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Un’altra morte da spiegare

Parenti, amici e solidali di Stefano Frapporti

La mattina del 29 ottobre, Elsabet Varga, alle ore 9 viene, contattata dal carcere di Spini. Suo figlio Zsolt è morto. Come? Quando? Perché?

Domande a cui fino ad oggi sono state date risposte vaghe, talmente vaghe da sembrare una cortina fumogena. Non si è mai verificato prima, in caso di un decesso in carcere, che l’amministrazione penitenziaria e la Procura non richiedessero un’autopsia.

Come fanno ad impedire ad una madre di scoprire le cause precise della morte di suo figlio? Quale legge, quale regola, quale figura permette un abominio del genere?

Possono farlo perché il medico “competente” ha scritto nero su bianco che Zsolt, 28 anni, in buona salute, una notte muore per... cause naturali. Sul certificato di morte si legge: “arresto cardiaco”. Non siamo esperti e laureati in medicina ma sappiamo, avendo seguito molti casi di morti in carcere, nelle questure, nelle caserme, ecc. che l’arresto cardiaco non è una causa di morte: è la morte. E che l’arresto cardiaco può avere mille cause. Che cosa ha causato l’arresto cardiaco di Zsolt? Senza l’autopsia non lo sapremo mai.

Altra domanda: perché non vogliono che l’autopsia venga fatta? Cosa scopriremmo se l’autopsia venisse fatta? Cos’è che il medico, Claudio Ramponi, il procuratore generale, Giuseppe Amato e il comandante delle guardie di Spini, Domenico Gorla, non vogliono farci sapere? Cosa ci faceva quella pastiglia a fianco del corpo di Zsolt? A che ora è arrivata l’ambulanza? A che ora è stato chiamato il secondino? Tutte domande che senza il consenso dell’autopsia da parte del dottor Claudio Ramponi rimarranno senza risposta

Noi non scordiamo Zsolt. E assicuriamo che andremo avanti perché, lo si voglia o no, siamo tutti coinvolti.

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