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QT n. 4, aprile 2009 Servizi

Una “sicurezza” incivile

Il “pacchetto sicurezza” varato dal Governo è un insieme di norme incostituzionali e pericolose

Antonio Rapanà

“Io, comunque, indietro non torno”, commenta preoccupato, ma deciso Ahmed, giovane tunisino senza permesso di soggiorno, dopo la mia spiegazione dei provvedimenti del ”pacchetto sicurezza” che nell’insieme costituiscono il vero e proprio manifesto di un nuovo razzismo.

L’architrave ideologica di questa persecutoria politica dell’immigrazione è la presunzione della pericolosità sociale degli stranieri irregolari che, essendo entrati in violazione delle regole dello Stato, avrebbero già dimostrato una naturale propensione a delinquere. In questi casi “bisogna essere cattivi”, sibila il ministro Maroni e “i clandestini vanno gettati fuori, senza perdere tempo con i tribunali”, sbraita Bossi.

Non ci sta ovviamente Ahmed ad essere marchiato come delinquente, perché “io sono qui per lavorare, ho quasi sempre lavorato, e chiedo solo poter vivere e lavorare regolarmente”: così è per lui come per le centinaia di migliaia di persone straniere che già vivono nelle nostre case come badanti, che puliscono i nostri uffici, cucinano nei nostri ristoranti, lavorano nei nostri cantieri e nelle fabbriche, naturalmente “in nero”. Irregolari, ma non per scelta. Perché per sfuggire in maniera legale ad un destino di miseria Ahmed avrebbe dovuto avere la fortuna di un datore di lavoro che, senza averlo mai visto nemmeno in faccia, presentasse la domanda di assumere proprio lui, giocandosi poi ogni speranza sul filo dei minuti, anzi dei secondi, nella lotteria casuale e crudele delle quote di ingresso, pochi posti per un mare di domande. Trovata chiusa la porta principale dell’ingresso regolare, Ahmed è entrato dalla porta di servizio dell’ingresso irregolare, come ha fatto, prima di lui, la maggioranza degli stranieri che, grazie ad una delle frequenti sanatorie, oggi vivono e lavorano regolarmente in Italia. Le nuove norme, una volta approvate definitivamente nella loro interezza, inghiottiranno Ahmed ed altre centinaia di migliaia di non-persone in un vuoto di diritto e di umanità, ma definiscono anche per tutti i cittadini italiani la prospettiva inquietante di una nuova civiltà giuridica che disinvoltamente cancella  diritti protetti dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’uomo, dalle Convenzioni internazionali.

I diritti aggrediti

Molti, infatti, sono i diritti aggrediti, a partire da quel diritto alla salute che l’art. 32 della Costituzione tutela “come fondamentale diritto dell’individuo”, riconosciuto, nel rispetto del principio costituzionale, dal Testo unico sull’immigrazione anche allo straniero irregolare cui si devono comunque garantire “le cure urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative e (…) i programmi di medicina preventiva”. Questo diritto assoluto rischia di essere pesantemente minato di fatto dalla previsione, finora approvata dal solo Senato, di abolire il divieto di segnalazione all’autorità, ai fini dell’espulsione, dello straniero irregolare da parte dei medici ed in generale dagli operatori sanitari, che secondo le nuove norme “potranno” denunciare gli stranieri irregolari che chiedono di essere curati.

Non si tratta di una modifica di poco conto, perché per questa categoria di pazienti il divieto di segnalazione è elemento costitutivo dello stesso diritto alla salute: solo la garanzia di non rischiare la segnalazione e quindi l’espulsione spinge queste persone a rivolgersi con tranquillità e fiducia alle strutture sanitarie pubbliche, ospedaliere e territoriali. Non si tratta di fantasiose inquietudini delle “anime belle” della solidarietà, se è vero che la Corte costituzionale ha costantemente affermato non solo che il diritto alla salute deve essere riconosciuto ad ogni individuo, senza discriminazioni in ragione della regolarità o meno del soggiorno, ma anche - in particolare nella sentenza n. 252 del 2001, che proprio il divieto di segnalazione è condizione essenziale per l’esercizio del diritto costituzionale alla salute dello straniero comunque presente nel territorio dello Stato.

Di fronte alle critiche il ministro Maroni si è affannato a rassicurare gli animi: “ I medici non avranno l’obbligo, ma solo la facoltà di denunciare gli irregolari ed ogni medico sarà pienamente libero di scegliere cosa fare”, dimostrando ancora una volta non solo di ignorare la Costituzione, ma anche di non capire nemmeno le norme che propone. Perché - come hanno immediatamente rilevato giuristi ed associazioni degli operatori sanitari - il “pacchetto sicurezza” prevede anche il reato di immigrazione clandestina e, secondo il codice penale, il medico che lavora nel servizio pubblico, essendo pubblico ufficiale, ha l’obbligo di denunciare il cittadino straniero colpevole, appunto, del reato di immigrazione clandestina, altrimenti è passibile di denuncia e condanna penale.

Il rischio sanitario

Della gravità del rischio che la nuova norma induca nello straniero irregolare bisognoso di cure una reazione di paura e di diffidenza, ostacolandone l’accesso alle strutture sanitarie pubbliche, sono ben consapevoli gli operatori della salute: reazioni che già hanno determinato un calo preventivo del ricorso alle strutture sanitarie. “Abbiamo sviluppato un impegno enorme per rendere  le strutture più accoglienti per tutti i cittadini, soprattutto per le persone più bisognose - sottolinea la dottoressa Cescatti dell’Unità Operativa Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale S. Chiara e coordinatrice del Gr.I.S. Trentino, Gruppo Immigrazione Salute - e  con pazienza abbiamo costruito un rapporto di conoscenza e di fiducia con le persone straniere, senza distinzioni amministrative tra regolari ed irregolari perché il nostro compito è di curare le persone. La possibilità di accedere al servizio sanitario pubblico senza paura ha consentito di conseguire risultati importanti nella tutela sanitaria dei cittadini stranieri, superando difficoltà di ogni tipo, non solo di lingua, ma di cultura della salute e di approccio ai servizi sanitari. Le nuove norme, se approvate definitivamente, provocheranno danni gravi: la paura di essere segnalate e quindi espulse indurrà le persone ad evitare il ricorso alle strutture sanitarie di cura e di prevenzione, impedendo l’identificazione precoce della malattia e la somministrazione tempestiva della terapia, ma anche l’acquisizione di una più matura cultura del corpo e della salute, in particolare da parte delle donne che presentano tassi di abortività molto elevati. Ed invece, tra gli altri danni, rischiamo di veder tornare gli aborti clandestini, una piaga che avevamo debellato”.

Le nuove norme, insomma, condannano le persone straniere senza permesso di soggiorno ad una sorta di clandestinità sanitaria, che consentirà solo incerte o perfino pericolose cure in percorsi sanitari paralleli, privi delle garanzie della sanità pubblica, con effetti controproducenti anche sulla salute pubblica. Garantire il diritto alla salute a tutte le persone, infatti, è una scelta anche nell’interesse della collettività perché la tempestività degli interventi di prevenzione e di cura impedisce la diffusione di malattie trasmissibili.

Chi non ci sta

“Queste norme definiscono una inquietante regressione dei livelli di civiltà e della qualità dei rapporti sociali del nostro Paese - commenta il dottor Valcanover, medico di base da sempre impegnato nella cura quotidiana di pazienti stranieri -  ma non accetto  che questa deriva inquini il mio sistema di valori, la mia concezione dell’uomo e della società e, ovviamente, la mia etica professionale. Quando valica la porta del mio studio, il paziente non deve temere alcunché: curare qualunque persona è un atto culturalmente e deontologicamente dovuto che mi qualifica come medico, ma anche come cittadino e come essere umano”.

Dal Sud al Nord, ordini ed associazioni di medici, infermieri, assistenti sociali hanno espresso un’ampia ed intensa mobilitazione contro una norma che snatura il codice etico e la deontologia professionale degli operatori della salute, trasformandoli in delatori in camice bianco dello Stato penale.

I temi di questa opposizione sono stati espressi con forza in un interessante incontro pubblico, organizzato il 17 marzo dal Gr.I.S. Trentino, con l’adesione di un ampio ventaglio di ordini e di collegi professionali e di associazioni sociali e con il patrocinio dell’Assessorato alla Politiche Sociali del Comune di Trento: un appuntamento importante per l’ampiezza della partecipazione e la qualità delle ar-gomentazioni, ma inspiegabilmente e colpevolmente ignorato dalla stampa locale. Esponendo con sintesi efficace le implicazioni sociali e sanitarie del provvedimento, il dottor Zumiani, Presidente dell’Ordine di Medici di Trento, ha ribadito con parole inequivocabili la posizione culturale e deontologica degli operatori della salute: “Non possono esserci incertezze: il nostro ruolo non può che essere ancorato al nostro codice etico e deontologico che impone  di curare tutte le persone malate con eguale impegno, prescindendo da ogni differenza di età, sesso, razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e mantenendo il segreto su tutto ciò che ci viene confidato in ragione della nostra professione. Questo, non altro, è il ruolo del medico”.

Per fortuna i medici e gli operatori della salute non sono stati lasciati soli: questa straordinario e per certi aspetti sorprendente movimento di coscienza civile, infatti, ha trovato il sostegno ufficiale delle istituzioni di molte Regioni, sostanzialmente di quelle governate da coalizioni di centrosinistra, dalla Puglia  al Lazio e all’Emilia Romagna, dalle Marche alla Liguria ed al Piemonte, ma non della provincia di Trento, dove ci si è limitati ad estemporanee dichiarazioni del tutto informali. Governatori, assessori, consigli regionali hanno assunto l’impegno di opporsi in varie forme e con interventi anche radicali alla norma che cancella il diritto assoluto ed indivisibile alla salute.

Intanto la mobilitazione qualche risultato lo ha già ottenuto, se oltre 100 deputati della maggioranza parlamentare hanno espresso in modo chiaro il loro totale dissenso.

Per l’altra Italia c’è ancora speranza.

Cosa c’è nel “pacchetto sicurezza”

Raccolta pomodori

Mettendo in fila le misure già in vigore e quelle per ora approvate solo dal Senato,  l’elenco è impressionante per quantità e barbarie: ampliamento delle ipotesi di espulsione e di detenzione, condanna fino a 4 anni a chi non esegue l’ordine di rimpatrio, aumento della pena per qualsiasi reato commesso da stranieri irregolari, divieto di affittare, prolungamento del periodo di trattenimento nei centri di detenzione ed espulsione, via libere alle ronde elette ad improvvidi custodi di un privato ordine sociale, introduzione del reato di clandestinità, abolizione del divieto imposto ai medici di segnalare pazienti stranieri irregolari, impossibilità di compiere gli atti dello stato civile come contrarre matrimonio o riconoscere i figli, rifiuto di concedere la residenza alle persone prive di permesso e di un alloggio confortevole, obbligo di esibire il permesso per trasferire denaro all’estero tramite i servizi di money transfer.

E poi, sempre per accontentare le pulsioni razziste di parte della maggioranza parlamentare, una serie di norme inutilmente vessatorie destinate ad ostacolare i percorsi di integrazione faticosamente avviati da migranti che risiedono regolarmente in Italia e ad inasprire le condizioni di emarginazione di cittadini italiani poveri: restringimento dei requisiti per il ricongiungimento familiare, imposizione di un’ulteriore gabella per il rilascio dei documenti, previsione di un rigido sistema di parametri premiali o sanzionatori per il mantenimento del permesso di soggiorno, più o meno come avviene per la patente a punti, istituzione del registro per la schedatura dei senza fissa dimora.