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Le dimissioni e la festa

I pasticci dell’assessore Laimer e l’allegria degli alpini a Bolzano

Michl Laimer

A Parma nei giorni scorsi è stato eletto un sindaco contrario a un inceneritore dei rifiuti, dopo che a coloro che erano contrari era stato negato il diritto di deciderne con un referendum. L’inceneritore non verrà messo in funzione. Beati loro! In Francia ha vinto un socialista, che vuole sia ripensato il modello economico che sta massacrando i poveri e gli onesti, con l’obiettivo di tenere in piedi il potere dei banchieri nel mondo. In Italia, dopo quasi vent’anni di incantamento da serpente, i partiti della sinistra guardano attoniti o indifferenti gli effetti dell’applicazione della “cura della morte”, la stessa che travolge sotto i nostri occhi il destino di tanti greci, persone normali, giovani e vecchie. Voglio bene alla Grecia, che ha fatto tanti errori negli ultimi dieci anni, liberalizzando la speculazione edilizia sulle sue bellissime coste, e sopportando e supportando ingiustizia fiscale e corruzione, tre mali che ci rendono simili, “una razza una faccia” come dicono loro agli italiani.

Il Sudtirolo in questo periodo si sente meno Italia, se non altro per scaramanzia, perché ora sarebbe più vantaggioso - fin che la va - essere in Austria o in Germania. Anche qui i soldi ci sono, ma anche qui vengono trattenuti dalle banche o spesi male, con una classe politica incapace di fare scelte e cieca di fronte agli avvenimenti che continua a credere si fermeranno ai nostri confini provinciali.

Due argomenti hanno catalizzato nelle scorse settimane l’opinione pubblica, in modo etnicamente differente come da tempo non accadeva. Da un lato in prima pagina ci sono state le dimissioni dell’assessore Michl Laimer, che da sempre ha sacrificato gli interessi dell’ambiente sull’altare dell’energia, ritenuta (a ragione) la principale risorsa economica dell’autonomia “integrale”. Ora è indagato per irregolarità nate nell’ambito del contrasto di funzioni della Provincia, ente datore di concessioni e, attraverso la società provinciale S.E.L., anche soggetto produttore. L’incapacità dell’organismo regolatore di svolgere la sua funzione in modo indipendente, l’infedeltà e gli interessi personali dei dirigenti della società, hanno provocato un disastro di immagine e di sostanza, in un periodo in cui fare andare bene le cose sarebbe ancora più necessario del solito. Ora il partito di maggioranza è dilaniato dalla lotta senza esclusione di colpi fra gli aspiranti eredi all’importante assessorato, nonostante che la vicinanza con le prossime elezioni renda più ragionevole che il presidente della giunta, che comunque decide tutto, si tenga le deleghe.

Ovviamente questo interessa poco gli italiani, che non hanno ormai nulla da dire su chi e come amministra la Provincia. Infatti sulla stampa in lingua italiana ha dominato il raduno nazionale degli alpini.

Dopo gli Schützen, gli alpini

Ogni anno viene fatto in una città diversa, e quest’anno è toccato a Bolzano. 300.000 persone annunciate facevano paura in una città che aspira alla tranquillità. Il fatto che si trattasse di un corpo militare riduceva ulteriormente il gradimento da parte della popolazione di lingua tedesca. La marcia degli Schützen di qualche settimana fa ne era stata una prova, nonostante il gelo della popolazione nei suoi riguardi. Moltissimi bolzanini, la maggior parte di lingua tedesca, ma anche parecchi italiani, si sono concessi un lungo week-end al mare, approfittando della chiusura delle scuole di venerdì, per sfuggire all’assedio. Anche gli alpini e le loro famiglie in visita erano stati preparati ad andare in punta di piedi. I timori erano nelle parole dei numerosi dibattiti dei giornali e delle radio di lingua tedesca, sul nazionalismo e il militarismo, e i paragoni fra Schützen e alpini.

Il raduno si è trasformato in una grande festa popolare, non solo nelle zone abitate soprattutto da italiani, dove sono spuntate a migliaia le bandiere tricolori, che di solito per rispetto alle differenze vengono esibite con discrezione. La convivenza di diversi in una patria unica è diverso, richiede cautela con le bandiere nazionali, e da tempo su questo argomento, una volta pretesto di infinite polemiche, si è fatto silenzio. La proposta-minaccia della deputata Pdl Biancofiore, che voleva costringere “ogni maso a esporre il tricolore”, è stata seppellita dall’ironia.

Ma lo sventolamento dei tre giorni degli alpini era un modo di festeggiare qualcosa che al capoluogo del Sudtirolo non era mai accaduto prima: una valanga di gente tranquilla e desiderosa di divertirsi insieme ha popolato le strade, coinvolgendo i residenti, suonando e cantando nelle chiese e ovunque, mangiando cose buone portate da casa, e comprando nei negozi e nei baracchini sorti come dal nulla il necessario per gozzovigliare allegramente. Finalmente anche le sedie a rotelle per tre giorni hanno potuto muoversi senza dove superare i gradini e le barriere che caratterizzano i marciapiedi di Bolzano nella perfetta indifferenza di chi l’amministra, e senza correre il rischio di venire travolte dalle auto, che a Bolzano godono di privilegi universali.

L’appello di un commerciante dei Portici, potente e ammanicato con la politica politicante, ai suoi colleghi, di tenere chiusi i negozi perché “questa gente” non avrebbe fatto acquisti, si è infranto contro l’intelligenza professionale dei colleghi stessi. Il suddetto signore, dopo l’accorato appello, ha aperto non solo il negozio di scarpe, ma anche una mescita di birra alla spina (s indaga ancora se con il permesso del comune, che l’ha negato a molti altri) corredandola perfino da una grande bandiera tricolore.

La sfilata finale era la parte più militare e quindi meno politicamente corretta rispetto alla storia di questa provincia. Per ridurne l’impatto negativo e i ricordi del passato, gli striscioni ufficiali erano nelle tre lingue e tutti intesi a sottolineare la nuova funzione del corpo nella protezione civile e nel peace keeping nelle zone di guerra. Che a mantenere la pace si mandino i militari è cosa che lascia perplessi molti cittadini, di entrambi i gruppi linguistici. Comunque ha fatto un gran bell’effetto vedere il comandante degli alpini rilasciare interviste in un ottimo tedesco.

Almeno lontano dalle tribune popolate da militari e politici, anche la marcia si è trasformata in una festa, con i bolzanini e gli ospiti che si affollavano lungo il corteo, dove per dieci ore sono sfilati in formazione fortunatamente poco militaresca, le migliaia di veci e bocia. Qualche striscione indicava che i volontari di oggi o i naioni di ieri, sono sempre gli stessi alpini. Naturalmente non è vero: l’esercito di leva ha unito, nel bene e nel male, generazioni di giovani di tutte le zone montuose d’Italia, e ha creato talvolta amicizie durature, nate anche per superare l’ostilità o l’insensatezza della vita militare. Nel corteo e nella retorica mediatica dei tre giorni ovviamente questi aspetti sono mancati, come è mancato il ricordo di tanti giovani pacifisti, particolarmente numerosi in questa provincia, che a suo tempo rifiutarono per motivi morali di fare il militare e furono puniti con il carcere e limitazioni dei diritti civili.

La cosa migliore è stato il divertimento e la tolleranza dei bolzanini di entrambi i gruppi linguistici rimasti in città di fronte all’invasione, che ha travolto senza drammi il tentativo di regolare l’occupazione delle aree per la sosta. In ogni aiola c’era una tendina, su ogni marciapiede un camper.

Le cose peggiori: il tentativo di farne un motivo di scontro etnico da un lato e, dall’altro, la stucchevole retorica di certa stampa che tenta di strumentalizzare la bella festa di tutti in successo politico di alcuni furbi