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Lager e foibe: la stessa cosa?

Grandi lodi sono state tributate a Gianfranco Fini perché, chiudendo la conferenza di Alleanza Nazionale tenuta a Verona, ha respinto nettamente i rozzi e primitivi slogan che il giorno prima Silvio Berlusconi aveva proclamato innanzi la medesima assemblea. E di ciò gli va dato merito. Ma non è possibile sorvolare sullo scotto che ha dovuto pagare all'ideologia che ancora permea una parte della base del suo partito. "Non bisogna dimenticare - egli ha detto - gli orrori, le tragedie; e con la stessa intensità bisogna ricordare i tanti italiani che solo perché di religione ebraica furono deportati, ed i tanti italiani che furono infoibati".

Ebbene, non ho alcun dubbio che la rappresaglia titina che nel 1945 portò all'eccidio di migliaia di italiani "infoibati " fu una orrenda tragedia, che è impossibile dimenticare e doveroso ricordare. Ciò che invece è inaccettabile, perché costituisce una deformazione ideologica della realtà, è affiancare e ricordare "con la stessa intensità" i lager nazisti e la foiba di Trieste. Rievocare come se fossero equivalenti i lager e l'olocausto e le foibe titine è intellettualmente disonesto sul piano della conoscenza storica e politicamente colpevole.

E ciò perché i due avvenimenti, ciascuno con la propria intrinseca nefandezza, vengono in tal modo presentati al di fuori del loro specifico contesto, e quindi spogliati del proprio autentico e ben diverso significato. Spezzare il rapporto fra gli avvenimenti ed il loro contesto è una tipica operazione truffaldino, raramente innocua e sempre premeditata.

Per apprezzare la decisiva importanza del contesto nell'interpretare l'esatto significato degli avvenimenti, può essere utile un semplice esempio che traggo dalla nostra comune esperienza di automobilisti. E' certamente accaduto anche a voi che, mentre vi trovate alla guida della vostra macchina, dalla vettura che marcia in senso contrario vi giunga un rapido lampeggio di fari. Tale segnale può avere significati diversi, addirittura opposti, a seconda del contesto. Se constatate di avere i fari accesi nonostante la giornata luminosa, il lampeggio ha il significato di un cortese avvertimento. Se invece un istante prima vi eravate arrischiati in un sorpasso spericolato, il lampeggio dell'automobilista che avete messo in pericolo equivale ad una ostile imprecazione. Se poco dopo l'incrocio avvistate una pattuglia della polizia stradale, l'intermittenza luminosa dell'ignoto automobilista diventa l'offerta maliziosa di un complice concorso ad eludere i controlli della vostra sregolatezza.

Come vedete, lo stesso identico segno può avere significati diversi, a seconda del contrasto in cui è inserito.

Ecco perché nascondere il contesto in cui i due eventi evocati da Fini si collocano significa alterarne volutamente il significato. Il genocidio degli ebrei fu un progetto freddamente concepito e tecnologicamente attuato dai nazisti ed accettato dai fascisti che vi cooperarono attivamente, come elemento integrativo di una politica complessiva di aggressione e dominio, e sfociata in una guerra che devastò l'Europa e il mondo intero.

Le foibe di Trieste furono una nefasta ritorsione di chi era stato aggredito. In guerra anche le vittime peggiorano e subiscono il contagio della barbarie imposta dall'aggressore. Ricollocati nei loro contesti storici, i lager nazisti e le foibe di Tifo acquistarono un rilievo etico profondamente diverso. Se non ci fosse stata la guerra nazifascista, non ci sarebbero state le foibe. E certo molti innocenti italiani sono morti nelle fosse di Trieste, ma è una vera e propria profanazione esibire questi morti per pareggiare il conto di quelli provocati dai nazifascisti. La pietà per i morti non è un velo che possa coprire le enormi responsabilità storiche del nazifascismo.

Si dice che Gianfranco Fini abbia la migliore intenzione di costruire in Italia una destra democratica, sul modello della destra europea. E' un auspicio che facciamo nostro. Però il leader di Alleanza Nazionale, se ha questo proposito, farà bene a ricordare che la destra democratica europea trova le sue radici ideali nelle biografie politiche di uomini come Charles De Gaulle e Winston Churchill, che furono due formidabili campioni dell'antifascismo.

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