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QT n. 1, gennaio 2013 Servizi

Financing project, un bluff costoso

Solo in Italia esiste la finanza di progetto garantita al 100% dallo Stato. Per la felicità di poche grandi imprese. Intervista all’ingegnere Cicconi

Abbiamo intervistato l’ing. Ivan Cicconi ad un incontro del ciclo “Vogliamo uccidere la farfalla?”, tenutosi a Mattarello il 29 novembre. Il tema era la linea ad alta velocità e le sue contraddizioni. Cicconi è presidente di ITACA (Istituto per l’innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale), e in un video della rubrica Passaparola sul blog di Beppe Grillo si autodefinisce uno dei maggior esperti di architettura contrattuale e finanziaria della TAV.

Le sue ragioni contro questa grande opera sono prevalentemente di carattere economico.

Secondo lei, non è un grande beneficio quello di poter viaggiare da Torino a Roma in sole quattro ore?

Più che un beneficio, visto come è gestita la tratta, è un lusso. La tratta AV Torino-Milano, ha una capacità giornaliera di 323 treni al giorno, ma ne circolano soltanto 12. Visti gli elevatissimi costi di manutenzione, i miliardi spesi non rientreranno mai, il fatturato derivante dal trasporto è praticamente nullo, e il gestore dell’infrastruttura (Rfi) è pieno di debiti.

Eppure Moretti, Ad di Trenitalia, vanta spesso risultati economici positivi raggiunti grazie alle “frecce”.

Trenitalia è in attivo, è vero, ma non Rfi, che è indebitata fino al collo. Il debito ce l’ha il gestore della linea, non chi la utilizza a tariffe ridicole se rapportate a quella di altri paesi europei. Trenitalia, ad esempio, paga a Rfi (gestore della linea) una media di 10 euro a km (stessa tariffa, naturalmente, viene fatta anche a Ntv, compagnia di trasporti privata), contro la media dei TGV francesi che si aggira attorno ai 21-22 euro a km.

Alcune teorie economiche suggeriscono di investire soprattutto nei momenti di crisi, attraverso opere pubbliche che creino occupazione e redistribuiscano il denaro. Il prolungamento della TAV in Val di Susa e in Trentino potrebbe dare lavoro a molte persone.

Non è questo il caso. I tempi sono cambiati, la moderna impresa non lo permette. Oggi funziona così: l’impresa vincitrice dell’appalto subappalta il lavoro ad un’altra impresa più piccola, che a sua volta subappalta ad una terza impresa, e via così. Questo meccanismo fa sì che la competizione venga completamente scaricata verso il basso, cioè sul lavoratore, sul cui solo si possono concentrare le regole del mercato. Le conseguenze sono precariato e salari minimi. Questo è un keynesismo alla rovescia: si fanno opere pubbliche ma senza redistribuire la ricchezza, anzi diminuendola attraverso l’incremento del debito pubblico.

Lei ha parlato di aumento del debito pubblico. Ma una buona fetta dell’opera non doveva essere finanziata con capitali privati?

L’opera è stata realizzata attraverso uno strumento chiamato “financing project”. Questo contratto di concessione prevede che il diritto di costruire e poi gestire una nuova opera venga ceduto dallo Stato ad un soggetto privato per una durata che può essere anche di parecchi anni. L’impresa si fa carico completamente degli oneri di costruzione e di gestione, grazie a cospicui prestiti bancari. Fino a qui il capitale è privato, è vero. Il nodo della questione sta però nel termine del contratto di concessione, momento in cui lo Stato si impegna a mandare in pari il bilancio dell’impresa, rimborsandole il 100% dei debiti accumulati. Non esistono leggi simili nel resto dei paesi europei. Nella pratica concreta, ciò significa che il debito dell’impresa contratto con la banca sarà, prima o dopo, debito dello Stato. Moltissime opere pubbliche vengono ora realizzate con questo meccanismo. È il sintomo di una classe politica incapace di guardare al futuro: se i soldi per costruire non ci sono, si cercano in questo scaricando la spesa più avanti.

Il debito accumulato da TAV spa ammonta a 13 miliardi di euro, ed è già passato nelle casse dello Stato nel 2007, causa procedura di infrazione aperta dall’Unione Europea per eccesso di deficit di una controllata pubblica.

Dunque, a fronte anche delle problematiche ambientali e sociali che sociali che sono emerse, dove sta la necessità dell’opera?

Da nessuna parte. È una truffa ai danni dei cittadini, perché saremo noi a pagarla per intero.

Per saperne di più

Nel febbraio del 1993 Cicconi ricevette una lettera da Luigi Preti, allora presidente onorario del partito socialista democratico italiano, indicando i nomi di tutti coloro che hanno ricevuto prebende da Lorenzo Necci (ex presidente FS) per non ostacolare la costruzione della TAV. Le lettere sono scaricabili gratuitamente online assieme all’ultimo libro di Cicconi, “Il libro nero dell’Alta Velocità”. Tra i coinvolti figurano gli Agnelli, mezza Fiat e Beniamino Andreatta