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L’orrido Grandi

Emblematici del momento politico sono i dilemmi in cui si dibatte Progetto Rete. Il movimento oggi, dopo una serie di crisi e abbandoni, conta su due consiglieri provinciali (Passerini e Dalbosco), un buon seguito nell'area cattolico-democratica, un appoggio di peso (Paolo Ghezzi, diventato direttore de L'Adige). E - chiusi ormai da tempo i rapporti con Leoluca Orlando e il suo strumentale giustizialismo - ha al suo attivo la positiva esperienza di Passerini come assessore provinciale all'istruzione, e in genere la fattiva collaborazione con la squadra degli assessori di sinistra (Chiodi, Alessandrini, Leveghi, Bondi) all'epoca del tentativo riformista della giunta Andreotti 2.

Esaurita - anzi, sepolta - quell'esperienza, la Rete, corteggiata prima dal Pds di Albergoni per dar vita alla Sinistra Federata Trentina, è invece entrata nell'orbita di Dellai. Ed ora deve decidere: dar vita a una lista insieme al Partito Popolare?

I retini, come connotazione culturale, sono democristiani eretici: hanno perfettamente presente la deriva - clientelare, affaristica e peggio - cui era approdata la balena bianca. Ma d'altra parte non si possono dire di sinistra: "In un partito di ex-comunisti ed ex-socialisti, che si chiamano tra loro 'compagni', io non sarei a casa mia" - sostiene Passerini; e così al percorso della Cosa 2 hanno prestato attenzione, hanno ascoltato Albergoni che proponeva una nuova formazione politica trentina, più avanzata di quella nazionale, in cui federare più culture ed esperienze; ma poi, alla resa dei conti, le hanno considerate belle parole, ed hanno avuto paura di far la fine dei Cristiano-sociali a livello nazionale, che nessuno sa chi siano e che peso abbiano. E di fronte al pericolo di essere parte della succursale locale del partito di D'Alema, ad Albergoni hanno risposto "no grazie". Di qui il riversarsi dell'interesse sull'Ulivo, che non è la sinistra e non è la De; q che non è un partito. E quindi la proposta di una Lista Civica per l'Ulivo. Proposta subito accettata e sponsorizzata da Dellai, anch'egli - allora - in difficoltà, essendo in minoranza nel Partito Popolare.

Poi gli ultimi noti avvenimenti: Dellai si allea con Tarcisio Grandi, e diventa segretario del Ppi. E la lista civica rischia di confondersi con la lista dei popolari, anzi dei democristiani, con la presenza dell'orrido Grandi. Passerini dichiara alla stampa: "In lista con Grandi, mai."

E allora? Su L'Adige Ghezzi tenta la riabilitazione di Grandi, presentato come saggio statista, padre delle riforme, ecc: operazione eccessivamente ardita, il personaggio è troppo screditato.

Dellai invece, che deve assolutamente scrollarsi di torno l'ombra inquinante del vecchio volpone, agisce con altri metodi: Grandi è come la spazzatura, nascondiamolo sotto il tappeto. Quindi presentiamo una lista "pulita", sistemando altrove il vecchio arnese; per esempio alla presidenza dell'Autobrennero. Soluzione ideale per lui, che di problemi con le clientele non se ne pone proprio; ma è accettabile ai retini? E' possibile che accettino, in nome di una pulizia di facciata della loro lista, che si perseveri nell'inquinare gli enti pubblici, con le nomine partitocratiche? Ed è accettabile, per loro che pongono in primo piano la moralità, far finta di niente, della serie "noi non c'entriamo, non siamo noi a far le nomine"!

Questo il dilemma della Rete. Che rimanda al dato di fondo: quale tasso di democristianità, di vecchio potere da prima repubblica, sono disposti ad accettare?

Problema che si trovano di fronte tutti: il clientelismo, l'assistenzialismo, la politica del contributo sono fenomeni che in cinquant'anni si sono radicati nel profondo della società; e con cui tutti i riformatori devono fare i conti.

E' che da certe posizioni - all'interno di una lista egemonizzata dagli ex-Dc - questi conti sono più difficili da fare. C'è sinceramente da augurarsi che i retini riescano in questo difficile intento. Anche perché la loro presenza, la loro attenzione verso certi temi concreti (questione morale, ambiente, istruzione in primis) potrebbe qualificare con contenuti veri l'azione politica del supersindaco che per conto suo, al di là dell'indegno pompaggio mediatico, ha sempre mostrato grandissime capacità sul fronte delle alleanze, ma ben poca attenzione (l'esperienza di Trento insegna) ai contenuti concreti dell'amministrazione.