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L’ambiente violato

La difficile repressione dei reati ambientali.

Sabrina Adamoli

Ogni giorno sui giornali italiani vengono pubblicate notizie di illeciti ambientali perpetrati da imprese grandi e piccole: impianti produttivi che scaricano residui tossici oltre i limiti di tolleranza senza autorizzazione; sostanze tossiche emesse nell'aria da aziende non in regola con la normativa; rifiuti abbandonati in discariche abusive o scaricati direttamente nel greto dei fiumi. Per ognuno degli illeciti scoperti moltissimi sono quelli che restano sconosciuti, causando un danno ambientale molto grave. A ciò si aggiunge poi l'inevitabile danno economico per la società.

Il "Rapporto Ecomafia '98", diffuso da Legambiente sulla situazione italiana, parla chiaro: 33.060 miliardi l'anno sottratti al mercato legale o fortemente inquinati da interessi illeciti e in gran parte controllati dalla criminalità organizzata. Almeno 104 clan (erano la metà quelli censiti all'inizio del '97) muovono le fila dell'Ambiente Connection. Non da meno sono i dati complessivi degli illeciti: viene scoperto e denunciato un reato ogni 20 minuti, 78 al giorno, 28,457 nell'arco dei 12 mesi.

Non si pensi che i reati ambientali siano un'esclusiva delle regioni centro-meridionali, anche se in queste ultime la presenza di gruppi criminali rende il degrado ambientale ancor più evidente. Il rapporto tra le ispezioni effettuate e le infrazioni riscontrate è infatti del 23% nel Nord, del 55% per il Centro e del 55% per il Sud. Rispetto al 1996, a indicare una maggiore attenzione alla protezione dell'ambiente, queste percentuali sono scese sensibilmente, in particolare nelle regioni meridionali e in quelle settentrionali, a fronte invece di un aumento dei reati ambientali nelle regioni centrali.

Spesso sono i piccoli illeciti, (che considerati singolarmente destano scarso allarme) quelli che causano complessivamente un danno estremamente rilevante. La ragione di questa incuria sta in una serie di fattori, non ultima la mancanza di una cultura sociale. L'illecito ambientale, soprattutto quando si tratta di piccoli reati compiuti da privati anziché da imprese, non viene infatti percepito come dannoso per l'ambiente e fonte di riprovazione sociale.

La confusione e le carenze del sistema normativo (la legislazione in materia ambientale è composta da una miriade di leggi, decreti legge e decreti presidenziali (già nel 1989 erano rispettivamente 96, 32 e 57) che disciplina la materia in modo settoriale, contribuiscono a dare scarsa rilevanza al danno ambientale creato da questi piccoli illeciti, che quasi sempre sono sanzionati come contravvenzioni, e quindi solo con l'arresto o l'ammenda. Come contravvenzioni i reati si prescrivono in un massimo di tre anni e quindi, date le lungaggini del sistema giudiziario, spesso prima della sentenza.

Per le imprese, in particolare, la sanzione non rappresenta un reale problema in termini economici, poiché generalmente sarà molto meno onerosa di quanto sarebbe necessario investire per adeguare i propri impianti produttivi alle norme di sicurezza a protezione dell'ambiente. L'ammenda, poi, può facilmente essere assorbita nei costi di produzione, e quindi trasferita sulla generalità dei consumatori. Commettere reati ambientali, insomma, conviene.

A sanare questa situazione è intervenuto nel 1997 il decreto legge n. 22 (il cosiddetto decreto Ronchi), già peraltro sottoposto a modifiche nel novembre scorso. Sebbene limitato al settore dei rifiuti, il decreto si propone di semplificare l'intera materia, partendo dalla necessità di riutilizzare o riciclare i rifiuti, dando importanza fondamentale alla loro raccolta differenziata (ciò che in altri paesi europei avviene da anni). Gran parte dei rifiuti residui dovrebbe essere riutilizzata, ad esempio per produrre energia mediante la combustione in un inceneritore. Lo smaltimento in discarica, il più dannoso per l'ambiente, resta quindi l'extrema ratio. Queste innovazioni legislative sono rilevanti, poiché rappresentano un tentativo di mettere ordine in un'estrema confusione normativa. Non bastano però a evitare che una miriade di piccoli reati sfugga alle maglie del sistema giudiziario. E' quindi necessario che l'opinione pubblica sia sensibilizzata al problema della protezione dell'ambiente, in modo da favorire un veloce adeguamento alla nuova disciplina normativa

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