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Il nostro progetto

Nel mio errabondare vacanziero, mi è capitato di visitare alcuni luoghi che portano, per alcuni aspetti, innovazioni tecnologiche, unite a problemi strutturali evidenti. Ho visitato uno dei più grandi parchi eolici del sud, in Calabria e qui ho notato che molti aerogeneratori erano inattivi; parlando con un ingegnere della società spagnola che li ha forniti e che mi ha ospitato per questa mia visita, ho scoperto che il parco eolico lavora a ritmo ridotto perché la rete elettrica che accoglie la produzione non è in grado di sopportare tutta l’energia che potrebbe essere prodotta. Quindi, il parco eolico conta 75 macchine da 50 MW l’una, per un totale di 3.750 MW di produzione possibile, ma solo la metà di questa può essere sfruttata, perché il distributore di zona non ha ancora adeguato le linee. E il peggio è che il gestore del parco eolico riceve ugualmente gli incentivi per la potenza nominale, cioè su una stima del producibile a potenza totale, poiché la mancata produzione non è a lui imputabile. L’inadeguatezza delle infrastrutture produce un triplo danno economico: il primo è quello della perdita di energia rinnovabile non producibile per i fermi macchina, il secondo riguarda l’erogazione totale degli incentivi nonostante la mancata produzione e il terzo è che, da qualche altra parte, quell’energia mancante dovrà essere reperita da altre fonti, magari non rinnovabili. Saluto l’ingegnere e mi avvio a tornare al mio campeggio e sulla strada mi imbatto in un altro problema infrastrutturale: un acquedotto a servizio dell’irrigazione, con falle che determinano forti perdite di acqua. Mi fermo per fare una fotografia e chiedo a un contadino da quanto va avanti quella perdita. Mi risponde che sono più di due anni che ha segnalato il guasto al consorzio irriguo, ma non hanno i soldi per sostituire la tubazione e quindi devono tenerla così. Di riparazione non si parla. Ancora un problema strutturale, e proprio al sud, dove l’acqua non abbonda!

Ecco due alcuni esempi concreti di piccole, grandi opere necessarie allo sviluppo del Paese. Senza montarsi la testa e pensare a grandi e inutili infrastrutture, sarebbe ora di pensare a migliorare le reti nazionali (elettriche, idriche, telecomunicazioni e viarie). In questo, a mio avviso, la politica è quanto mai lontana dalla capacità di organizzare interventi e predisporre corretti finanziamenti. Ma di queste opere, come mai nessun politico parla? Come mai tutti sono bravi a proporre nuove cementificazioni od opere mastodontiche (ponte di Messina docet...) e nessuno si rende conto che lo sviluppo ed il progresso hanno bisogno di reti infrastrutturali adeguate? In questo settore si potrebbero creare anche nuovi posti di lavoro, nuovi appalti realmente necessari alla collettività.

Chi avrà la capacità di provare a prendere in mano questa situazione?

A mio avviso, solamente chi opera giornalmente nell’ambito delle costruzioni ma, si sa, noi tecnici non siamo in grado di comprendere la politica, così com’è attualmente; però, alcuni di noi ci vogliono provare, per tentare di avviare un sistema diverso che soddisfi le necessità della comunità. Alcuni di noi stanno elaborando un programma di “piccole, grandi opere”, utili allo sviluppo del Paese. Lo stiamo facendo a livello nazionale e anche localmente, con la costituente ecologista che sta partendo con il progetto Ecologisti e reti Civiche-Verdi Europei. Per elaborare un programma di governo nazionale e provinciale, che metta al centro il benessere dell’individuo, nel rispetto delle risorse naturali che vanno gestite con oculatezza; un nuovo modello economico eco-sostenibile, con nuovi rapporti tra Stato e autonomia, in una visione europeista, ma che garantisca la salvaguardia degli aspetti positivi, e sono molti, della nostra autonomia. Con uno sguardo al futuro dei giovani, che devono avere sempre più spazio, per poter diventare nuova classe dirigente.

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