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QT n. 2, febbraio 2016 L’editoriale

Un nuovo Statuto?

È da un po’ di tempo che si è acceso un dibattito attorno alla necessità di redigere un nuovo, il terzo, Statuto della nostra Autonomia. Sui quotidiani locali, sulle riviste, ma non solo, persino nelle sedi tipiche della politica, si discute di “autonomia provvisoria” e del futuro del nostro ordinamento che dovrebbe essere aggiornato proiettandolo verso il futuro. Addirittura le due Province, Bolzano e Trento, si sono dotate di due diverse commissioni, incaricate di elaborare ciascuna un proprio progetto di nuovo Statuto. Entrambe con il compito di ascoltare la cittadinanza e di utilizzare la competenza di costituzionalisti al fine di redigere un testo, anzi due testi, per poi confrontarli e fonderli in uno da proporre al Parlamento della Repubblica.

Se devo essere sincero, da ciò che ho letto di tutta questa discussione ci ho capito poco. La premessa da cui tutti gli interlocutori partono è che lo Statuto vigente, che ha superato i quarant’anni, è invecchiato. Di per sé non mi sembra una deduzione convincente. Una legge di ordinamento costituzionale può durare ben più di quarant’anni. Vero è che la Regione, come configurata dallo Statuto vigente, è di fatto estinta e quindi è giusto porvi mano. Ma sull’argomento ho letto solo vaghi suggerimenti di inventare per la Regione un ruolo che sostituisca quello perduto. Ma a quale ruolo poi in concreto non ho udito accennare da nessuno. Così per tutto il resto: le confuse chiacchiere che ho sentito sono vagamente generiche e totalmente prive di contenuto.

Io capirei, per esempio, che si pensasse alla pura e semplice abolizione della Regione, inutile e costosa. Un ordinamento democratico, infatti, deve avere due caratteristiche: essere fedele espressione del popolo ed essere efficiente. Organi inutili, come il nascente Senato previsto dalla riforma costituzionale voluta da Renzi, sono costosi e rallentano e persino inceppano le procedure e quindi danneggiano l’efficienza del potere. Per noi, soppressa la Regione, basta conservare uno Statuto unico per le due Province, composto da una prima parte contenente le norme valide per i due territori, ed una seconda parte con le norme specifiche per Bolzano. Con infine un articolo che disponga che le due Province hanno facoltà di intraprendere comuni iniziative nei settori di loro competenza quando e con le modalità volta per volta ritenute opportune. Con particolare riguardo all’integrazione europea. Con l’obiettivo anche di aumentare le competenze e le risorse assegnate.

Ma vi è una domanda preliminare che dobbiamo porci: vi pare che sia questo il momento opportuno per sollevare questo problema?

È evidente a tutti la forte tentazione centralistica che anima il governo. Vi ha certamente contribuito ad alimentarla la pessima gestione di alcune Regioni ordinarie, ed anche speciali come la Sicilia. È ovvio altresì che la scadente qualità del ceto politico non è di per sé un motivo sufficiente per abolire un ordinamento a potere decentrato. Però basta per generare una atmosfera ostile a tale ordinamento, mettendone a rischio il destino.

Ho letto in questi giorni che è stato nominato ministro per le Regioni un certo Costa che fu segnalato, qualche anno fa, per avere presentato una proposta di legge per abolire le Regioni ad autonomia speciale. Ecco, mi pare che non sia il momento adatto per rimettere in discussione il nostro Statuto. Difendiamo con fermezza ciò che abbiamo e tentiamo di meditare con serio impegno una riforma che aumenti e razionalizzi la nostra autonomia da proporre ed attuare in un tempo più favorevole.