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In cucina non si butta niente

Come mangiare con meno rifiuti, meno emissioni e meno spesa. Da “L’altrapagina”, mensile di Città di Castello

Pierluigi Bruschi

Il tema dello spreco riguarda tutti i nostri comportamenti e abitudini, compreso quello dell’uso degli scarti di cucina. C’è chi ha scoperto che di non commestibile non c’è praticamente nulla o quasi. Tutti i tipi di bucce, ad esempio, si possono mangiare e i nutrizionisti asseriscono che sono addirittura le parti migliori, cioè più ricche di fibre e con potere nutrizionale a volte superiore alle parti interne. Per giunta, utilizzando le parti di cibo che siamo abituati a scartare, è possibile risparmiare fino al 20% sulla spesa. A sostenerlo è Lisa Casali, una laurea in scienze ambientali, un master in economia e management e un lavoro presso il ministero dell’Ambiente, che ha scritto diversi libri sulla materia, l’ultimo dei quali è intitolato “Ecocucina” della casa editrice Gribaudo, pieno di ricette anti-spreco e di menù, dall’antipasto al dessert, adatti per ogni occasione e realizzati usando le parti di scarto.

Vi si possono trovare proposte per scoprire i piaceri della cucina recuperata: dalla tagliata di gambi di broccolo aggiungendo aceto balsamico e formaggio in scaglie, alla zuppa di di gambi di asparagi, ai sorbetti realizzati con la polpa di scarto di un centrifugato di frutta, per finire con le bucce delle fave (lo scarto è del 70%), che si possono sbollentare in acqua e far saltare in padella per farci uno sformato o una parmigiana. Insomma, si può fare un buon pasto completo anche con meno di un euro.

Altre proposte interessanti sono relative alla conservazione dei cibi, che deve essere fatta in maniera corretta, meglio sarebbe in sottovuoto, proteggendoli da aggressioni esterne e triplicando la durata di conservazione. L’altra possibilità, quasi mai presa in considerazione, è l’essiccazione di qualsiasi tipo di cibo, utilizzando l’essiccatore, ma anche il sole o il termosifone. E a quel punto, se conservato bene, il cibo può durare anche un anno. Soprattutto nella frutta e verdura, togliendo tutta l’acqua, il gusto si concentra, con l’ulteriore vantaggio di avere in cucina ortaggi pronti per l’uso, ma anche per essere sgranocchiati (la carota, ad esempio, si presta molto ed è squisita). Anche in questo caso, insomma, occorrerebbe una conversione culturale.

Sin da bambini, sostiene l’autrice, ci viene insegnato che si mangia la punta degli asparagi e si butta il resto, si mangia il cuore del carciofo e si gettano le foglie esterne e così via e si domanda perché privarci di così tanto cibo, se effettivamente è commestibile. C’entra molto la pigrizia, ovviamente, o la fretta di questo nostro tempo, perché queste parti richiedono una preparazione più lunga e laboriosa rispetto alle cosiddette parti nobili.

La Casali sostiene però che di fronte a tanti, ma non più numerosi come una volta, che continuano ad acquistare cibi già pronti, già lavati e cucinati, aumenta il numero delle persone attente al riutilizzo degli scarti alimentari, che amano cucinare e mangiare bene e che sono consapevoli che questo atteggiamento significa anche meno rifiuti da smaltire, meno emissioni e meno spese.

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