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QT n. 1, gennaio 2018 Trentagiorni

Malossini, o dell’onestà che manca

Mario Malossini

Sono di questi giorni le manovre di avvicinamento al Patt dell’ex-presidente della Provincia Mario Malossini. Sul senso politico di questi allargamenti, con un Patt che ormai è diventato uno struzzo, o una discarica, scrive Piergiorgio Cattani nella sua Politichetta. Qui vogliamo illustrare un altro aspetto: la manovra del partito di Ugo Rossi è stata contestata soprattutto dal Pd, con motivazioni di geometria politica. Malossini è stato in Forza Italia, l’asse della coalizione si sposta a destra, ecc. A noi, che il centro-sinistra autonomista - dizione già non a caso troppo lunga, a indicare una sommatoria di elementi diversi tutt’altro che amalgamati – si allarghi ulteriormente, inglobando altre culture e altre storie, di per sé non scandalizza: sappiamo già che quello che unisce il presidente Rossi all’assessore Olivi o al presidente dell’Autobrenero Olivieri è solo il potere. Che a spartirsene le fette ci siano ora anche un Walter Viola o un altro ex Dc transfuga di Forza Italia, ci sembra interno alle miserevoli logiche attuali.

Quello che invece ci sconcerta è che nessuno, sottolineiamo, nessuno, abbia contestato Mario Malossini per i suoi trascorsi penali. Per chi non lo sapesse, Malossini è stato in carcere, e assolto dall’accusa di corruzione soltanto per avvenuta prescrizione: aveva sottoscritto un documento per cui, in cambio di una villa a Torbole, faceva acquistare dalla Pat per svariati milioni dei terreni a Trento Nord. E quando la casta decise che non bastava ancora e lo nominò consigliere della rivana Palacongressi, subito si fece beccare a far vincere in un appalto l’offerta – decisamente alta - di una società sua e del figlio, appena costituita.

A un uomo del genere affidereste il portafoglio? Perché è vero che bisogna favorire l’inserimento dei pregiudicati nella società, ma forse è meglio dargli un lavoro in cui non gestisca i vostri soldi.

Per la politica tutto questo non conta. L’onestà, si dice, è una precondizione. Quando però qualcuno onesto non lo è stato, ci si passa sopra.

Come mai? Conosciamo personalmente molti dei nostri politici, e non dubitiamo dell’onestà della maggior parte di loro. Ma su essa prevale, e di gran lunga, la solidarietà di casta: è una brutta cosa rivangare di un collega i trascorsi che dovrebbero essere infamanti. Non sta bene. Non si fa.

Allora, diciamolo francamente: la vostra personale assenza di ruberie non basta. Saremo troppo drastici, ma questa vostra connivenza non è onesta.