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Borgo Valsugana: riecco l’acciaieria

Walter Tomio

Siamo un gruppo di cittadini della Valsugana profondamente delusi di fronte alla notizia della riapertura dell’acciaieria di Borgo, certi che tale attività continuerà ad avere pesanti ricadute sull’ambiente e sulla salute. Siamo anche amareggiati dalla politica provinciale che si è dimostrata incapace di scelte strategiche orientate allo sviluppo sostenibile del territorio; una politica incoerente, che da un lato fa leva sulle bellezze naturali per promuoverlo dal punto di vista turistico e dall’altro lato accoglie con soddisfazione la riapertura di uno stabilimento che fonde rottame ferroso eterogeneo a ridosso del principale centro abitato di una valle.

Solo una politica miope può esprimere soddisfazione per la riapertura di uno stabilimento che si muove controcorrente nella valorizzazione del territorio. Nel 2010, durante il ciclone giudiziario che aveva coinvolto l’azienda, il prof. Silvio Goglio, docente di Economia presso l’Università di Trento, scriveva sulle pagine dell’Adige che quello stabilimento non aveva futuro ma la valle sì.

A sette anni di distanza, siamo invece qui a constatare che l’azienda, economicamente disastrata, ha continuato a fondere rottame ferroso inquinando l’ambiente. In questi sette anni la gestione aziendale ha assunto connotati tutt’altro che lodevoli. Sono state infatti ripetutamente disattese importanti prescrizioni imposte dall’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), incorrendo in provvedimenti sanzionatori dell’autorità amministrativa e determinando il coinvolgimento dei vertici aziendali in nuovi procedimenti giudiziari.

Gli organi provinciali di controllo ambientale hanno agito con grande benevolenza rispetto alle richieste dell’azienda sia in fase di rilascio dell’AIA, sia nelle successive azioni di controllo. Il servizio provinciale competente al rilascio dell’AIA, ad esempio, ha vergognosamente concesso all’azienda di inquinare liberamente durante ogni “primo ciclo di colata”; ha anche consentito di derogare ai limiti orari dell’inquinante monossido di carbonio previsti dalla legge provinciale.

E nonostante una gestione aziendale poco rispettosa dell’ambiente, quest’impresa non è riuscita nel tempo a generare utili, cioè a creare valore economico, incorrendo in procedura fallimentare.

La Provincia dirà che ora si può voltar pagina poiché l’azienda che gestisce l’impianto è cambiata. La recente riapertura avviene infatti per opera di Acciaierie Venete, un’azienda che ha acquisito temporaneamente l’impianto in affitto. Ma come faranno Acciaierie Venete ad essere economicamente profittevoli se ben intenzionate a rispettare maggiormente l’ambiente?

La Provincia ha previsto 2 milioni di euro per finanziare investimenti nello stabilimento allo scopo di limitare l’inquinamento sul posto di lavoro e sul territorio. Riteniamo assurdo che siano i denari pubblici a intervenire per limitare i danni ambientali di un’attività industriale pesante che non riesce a stare economicamente in piedi da sola nel rispetto delle leggi ambientali.

Una politica lungimirante avrebbe utilizzato questi soldi per creare occasioni alternative di lavoro ai dipendenti dello stabilimento, inventando progetti volti a valorizzare il territorio anziché perseverare nel sostegno a un impianto pesante che offre occasioni di lavoro in ambiente insalubre e molto rischioso, che il prof. Goglio definì tipica scelta da area depressa.

Riteniamo che la Valsugana, ma in fin dei conti il Trentino, meriterebbe altro.

Walter Tomio, Presidente di ValsuganAttiva

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