polemica con Emma Bonino, sulle pagine de L’Unità ha ribadito che si tratta di finanziamenti che lo Stato dà sulla base di servizi gratuitamente offerti, in sua vece, ai cittadini che in caso contrario non avrebbero che da rivolgersi ai ben più costosi commercialisti.

In merito alle trattenute sui redditi dei lavoratori iscritti al sindacato c’è molta ambiguità sia da parte dei referendari che vorrebbero abolire questo meccanismo, ma che non spiegano che l’adesione al sindacato è libera, volontaria e annullabile in qualsiasi momento; sia da parte dei sindacati, che non essendo associazioni con personalità giuridica non hanno a tutt’oggi l’obbligo di presentare bilanci sulle loro attività. Di fatto però anche in questo referendum si respira un po’ la moda forcaiola di attaccare il sindacato, come se esso rappresentasse il vero ostacolo alla modernizzazione.