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Comunità di Valle, la nostra “grande opera”

Jacopo Zannini

In Italia l’espressione “grandi opere” è diventato sinonimo di progetti costruiti troppo spesso solo per far arricchire pochi, che nascono da accordi ben poco trasparenti fra gruppi politici e imprese poco raccomandabili e spesso producono disastri ambientali.

Sicuramente le grandi opere come la Tav o altre che sono state bloccate prima della loro costruzione come il ponte sullo Stretto, non servono per contribuire a migliorare la vita e la sicurezza della maggioranza dei cittadini, ma sono vere a proprie speculazioni. Qui in Trentino-AltoAdige ne abbiamo una, il tunnel del Brennero, che consumerà molte risorse che arriveranno anche dall’Europa. Queste risorse, nel futuro non certo roseo che ci aspetta, si sarebbero potute spendere su altri fronti che saranno emergenziali, come la sanità, la scuola e il welfare in generale.

Una delle riforme che alla sua nascita era stata giustamente vista come la più interessante per il nostro territorio è quella delle Comunità di Valle; che in corso d’opera è diventata invece un’opera pletorica che ha aumentato i costi della politica producendo una situazione poco funzionale a sviluppare più partecipazione e autonomia. Insomma, ciò che è stato pensato per creare sussidiarietà orizzontale sembra aver allontanato ancora di più i cittadini dalla politica, strumentalizzando un tema importante come quello della partecipazione. La causa di questo per ora buco nell’acqua è che le Comunità di Valle non hanno fin qui potuto usufruire delle competenze che l’apparato provinciale avrebbe dovuto cedere e che dovevano servire per poter trovare un senso nello scacchiere delle istituzioni locali della nostra Provincia. Non voglio buttare via il bambino con l’acqua sporca, ma credo che la questione consista nel fatto che le attività svolte in questi anni da presidenti e assessori avrebbero dovuto essere attuate senza stipendi e senza istituire un livello intermedio di dubbia costituzionalità. La degenerazione della riforma è evidente; si punti piuttosto alle unioni dei Comuni come si è fatto in Val di Ledro, per fare in modo che comunità territoriali partecipanti e attive diventino reali e non restino sulla carta come lo sono ora con le “Comunità di Valle”: una “grande opera” nostrana.

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