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Folgaria: un marketing disperato

Piergiorgio Motter, presidente della SAT

Dicembre, mese propizio alla neve, almeno di solito; non quest’anno, in un preludio d’inverno in cui non solo non nevica, ma non fa neanche abbastanza freddo da produrla artificialmente. E così in questa economia turistica trentina, spesso artefatta quanto la neve che imbianca le sue piste, succede anche che per ovviare al naturale fenomeno dell’inversione termica, la neve venga artificiosamente prodotta in basso per poi essere trasportata in alto. È successo a Folgarìa nei giorni scorsi. Stupore e indignazione le prime reazioni.

Eppure, già nel 2003, la SAT aveva seguito con preoccupata attenzione lo svilupparsi dei progetti di quel comprensorio sciistico, rimarcando come in quella zona si sarebbe verificata “una compromissione ambientale significativa: impianti e piste (con relativi disboscamenti), modellamenti del terreno in quota. La quota relativamente bassa e l’esposizione fanno ritenere un fabbisogno notevole di acqua, bene sull’altopiano decisamente ridotto e quindi prezioso, per l’innevamento artificiale” (Osservazioni alla variante PUP del 2003).

Poi nel 2007 un nuovo intervento: il Consiglio Centrale di SAT, insieme a undici sezioni, di cui dieci geograficamente contigue a Folgarìa, rimarca che “devono essere favoriti interventi atti a dare a tutti i residenti dell’altipiano la possibilità di accedere ai notevoli contributi finanziari pubblici individuandone un possibile diverso corso, indirizzato verso la cultura della conservazione del paesaggio, che significa orientare l’offerta turistica verso il modello più dolce dell’agriturismo, della malga dell’agricoltura di montagna e dell’escursionismo”, lavorando insieme per “individuare un percorso consapevole per dare un limite a questo sviluppo forzato volto alla monocultura dello sci, indicando un diverso tipo di accrescimento, più contenuto”.

Come spesso accade, la Politica ha purtroppo intrapreso strade diverse: nonostante i cambiamenti climatici, nonostante la generale crisi dell’industria dello sci, nonostante la forte opposizione da parte di associazioni e singoli cittadini, il comprensorio sciistico è stato ampliato, con danni ai patrimoni ambientali e storici rilevantissimi. Per contro le società impiantistiche non hanno realizzato gli auspicati profitti, andando al contrario ad aggiungere pesanti perdite economiche ai bilanci già in rosso.

Ora, a dicembre 2011, vuoi per i preoccupanti effetti dei cambiamenti climatici (il 2011 che sta finendo è fra i quattro anni più caldi degli ultimi due secoli, fonte CNR), vuoi per qualche strano anticiclone, la neve, quella vera, non c’è. Non solo; la marcata inversione termica non permette il funzionamento in quota degli impianti di innevamento. E così si ricorre perfino all’elicottero per trasportare in alto la neve per un innevamento costosissimo sotto ogni profilo. Eppure le giornate di sole, la temperatura mite, l’ambiente quasi assopito e silenzioso del tardo autunno sono ingredienti che possono promuovere un turismo alternativo allo sci. Folgarìa è vocata per questo messaggio. Basterebbe farlo proprio, apprezzarlo, difenderlo e diffonderlo. Certo, ci vuole prontezza, fantasia, convinzione.

Perché il vero nodo è il rispetto della natura e dei suoi tempi, della fragilità dell’ambiente, unico patrimonio indisponibile che appartiene a tutti i trentini. E invece il volo di un elicottero, come l’andirivieni di camion e pale gommate che trasportano in quota neve artificiale, comunicano azioni disperate di marketing territoriale, frenetiche ricerche di soluzioni immediate, dettate dalle logiche dei numeri; numeri che dovrebbero reggere un sistema economico e finanziario in cui pubblico e privato interpretano ruoli protagonisti nella pianificazione territoriale.

Rimane sullo sfondo il dubbio se la pianificazione strategica della Politica, abbia saputo cogliere la vera sfida di un territorio, che avrebbe richiesto processi di sviluppo locale sostenibile, in cui la progettazione potesse agire con e per la natura. E questa è la reazione del rammarico.

La Sezione SAT di Folgarìa, che da anni promuove conoscenza e rispetto dell’ambiente dell’altopiano, si è profondamente indignata per quanto accaduto, denunciando in modo documentato l’intervento. Solidale con la Sezione locale, la SAT alza un monito verso tutte le zone che aspirano a sviluppo turistico: non sono questi i modelli di sviluppo da imitare, non sono questi gli esempi di sviluppo responsabile e compatibile con il territorio, con il clima, con l’ambiente. In un mondo che muta di continuo, la forza di una specie sta nella sua capacità di adattamento, non nell’assurda convinzione di poter piegare la natura alle proprie esigenze.

Alla SAT piace proporre buoni esempi; purtroppo, amaramente, questa volta Folgarìa ne propone uno cattivo, eticamente cattivo, riferendosi al negativo uso di risorse, di mezzi, di energia, di acqua. Che almeno resti l’unico, e che nel frattempo per tutto il Trentino si compia uno sforzo culturale per andare verso sistemi territoriali ecosostenibili.