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La montagna devastata

Leggere, ancora oggi, di realtà turistiche che pretendono nuovi collegamenti sciistici nella nostra provincia ha dell’incredibile. Come ha dell’incredibile leggere che i partiti, PD compreso, debbano ancora discutere sulla opportunità o meno di ampliare aree sciabili. Eppure accade, da San Martino di Castrozza, a Moena, a Madonna di Campiglio.

In questi giorni sono iniziati i lavori della costruzione di un enorme invaso di acqua nell’area di Montagnoli (Campiglio). Si tratta di un bacino di oltre 160.000 mc. di capienza che viene motivato con l’esigenza di innevare nel minor tempo possibile (60-80 ore) i 150 km di piste dell’area sciabile di Campiglio. L’inverno appena trascorso ha dimostrato che i lunghi periodi di freddo invernale sono un ricordo: si deve approfittare di poche notti utili quando la temperatura dell’area scende sotto i cinque gradi, dell’assenza di venti e di un innevamento efficace.

Montagnoli mette in luce il perché delle perplessità del mondo ambientalista verso il potenziamento delle aree sciabili.

Si è proceduto a spezzoni, in assenza di un progetto unitario: il collegamento da Pinzolo a Campiglio, ci si accorge della necessità di questo grande invaso, e poi la follia Serodoli.

A Montagnoli si è smembrato un intero bosco, il cantiere di lavoro occupa quasi il doppio dell’area sulla quale insiste il progetto, si preleva terreno fertile e i riempimenti vengono effettuati, legalmente, con l’apporto di materiali di scavo provenienti da altre opere o con materiali riciclati. Nelle nostre montagne quasi ogni cantiere di potenziamento di piste viene utilizzato come discarica di materiali inerti e per dare risposte alle esigenze di smaltimento delle imprese di movimento terra. Non troverete mai scritta una simile frase in un progetto, ma così avviene.

Una volta dettate pagine di prescrizioni, vi è la quasi totalità di assenza dei controlli. Le ditte lavorano come vogliono, si allargano, modificano il progetto con varianti in corso d’opera (a quel punto esigibili) e temi come paesaggio e natura vengono demoliti. Nel caso di Montagnoli tutto questo avviene dentro un parco provinciale.

Campiglio non aveva bisogno di questo nuovo invaso: ogni ulteriore opera sulle nostre montagne viene imposta dalla fretta, da insipienza culturale, o va a coprire errori e prospettive precedenti. Ogni nuovo tassello serve a richiamare sul territorio ulteriori fondi pubblici per coprire debiti sempre più insostenibili, specialmente nell’industria dello sci. Quando inizieremo un ripensamento concreto dell’industria turistica trentina? Quando avremo ormai distrutto i lembi più delicati del nostro territorio e del nostro paesaggio? E quando, come già accade, non siamo più in grado di riempire né alberghi né case in affitto?

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