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QT n. 15, 12 settembre 1998 Servizi

Da Trento ad Hanoi in nome dei bambini

Cooperazione internazionale: adottato in Vietnam il modello trentino nella cura dei neonati.

Una costante raccolta di dati; l'accentramento tempestivo delle gravidanze a rischio in un ospedale ben attrezzato; una prevenzione che consenta poi di utilizzare solo nei casi davvero necessari certe tecnologie invasive e costose.

Possiamo così sintetizzare gli elementi fondamentali del "modello" trentino di neonatologia, un modello che, introdotto negli anni '70 per merito soprattutto del dott. Dino Pedrotti (fino al '97 primario al S. Chiara di Trento), ha consentito alla sanità trentina di far scendere la mortalità infantile a livelli record in Italia, migliori rispetto alla media di tutti i paesi europei e paragonabili solo con Svezia e Finlandia, in testa nella graduatoria mondiale: un argomento che abbiamo trattato poco tempo fa su queste pagine e sul quale ora ritorniamo per raccontarne il seguito, un intervento di cooperazione con il Vietnam messo in atto dall'associazione "Amici della neonatologia", sorta 13 anni fa a Trento proprio per sostenere e propagandare quel modello; un'associazione di cui fanno parte, insieme, medici e genitori. E proprio da un membro "laico" di questa associazione, che per ragioni di lavoro ha avuto modo di conoscere la realtà vietnamita, è venuto il primo impulso per questa iniziativa.

Il Vietnam (vedi scheda nella pagina accanto), presenta alcune caratteristiche molto particolari: è sì uno dei paesi più poveri del mondo, ma non manca di potenzialità, come mostrano i dati discreti, vista la situazione in tema ad esempio di alfabetizzazione e di organizzazione sanitaria. Il dato sulla mortalità infantile, in particolare, è più o meno quello del Trentino nei primi anni '60, grazie ad una struttura sanitaria capillare (450 ospedali), se pure scadente, ove opera del personale almeno potenzialmente efficiente.

Insomma, esistono le basi per fare un buon lavoro. Il modello trentino, inoltre, si presta particolarmente ad essere applicato in quella realtà, in quanto basato soprattutto sull'organizzazione più che su macchinari sofisticati e costosi.

Il dott. Giuseppe De Nisi, primario di neonatologia al S. Chiara, nel bollettino dell'associazione, definisce l'ospedale di Bac Giang, dove è previsto l'intervento trentino, "un ritrovo (tipo campeggio) di malati con varie patologie e parenti che li accudiscono " E aggiunge: "I parenti degli ammalati cucinano, lavano e stendono la biancheria sul posto, siedono e dormono accanto al malato, in condizioni favorenti l'insorgere di patologie infettive. Mi risultava difficile riconoscere il malato dal parente, perché erano tutti vestiti normalmente e seduti su letti senza materasso, con una stuoia stesa sulla rete. La situazione cambiava nel reparto di Pediatria solo per la facilità di riconoscere il paziente per la sua età "

Stiamo parlando di un ospedale nuovissimo, entrato in attività nell'aprile scorso, con 500 posti letto e un centinaio di medici, eppure i neonati immaturi e i bambini con patologie infettive convivono nello stesso reparto.

Quanto la cosa sia grave, ce lo spiega il dott. Pedrotti, ricordando che fino a 25 anni fa anche a Trento le cose stavano nello stesso modo, e bastò separare i due reparti per ridurre drasticamente (quasi della metà) la mortalità infantile.

Una prima cosa da fare, dunque, è un intervento di tipo banalmente edilizio, che però avrebbe ripercussioni immediatamente positive. Poi, più in profondità, si tratta di trasmettere l'esperienza trentina: un lavoro di formazione che interesserà il personale sanitario non solo della piccola struttura di Bac Giang, ma anche dell'ospedale di Hanoi (altro caso classico: è un edificio costruito nell' '81 dagli svedesi, che subito dopo se ne sono andati, lasciando molti macchinari ma nessuna impostazione organizzativa). Ed è presumibile che, una volta dimostrata l'importanza di certi princìpi -riguardanti l'igiene, l'alimentazione, la gestione complessiva del lavoro dalla capitale- l'esperienza potrà arrivare in periferia.

Il successo dell'operazione dipende evidentemente dall'applicabilità del modello trentino alla realtà vietnamita, e in questo senso le prospettive sono buone, poiché, come dice qualcuno dell'associazione, "la nostra filosofia è tipica di un paese del terzo mondo: con la differenza che da noi è un punto di arrivo, da loro un obbligatorio punto di partenza". A dimostrare questo apparente paradosso, la parabola del latte in polvere, un tempo di gran moda ed oggi sempre meno consigliato, mentre in Vietnam, per ovvie ragioni, il monopolio è sempre stato del latte materno.

"Le nostre pratiche di demedicalizzazione -spiega il dott. De Nisi- per le quali in Italia ci complimentano ma che pochi seguono, in Vietnam sono pienamente comprese e apprezzate. D'altronde non hanno risorse per acquistare macchinari sofisticati, che comunque salverebbero meno vite che non l'applicazione di norme riguardanti l'igiene e l'alimentazione. Un esempio: in Vietnam, dato il clima, l'incubatrice è spesso un lusso inutile, anzi dannoso perché spesso si trasforma in un ricettacolo di infezioni. E poi le cause di morte dei bambini sono soprattutto infezioni intestinali e respiratorie, tetano neonatale e malnutrizione: patologie che possono essere prevenute con interventi attenti ma non particolarmente complessi e dispendiosi".

Sul piano operativo, finora il dott. De Nisi e i suoi collaboratori hanno compiuto due visite in Vietnam: una per i primi contatti, molto laboriosi, con i responsabili politici e sanitari, la seconda per studiare a fondo la situazione e stabilire il che fare, in modo da avviare un intervento che, oltre tutto, possa avere l'indispensabile carattere della continuità.

L'impegno finanziario necessario per tutto ciò è di entità molto ridotta: circa 26 milioni, che andranno ad aggiungersi ai 38 stanziati dai vietnamiti. Soldi che serviranno soprattutto per i lavori strutturali nell'ospedale di Bac Giang (separazione dei bambini immaturi da quelli malati) e poi per la formazione del personale. Della somma necessaria, sono già stati anticipati 5 milioni, che sono serviti ad avviare i lavori; altri 10-15 saranno versati a fine settembre, e il resto più tardi.

Cifre, come si vede, risibili di fronte ai bilanci delle nostre aziende sanitarie, ma che per un'organizzazione basata sul volontariato rappresentano un problema non da poco; a risolvere il quale gli "Amici della neonatologia" invitano tutti a dare una mano.

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Chi volesse aiutare gli "Amici della neonatologia trentina " nel loro impegno in Vietnam, può versare il proprio contributo sul c/c bancario n. 01/ 711785 della Cassa Rurale di Villazzano (ABI 8304, CAB 1802), o sul c/c postale 13205380, specificando la causale "Pro Vietnam ". Ricordiamo che, poiché l'associazione è una Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale), il contributo versato può essere detratto dalla denuncia dei redditi fino a una somma di 4 milioni.