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Crimini in musica

Belle e democratiche, le canzoni su Internet; ma c’è qualche problema...

Mignone Mara

Nell’ambito della ricerca sui cybercrimes condotta da Transcrime, parte dell’attività di studio riguarda le violazioni del regime della proprietà intellettuale realizzate attraverso le nuove tecnologie. Oggetto di particolare interesse sono la pirateria musicale in Internet e la diffusione del formato Mp3 che, a sua volta, sta ridisegnando tanto i comportamenti criminali quanto gli assetti organizzativi del mondo discografico.

Al momento, il rapporto tra Internet e la musica è di grande disponibilità, seppur venato da una reciproca diffidenza; eppure, secondo gli analisti della Market Tracking International, la diffusione delle canzoni attraverso la Rete raggiungerà, il prossimo anno, solo in Europa, i 200 miliardi di lire. Negli Stati Uniti, stando alle previsioni del Financial Time, entro il 2007 più del 20% del mercato musicale si sposterà su Internet, per un volume di affari di quasi 6.000 miliardi. Ad un fatturato di tutto rispetto, si accompagnerà anche una ristrutturazione organizzativa di tutto il settore, nel senso che la musica digitale permetterà anche alle piccole etichette discografiche, come pure ai cantanti stessi, di aggredire il mercato musicale, sottraendo potere alle case discografiche.

Protagonista del cambiamento è il già citato formato Mp3, o altrimenti Mpeg Layer 3; tecnicamente, si tratta di un algoritmo di compressione, particolarmente efficiente, che riesce a mantenere, anche durante le riproduzioni, una qualità sonora pressoché inalterata, tale per cui non vi è alcuna differenza rispetto all’originale. Alla perfezione del suono si accompagna, poi, la capacità di questo formato di ridurre notevolmente lo spazio occupato dai brani sul supporto materiale su cui sono impressi, con evidenti conseguenze: è possibile creare, su uno stesso supporto, raccolte personalizzate di canzoni, accanto alla riproduzione di interi cd, ed il tutto attraverso le canzoni che si trovano in Internet. Il successo di questo formato tra i navigatori di Internet è tale che il sito Mp3.com continua ad essere al terzo posto tra quelli più richiesti attraverso il motore di ricerca Altavista; questo perché l’Mp3 sta liberando la musica dai prezzi altissimi dei cd che, in specie nel mercato discografico italiano, sono quasi proibitivi.

Eppure, per quanto questa rivoluzione possa essere salutata con favore dai consumatori e dai navigatori di Internet, la verità è che la maggior parte dei files espressi in Mp3 sono illegali, ovvero palesi violazioni delle leggi a tutela degli autori. Si tratta, infatti, di composizioni prelevate dagli originali, regolarmente venduti nei negozi, poi diffuse in Rete senza autorizzazione, di solito attraverso la posta elettronica o i punti di incontro virtuali; a finire in Internet sono persino gli inediti, come l’album "Yield" dei Pearl Jam, il quale era disponibile, in formato Mp3, più di un mese prima della sua uscita nei negozi.

Inoltre, accanto alla diffusione non autorizzata di materiale protetto dal diritto d’autore, l’Mp3 sta alimentando un commercio illegale, alquanto fiorente, di copie pirata, espresse in questo nuovo formato.

Ma queste nuove opportunità criminali offerte dalla Rete non sono che l’ultima, moderna e tecnologica evoluzione del mercato illegale che, da sempre, fiancheggia il settore musicale. Secondo la Federazione Internazionale dell’Industria Fonografica, le vendite di cd illecitamente riprodotti sono aumentate di oltre il 20% dal 1996, con un danno economico, per la sola industria musicale italiana, di 150 miliardi annui di mancato fatturato; nell’ambito del mercato musicale mondiale - complessivamente valutabile in 40 miliardi di dollari - quasi il 21% è costituito da prodotti pirata, per un valore di otre 2.500 milioni di dollari. In questo contesto, l’Italia occupa un ruolo di primadonna, accanto a Cina, India, Europa Orientale e America Latina, mentre, per quanto concerne l’Europa Occidentale, il Bel Paese ha il più alto tasso di pirateria sia nella produzione sia nella commercializzazione.

Queste attività sono gestite da organizzazioni malavitose, in particolare dalla camorra e, assieme al contrabbando dei tabacchi, servono per finanziare le altre attività dell’impresa criminale. Non è da escludersi che, in un futuro anche non molto lontano, i gruppi criminali decidano di sbarcare in Internet, per gestire il nuovo business della musica in Rete; accanto alla contraffazione ed allo smercio dei cd pirata, nuovi proventi potrebbero derivare dalle infiltrazioni nell’organizzazione economica dei siti musicali, con particolare riguardo alla gestione della pubblicità.

Il futuro della musica non è, quindi, così roseo come pronosticato dagli accaniti sostenitori della libertà e della democrazia telematica. Chi ha orecchio per intendere, intenda.

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