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QT n. 11, 29 maggio 1999 Servizi

Padre Pio, il frate del popolo

Per il popolo Padre Pio era uno che li capiva e li capiva tanto che si adeguava alle loro richieste, anche a costo di sfidare le gerarchie ecclesiastiche.

Giorgio Butterini

Il cappuccino è il frate del popolo. E’ questa la consapevolezza che i cappuccini hanno di se stessi e si chiedono quanto lo siano veramente. Del resto così li ha descritti Manzoni nei Promessi Sposi: "Tale era la condizione de’ cappuccini, che nulla pareva per loro troppo basso, né troppo elevato. Servir gl’infimi, ed esser servito da’ potenti, entrar ne’ palazzi e ne’ tuguri, con lo stesso contegno d’umiltà e di sicurezza, esser talvolta nella stessa casa, un soggetto di passatempo e un personaggio senza il quale non si decideva nulla, chieder l’elemosina per tutto e farla a tutti quelli che la chiedevano al convento, a tutto era avvezzo un cappuccino".

Padre Pio era un frate del popolo: "Figlio d’Italia e figlio di S. Francesco" lo ha proclamato Giovanni Paolo II. E’ a partire da questo presupposto che si può capire e quindi approvare o criticare padre Pio.

Cosa significa essere frate del popolo? Adeguarsi alla religiosità popolare e quindi rimanere sempre a traino? E’ l’accusa che sull’ultimo Questotrentino fa Vincenzo Bonmassar a una certa Chiesa che oggi beatifica e sponsorizza Padre Pio. Oppure è un saper farsi interpreti delle esigenze della gente, ma senza esserne schiavi; un rappresentarla ma sempre con la tensione di farla camminare nella storia?

Sono andato una volta soltanto a S. Giovanni Rotondo e sono sempre stato piuttosto freddo nei confronti dell’entusiasmo a Padre Pio. Perciò in passato ero decisamente dalla parte di Bonmassar. Non mi piace un certo tipo di religiosità più vicina alla superstizione (che è risposta sicura) che alla fede, che è dubbio e crisi dell’uomo, anche della sua intelligenza. Perciò non mi sono molto interessato alla beatificazione di Padre Pio. Avevo anche un invito ufficiale di poter essere presente a Roma e neppure l’ho preso in considerazione. Ma poi è accaduto qualcosa che mi ha coinvolto e m’ha fatto riflettere. Quel dubbio che caratterizza sempre la mia fede oggi colpisce anche le mie perplessità nei confronti di Padre Pio.

Lo vedevo come il santo dei miracoli facili e per me un Dio dei miracoli facili era un Dio che rinnegava se stesso e la morte di suo Figlio. Il Dio dei miracoli sarebbe dovuto intervenire e salvare suo Figlio, rispondere alla sfida dei sommi sacerdoti: "Ha salvato gli altri salvi se stesso e gli crederemo", "Ha invocato Dio, vediamo se lo salva". Ma non lo ha fatto, non era capace di compiere il miracolo più importante. Non vedevo quindi come Padre Pio potesse compiere miracoli tanto facilmente. Perciò sono andato incontro alla sua beatificazione voluta da papa Giovanni Paolo II con distacco e disinteresse, anzi con un certo fastidio per i numerosi talk show dedicatigli, per l’enorme, esagerato interesse di troppa gente, per l’aureola di mistero e di magico che circondava il tutto. Questo fino al 29 aprile quando sulla Stampa di Torino m’è capitato di leggere l’articolo di Igor Mann. M’aveva incuriosito quella pagina intera dedicata a Padre Pio da un giornalista che ritenevo laico, lontano da simili interessi. L’ho letta e mi ha coinvolto, interessato e mi ha fatto sorgere una grande curiosità e numerose domande cui cerco qui di dare anche una risposta. La mia avversione si è tramutata in attrazione verso questo fenomeno che è stato Padre Pio e il disinteresse in un gran desiderio di conoscere di più, di penetrare in un qualcosa che mi affascinava, di capire l’enigma. Perciò ho soprattutto letto e mi sono guardato un bel video, quello ufficiale dal titolo: "Padre Pio: uomo di Dio", dove non appaiono i miracoli, né i fatti stupefacenti, ad esclusione delle stimmate, e dove soprattutto si legge la vita di Padre Pio dalle sue lettere, cioè dalla sua stessa testimonianza e non dalle molte esagerazioni e invenzioni di fanatici a vario titolo.

"Padre Pio: santo o stregone? Straziato, come Francesco d’Assisi, dalle cinque piaghe di Gesù di Nazareth ovvero isterico, un frate malato di protagonismo, oppure talpa del Sacro venuta dal buio del Medio Evo per rivelarne la luce che nessuno (o pochi) ammette abbia rischiarato quel tempo remoto?". Queste domande di Igor Mann erano le stesse che io e, probabilmente, molti altri si ponevano. E davo anche una risposta: la più negativa possibile.

Continuando la lettura dell’articolo trovo (si era alla fine degli anni ’40): "Padre Pio usciva dal confessionale facendosi strada a fatica, massiccio, curvo nelle spalle poderose, fra le ‘pie donne’ che lo stringevano d’assedio, afferrandolo pel saio, stampandogli baci isterici sulle mani coperte da mezzi guanti di lana a maglia. Quella divozione convulsa lo disturbava e fu con visibile sollievo che il frate guadagnò la sacrestia dove le donne non erano ammesse. Ma lì dentro fu letteralmente assalito da una schiera di uomini di tutte le età, d’ogni condizione. ‘Buoni, statevi quieti, figliuoli’ - sorrideva Padre Pio fra l’impacciato, il divertito, il compiaciuto". Poco dopo, rivolto a Igor Mann: "Io coi giornalisti è meglio che non ci parlo. I giornalisti a me mi inguaiano perché scrivete che faccio miracoli, e li superiori si indignano, giustamente. Su questa terra miracoli non ne fa nessuno. Capito? Il tempo dei miracoli passò".

Ne esce qui un padre Pio tutto particolare, da una parte molto vicino alla gente, molto disponibile, ma dall’altra anche assai critico, capace di distaccarsi da quella ricerca magica e di magia che la gente gli proponeva, una ricerca al limite del superstizioso che però lui rifiutava del tutto, ma cercava di contenere pur adeguandosi. Proprio in questa tensione tra un popolo che chiedeva miracoli e fatti soprannaturali e la consapevolezza del frate che il soprannaturale risiedeva altrove sta l’enigma, ma anche la sua spiegazione, sta la contraddizione tra una gerarchia preoccupata che rifiuta e folle acclamanti che invocano.

Padre Pio sembra molto consapevole di questa tensione e cerca a sua volta di governarla senza tradire la sua dimensione popolare. E’ quella contraddizione che gli ha procurato molte difficoltà e perfino persecuzioni. Eppure sapeva farsi amare, sapeva piegarsi, sapeva adeguarsi a un popolo che gli chiedeva quello che era quasi proibito. Mi diceva una giovane fisioterapista: "Padre Pio con quel faccione mi è proprio simpatico". Sì, quel faccione. Si riferiva al faccione dell’immagine scoperta in contemporanea a S. Pietro, a S.Giovanni in Laterano e a S. Giovanni Rotondo.

Quella giovane, ma anche molti altri giovani, lo sentiva uno dei suoi: "Quel faccione", ma anche quella grande capacità di ascolto.

Ha scritto Giuliano Ferrara su Panorama: "Una grande fetta del popolo cattolico aveva e forse ha ancora bisogno di una barba, di una tonaca, un chiostro. Ha sempre respinto la trasparenza della Chiesa conciliare e vuole riportare la santità alle sue origini primordiali. La gente ha ancora una vecchia concezione del divino, fatta di misteri, miracoli, santità tangibile. Padre Pio dà questa risposta". Una risposta alla fame del popolo di essere ascoltato, di riconoscersi in un mito "Figlio d’Italia e di Francesco d’Assisi", il mito, potrebbero dire i suoi detrattori, "nazionalpopolare".

E’ una fame molto vasta e chi poteva soddisfarla se non un frate del popolo? Quello che non riesco a comprendere è che questa fame la si trova nella ricca America e nella secolarizzata Ruhr tedesca. Siamo in un mondo in cui i grandi miti popolari sono caduti: è caduto il comunismo; è cambiata la Chiesa della Controriforma con le sue risposte popolari fatte di confessioni, via crucis, assenso al popolo. E la gente cerca qualcosa che sostituisca quel che la faceva sentire se stessa nei canti, nelle celebrazioni, nell’esistere e l’ha trovato in Padre Pio.

Sullo stesso numero di Panorama osservava Vittorio Messori: "La sua inattualità. Quel frate è in rotta di collisione con l’immagine del prete manager, del religioso volontario in Kosovo, del confessore psicologo, del parroco sociologo. La gente accorre verso un uomo semplice, che predica una fede semplice, fatta di preghiera e di opere". Sempre il discorso del "faccione" simpatico. Padre Pio è stato proprio questo. Ne era consapevole, di qui la sua scortesia alle volte e quelle risposte date a Igor Mann. In fin dei conti alla gente importava poco che quelle stimmate fossero vere o false, importava che esse rappresentassero le stimmate che ogni persona si porta dietro. I discorsi di isteria del buon padre Agostino Gemelli o i discorsi di imbroglio, di acidi utilizzati fatti dal vescovo di Manfredonia non toccavano l’essenza di quel che la gente cercava. Uno di loro, con le stimmate, finalmente visibili, mentre nella gente ci sono ma sono invisibili. Quelle stimmate che un Marx e un Che Guevara pretendevano di guarire e che per questo a loro volta avevano suscitato entusiasmi, in Padre Pio non erano solo parole, ma erano visibili ed erano provenienti da Dio. Per il popolo Padre Pio era uno che li capiva e li capiva tanto che si adeguava alle loro richieste, anche a costo di sfidare le gerarchie ecclesiastiche. Non era questa forse la sinistra delle case del popolo, delle cooperative del popolo e il popolo seguiva questa sinistra che oggi non trova più, o sempre di meno?

Ci ha provato Padre Pio e l’hanno dovuto far santo a furor di popolo. Papa Giovanni Paolo II non ha avuto dubbi a riconoscerlo quando parlando dell’Ospedale "Casa Sollievo della sofferenza" dice: "Egli la volle come un ospedale di prim’ordine, ma soprattutto si preoccupò che in esso si praticasse una medicina veramente umanizzata, in cui il rapporto con il malato fosse improntato alla più calda premura ed alla più cordiale accoglienza. Sapeva bene che chi è malato e sofferente ha bisogno non solo di una corretta applicazione dei mezzi terapeutici, ma anche e soprattutto di un clima umano e spirituale che gli consenta di ritrovare se stesso nell’incontro con l’amore di Dio e la tenerezza dei fratelli".

Mi pare di poter dire che Padre Pio si è posto sul crinale tra destra e sinistra, rotolando a sinistra, ossia verso il popolo umile, spesso ignorante, quel popolo che aveva conosciuto nella sua gioventù e che allora non aveva neppure il diritto di votare. Ha concesso molto a questo popolo, ma sapeva essere burbero per attirarlo dalla superstizione alla fede.

Oggi purtroppo, a distanza di tempo, forse la superstizione prevale di nuovo; la ricerca del miracolo significa la soluzione facile senza fatica e questo non è più del popolo, ma di un popolo ormai sfiduciato e demotivato. La ricerca del miracolo facile è la rinuncia alla vita vera.

Non mi pare che Padre Pio si adeguasse a tanto, e scoprirlo mi ha fatto diventare simpatico questo santo del popolo.

Le stesse stimmate vanno lette in questa luce. Perché le stimmate? E’ una domanda che mi sono posto spesso. Mi ha impressionato la testimonianza di Igor Mann: "La sua mano carezza la mia spalla. La stringo piano e incredulo, quasi inorridito, sento il pollice affondare nel palmo della mano del frate. Violenta, una vertigine improvvisa mi sconvolge, ma è un attimo, per fortuna".

Isteria, autosuggestione? Certamente non imbroglio o raggiro. Perché non pensare che uno che ha molto sofferto, che della sua sofferenza giovanile ha fatto un motivo di vita, possa talmente immedesimarsi con la sofferenza, di cui ha fatto una realtà accolta perché lo identifica, nella sua fede, con il Cristo sofferente, tanto da far apparire sul proprio corpo quelle medesime piaghe che la tradizione cristiana ha sempre contemplato nel Cristo?

Penso a una venerabile della nostra terra, la beata Meneghina di Capriana. Anche qui una vita difficile, una povertà endemica com’era quella della nostra gente nel secolo scorso, poi un grave fatto mai spiegato - un incontro traumatico? una violenza? E lei rinchiusa in questa sua sofferenza tanto da esaltarla, da identificarla con le sofferenze di Cristo, da farla apparire esternamente nel proprio corpo martoriato.

Che si condivida o meno questo strano processo psicosomatico, tuttavia esso è servito a dar senso a una vita di stenti e di umiliazioni, tanto da essere poi venerati. Padre Pio è passato per queste sofferenze. E il popolo che soffre si identifica con lui.

Ecco, Padre Pio sapeva identificarsi con il popolo, il popolo vero, quello povero, quello senza teologia, quello che cercava chi lo sapesse capire. Poi era facile che cercasse oltre la comprensione anche la facile soluzione dei propri problemi quotidiani.

Padre Pio m’è sembrato di capire che è stato capace di tutto questo. Ecco perché mi è diventato simpatico e ancora oggi nessuno lo chiama santo o beato, ma semplicemente: Padre Pio.