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Licenziamo i padreterni!

Jacopo Zannini

“Squadra che vince non si cambia”: e applicato allo sport l’adagio potrebbe trovarmi d’accordo. Ma forse in politica, nella cooperazione e nell’amministrazione pubblica si dovrebbe avere qualche obbiettivo in più che vincere (venire rieletti o riconfermati). Perché anche nello sport c’è modo e modo di vincere e determinati tipi di vittorie possono essere causa di sconfitte successive.

Alcide Degasperi diceva: “Un buon politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”. Forse questa riflessione nel contesto della nostra Provincia è stata un po’ messa da parte. Che sia rimasta chiusa dentro gli scaffali di Piazza Dante, in uno di quei faldoni che non si vogliono più aprire?

Così Diego Schelfi apre le danze, gli “viene chiesto” di superare il limite dei mandati che aveva detto non voler oltrepassare. Lui, suo malgrado, accetta e dice: “Magari farò una brutta figura”, ma è logico che verrà acclamato. Il punto è che la responsabilità di queste scelte non è solo degli Schelfi o dei Dellai di turno, ma anche e soprattutto di chi crede nell’insostituibilità di questi personaggi e che spesso per avere uno stipendio o una prebenda in più spegne il proprio senso critico e la voglia di innovazione. Quei funzionari sempre e comunque d’accordo, che coltivano un modello di Trentino e di Autonomia che non ha il coraggio di sperimentare neppure piccole modifiche rispetto a percorsi già sperimentati. Proprio quando in un momento difficile e di passaggio come questo si dovrebbe osare il cambiamento.

Il primo passo verso la potenziale cristallizzazione del clima sociale e politico del Trentino, l’abbiamo fatto, e non è un monarca cattivo che lo impone: ma sono la passività e il clientelismo che circolano, che puntano a far credere che senza quei tre o quattro personaggi il sole non sorgerebbe, il giorno dopo.

Luigi Einaudi, uno che di certo non era un sovversivo, ma che letto dentro il nostro contesto provinciale pare un rivoluzionario, diceva: “Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi... persuasi di avere il dono divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano. I professori ritornino ad insegnare, i consiglieri di Stato ai loro pareri, i militari ai reggimenti e, se passano i limiti d’età, si piglino il meritato riposo”. Dentro questo scenario ingolfato le potenzialità di chi vive il territorio e potrebbe leggerlo con occhi aperti e nuovi, fuori da interessi lobbystici o filtri antiquati, rimangono poco valorizzate. Giovani e meno giovani che potrebbero innovare o se ne vanno o si mimetizzano e aspettano che arrivi il loro momento, senza provare a fare un passo avanti sperando (invano) che questi ottuagenari nostrani facciano un passo indietro spontaneamente.

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