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Un duetto affiatato

Comune inerte, Provincia autoritaria.

Fa rabbia, specialmente a chi ritiene che si debbano attivamente affrontare anche le questioni più spinose dell’emarginazione sociale, vedere che la politica a Bolzano è dominata, - anziché da uno sforzo di trovare insieme ai cittadini le vie dell’integrazione, - dall’affiatato duetto tra la Provincia Autonoma che si comporta come un elefante in un negozio di porcellane, e il Comune che fa lo gnorri.

Gli enti pubblici sembrano voler far credere che i problemi sociali si possano risolvere solo contro i cittadini e a spese della loro qualità della vita, invece che ragionando insieme a loro. Così ogni realizzazione anche di opere utili e necessarie viene accompagnata da tagli di alberi, stravolgimenti dell’immagine urbana e imponendo agli abitanti di alcune zone pesanti prezzi in fatto di sicurezza, e ignorandoli del tutto nella fase di progettazione.

Due esempi recenti. Il primo è quello più noto del cosiddetto "centro a bassa soglia" per l’assistenza dei tossicodipendenti. Nella città ci sarebbe bisogno di più strutture che affrontino i problemi gravissimi dei tossicodipendenti, e di altri che popolano i parchi cittadini, ex carcerati, sieropositivi, malati di AIDS, nell’ottica di una politica della riduzione del danno. Interrompendo un tradizionale immobilismo, d’improvviso viene calato d’autorità sulla testa di un quartiere una struttura che dovrebbe farsi carico dei bisognosi di tutta la città. Gli abitanti protestano. Succede sempre, si dice: basta che non sia sotto casa mia.

Tuttavia gli abitanti di questo quartiere sono gli stessi che da anni protestano civilmente e del tutto inutilmente perché si ponga mano ai problemi di traffico e prostituzione che tormentano la loro zona. Ora si vogliono drenare tutti i tossicodipendenti della città verso un condominio, senza che sia chiaro come verrà organizzato l’aspetto della sicurezza, senza consultare il Comune né tanto meno i diretti interessati. E non sembra che strutture di questo tipo siano previste anche in altri luoghi della città, per distribuire meglio gli interventi e anche i disagi, né che si sia fatta una ricerca per individuare altri edifici, magari pubblici, che rendano meno difficile la convivenza. Invece di imporre ad un gruppo di cittadini scelti a caso di farsi carico di tutto il disagio, la Provincia, che da anni sottrae centinaia di residenze alla città per farne uffici e per di più costruisce enormi cubature per sé, dovrebbe dare l’esempio di una disponibilità all’integrazione e all’accoglienza. La Provincia, poche decine di metri più in là, costruisce migliaia di metri cubi. Possibile che non riesca a ricavare dai nuovi palazzi provinciali uno spazio adatto, che sarebbe in posizione centrale, facilmente raggiungibile a piedi e con i mezzi pubblici, funzionale e più che decoroso?

Il secondo esempio è se possibile ancora più significativo della rinuncia del Comune di farsi interprete dei diritti dei suoi cittadini e della rozzezza con cui la Provincia interviene nel tessuto sociale e urbanistico della città capoluogo. A Oltrisarco esiste il complesso dell’Ina Casa, 15 palazzi costruiti nel 1954 da 112 famiglie che con sacrifici ventennali hanno dato vita ad un pezzo di quartiere, in cui esiste un tessuto sociale integro e vivo. Anche sotto il profilo urbanistico il complesso costituisce un insieme: edifici di abitazione e un centro sociale con annesso giardino d’infanzia dismesso, che meriterebbe, secondo una legge provinciale, un rispetto delle sue caratteristiche attraverso un restauro che renda possibile una nuova funzione. Ora, la Provincia, cui l’Ipes che ha ereditato dalla Gescal la proprietà dell’immobile ha affidato per trent’anni l’edificio, ha intenzione di ristrutturare il centro, con un grande ampliamento, l’elevazione da uno a due piani, il taglio di due bellissimi tigli, e l’introduzione nella piccola oasi di un polo di attrazione del traffico. Il centro sanitario dovrebbe essere raggiungibile anche in auto, ma già ora non esiste neppure un parcheggio e la strada viene utilizzata come disbrigo solo dai condomini. Il Comune, che conosce la dura opposizione di tutti gli abitanti, non apre bocca, benché per realizzare questo scempio si debba cambiare il piano urbanistico, degradando la zona, da B3 (residenziale) a B2 (con opere pubbliche). Il che verrà fatto d’ufficio dalla Provincia, approfittando della legge anticostituzionale che in mancanza di un ricorso del Comune continua a rimanere in vigore.

L’incredibile è che questa non è la soluzione definitiva di un problema non risolvibile in altro modo, ma solo provvisoria. Il centro socio-sanitario è attualmente in via Aslago, e avrà fra qualche anno la sua sede definitiva nell’ex-caserma Mignone.

E la Provincia, pronta a spendere e spandere, non sembra toccata dall’insensatezza di provocare un forte danno ad una delle rare zone popolari tranquille di Bolzano, e di tagliare quegli alberi preziosi, considerando il forte inquinamento provocato in loco dalle emissioni della zona industriale.

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