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QT n. 22, 18 dicembre 1999 Fondo

Ma non è una cosa seria…

Una crisi di governo che i cittadini non capiranno.

Uffa che fatica governare questa Repubblica! Ci fu un cavaliere molti anni or sono che sprezzantemente disse che governare gli italiani non era difficile, era inutile. Correvano altri tempi, e non finì bene per quel tizio. Oggi credo che ancora non sia difficile ma anche che non sia inutile governare gli italiani. Ciò che è faticoso è governare la Repubblica. Cioè far funzionare le sue istituzioni, gli organi delegati a svolgere le funzioni di governo.

Quando si trattò di risanare la finanza pubblica quel tanto che era necessario per entrare nell’Euro, gli italiani si sono lasciati governare, ne accettarono i sacrifici ed il risultato fu incontestabilmente utile. Oggi il governo traballa, il Parlamento arranca, i referendum incombono, gli elettori disertano il voto. Che il governo possa essere messo in difficoltà dalle iniziative intelligenti e costruttive di un’opposizione agguerrita, questo rientrerebbe nel corso normale delle cose. Ma non è per questo che il governo è sull’orlo della crisi.

L’opposizione è solo spettatrice incolpevole, piena di giubilo, e quasi incredula rincara la dose delle sue invettive liquidatorie. Fa il suo gioco. Ma non è lei a mettere a rischio la vita del governo. Ogni sua iniziativa, anche la più estrema come una mozione di sfiducia, lo rafforzerebbe. Che il governo possa essere impacciato dalla durezza obiettiva dei problemi che è chiamato ad affrontare, da un’economia in crisi, da incontenibili agitazioni sociali, da disordini pubblici, da una criminalità dilagante, da un conflitto internazionale, ebbene anche queste evenienze avrebbero un senso, negativo certamente, ma anch’esse rientrerebbero nell’ordine delle cose comprensibile. Ma non è su alcuno di questi terreni che il governo minaccia di scivolare, poiché al contrario ognuno di questi fenomeni, pur con le loro fisiologiche turbolenze, il governo è riuscito e riesce a padroneggiare.

Che il governo e la sua maggioranza possano rompersi per interni, insanabili dissensi su punti importanti della loro azione, ebbene anche queste potrebbero essere plausibili ragioni per interrompere una collaborazione e sciogliere un’alleanza. Se Cossutta fosse uscito dal Governo a cagione della guerra nel Kosovo, o se Castagnetti facesse dimettere i ministri popolari perché Berlinguer rifiuta di finanziare la scuola cattolica, i motivi dello scontro sarebbero chiari e gli elettori avrebbero argomenti per giudicare e scegliere. La crisi del governo e della maggioranza parlamentare rientrerebbe nel più classico dei modelli di una moderna democrazia. Ma che il governo e la maggioranza che lo sostiene siano messi a rischio perché Cossiga li definisce di centro-sinistra mentre Parisi li inquadra nell’Ulivo, già questo basta per allontanare dalla comune cittadina e dal comune cittadino ogni interesse per la politica. Non si può pretendere che chi lavora, o, peggio, chi non ha un’occupazione, si appassionino a tali dispute bizantine. Né più attraente è la discussione, proposta dal segretario dei popolari, attorno al criterio dell’alternanza, dentro la coalizione, fra un premier cattolico ed uno laico. Sono problemi che hanno una loro ragione d’essere, perché riguardano la vita interna della coalizione di maggioranza, ma che non hanno alcuna diretta attinenza con l’azione del governo e con il programma della maggioranza parlamentare.

Quando poi la minaccia di far cadere il governo viene da Boselli e dallo Sdi per il motivo che D’Alema al loro congresso non aveva dichiarato di accettare la commissione d’inchiesta su Tangentopoli e per l’altro nobile motivo di volere una maggiore presenza di ministri socialisti al governo, beh, a questo punto la nevrosi raggiunge il suo acme. E non a caso vediamo riapparire ai telegiornali la funerea faccia di Buttiglione che da un po’ di tempo senza alcuna nostalgia ci eravamo abituati a non vedere. Se questa è la politica, è perfettamente comprensibile l’astensionismo degli elettori. Bertinotti ebbe una motivazione, sbagliata, ma dal suo punto di vista seria, quando tolse la fiducia al governo Prodi. Ha ragione quando irride al teatrino della politica recitato da questi personaggi minori che, se non trovassero il proscenio di questo teatrino, sarebbero inesistenti. Ma non è anche lui partecipe di queste sceneggiate? Non è anche lui, come Cossiga, come Boselli, come Berlusconi, fra coloro che hanno ostacolato l’unica riforma utile per rendere meno faticoso il Governo della repubblica, quindi più efficace il governo degli italiani, cioè una riforma elettorale che garantisca stabilità ed omogeneità di Governo?

E sta bene. Andiamo alle elezioni anticipate con questa legge. E poi? Ricominciamo la commedia?

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