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QT n. 4, 19 febbraio 2000 Cover story

Haider visto da Bolzano

Gli amici altoatesini dei Freiheitlichen austriaci; e le ambiguità della SVP.

Molti giornalisti e osservatori in questi giorni chiedono a noi politici sudtirolesi se e come l’ascesa del partito xenofobo al potere in Austria potrà influenzare la questione altoatesina. Non è facile rispondere, ma si può cercare di capire, dalla storia recente e dalle prese di posizione odierne, quali potranno essere gli sviluppi.

Si deve cominciare dal giugno 1992, quando il partito di Haider fu l’unico nel parlamento viennese ad esprimersi contro la chiusura del "Pacchetto" e quindi della vertenza internazionale che aveva visto contrapposte Italia e Austria per più di trent’anni davanti all’ONU. In quel momento Haider interpretava una parte di opinione pubblica sudtirolese, anche interna alla SVP che, sull’esempio delle dichiarazione di indipendenza di Slovenia e Croazia, era intenzionata a riproporre la questione nei termini di autodeterminazione e ritorno alla "Vaterland" austriaca, e a fare piazza pulita del "modello sudtirolese" basato su convivenza e bilinguismo. Ricordiamo che tra coloro che osteggiarono la chiusura vi erano esponenti di primo piano del partito etnico, come l’attuale Obmann della SVP e l’attuale (allora parlamentare) presidente dell’Autobrennero, Ferdinand Willeit.

Christian Waldner, il fondatore dei Freiheitlichen sudtirolesi, ucciso in circostanze misteriose, era ancora il leader della Junge Generation, l’organizzazione giovanile della SVP, quando il 15 settembre 1991 organizzò una riunione al Brennero il cui slogan era "Wiedervereinigung jetzt", ovvero "riunificazione subito".

Chiuso il "pacchetto", gli scontenti lanciarono il progetto di euregio tirolese, che doveva sostituire nei fatti la riunificazione non avvenuta.

Il progettto di euregio tirolese venne interpretato da Haider, in visita a Bolzano, come la riunificazione di Tirolo e Provincia di Bolzano, escludendo il Trentino, che pure era parte del Tirolo storico, ma aveva il difetto di non rientrare nella concezione di regione etnicamente omogenea che sta alla base del pensiero haideriano. Anche in questo caso, Haider non esprimeva una posizione isolata, ma un’opinione presente anche nel partito di maggioranza etnico.

E che successivamente l’esponente dei Freiheitlichen locali, Pius Leitner, oggi unico rappresentante del partito nel Consiglio provinciale di Bolzano, abbia corretto il tiro, appare come una delle tante poco convincenti "ritrattazioni" tipiche di questo movimento, cui assistiamo quotidianamente.

Lo conferma il fatto che la concezione politica che sta alla base del movimento di Haider, a parte le giravolte e le correzioni, ha due elementi fissi: la xenofobia, che porta voti anche dagli strati bassi della popolazione e punta a rafforzare il progetto di Europa etnofederale, composta cioè da regioni omogenee etnicamente, e il liberismo in campo economico. Il partito di Haider sostenne una battaglia durissima contro l’ingresso dell’Austria nella Unione Europea, ma non in nome della difesa dell’economia alpina (o dell’ambiente come facevano una parte dei Verdi), ma facendo leva sul timore dell’omologazione culturale connessa alla globalizzazione.

L'ascesa al potere di Haider ridà forza alla concezione di comodo dell’Austria vittima del nazismo che ha sottratto il paese ad una riflessione sulla responsabilità, cominciata con enorme ritardo nel 1990 dal cancelliere Vranitzsky. Un modo di pensare la storia tipico anche del Sudtirolo, dove il vittimismo è alla base della dottrina di un certo autonomismo (da una parte e dall’altra).

E lo si è visto subito. La ferma condanna della UE, che per la prima volta dà segno di voler fare politica e non essere solo il megafono delle lobbies economiche che di volta in volta vincono a Bruxelles, ha messo in luce la tradizionale ambiguità della politica della Volkspartei. Mentre l’Obmann Brugger si era affrettato a suo tempo a dichiarare che chiunque vinca le elezioni in Austria per il Sudtirolo va bene, perché tutti i partiti austriaci onorerebbero il ruolo di tutela verso la provincia di Bolzano, questa volta le dichiarazioni degli esponenti politici sono diverse a seconda che vengano fatte a Roma o a Bolzano. A Roma si prendono le distanze verso il partito di Haider, (ma i due deputati Brugger e Zeller si sono anche affrettati a correre all’ambasciata austriaca ad esprimere la propria solidarietà verso l’Austria "colpita" dalla presa di posizione della UE), a Bolzano non si riesce a nascondere il fastidio per questa "esagerata" reazione. Durnwalder dice: "Non è un lebbroso". E il giorno stesso firma gli emendamenti che Haider propone per modificare un documento del Comitato delle Regioni in cui è il rappresentante della Carinzia.

Gli Schützen sono naturalmente in prima fila per rompere l’isolamento di Haider in Europa e lo invitano a Dobbiaco. Se ne fa una questione di buon vicinato. E’ la madrepatria e non si fa differenza su chi la rappresenta. E si passa sopra il fatto che nella "madrepatria" possano a breve esserci persone e gruppi gravemente discriminati dal nuovo governo, a partire dalle minoranze linguistiche ed etniche.

Rispunta un male profondo del Sudtirolo, il chiamarsi fuori dai dibattiti che riguardano i principi e i diritti umani in generale, la perversione per cui è così difficile per le persone di lingua italiana riflettere sulle responsabilità del fascismo e per le persone di lingua tedesca farlo sul nazionalsocialismo, limitandosi ognuno a sottolineare le responsabilità degli "altri". Noi piccoli rischiamo di rimanere schiacciati dal conflitto fra i grandi, afferma il deputato Karl Zeller. Come se ciò che mette in discussione Haider non fosse interesse primario di ogni cittadino europeo, e in particolare di coloro che vivono vicini all’Austria e corrono il rischio del contagio di una politica che suscita emozioni e rievoca linguaggi e fantasmi ancora ben vivi, ma che finora non hanno osato alzare la testa. Il richiamo dell’ambasciatore israeliano è un segnale lacerante in un paese nel quale sessant’anni fa chi non diede ascolto alle proprie paure, e non fuggì per tempo, finì ad Auschwitz.

Il nuovo governo ha abolito il Ministero della Donna e ha accorpato l’Ambiente con l’Agricoltura. Sono segnali chiari di un indirizzo politico che non tiene conto delle questioni emergenti, le ignora, non le affronta portandole alla luce e cercando le soluzioni. E naturalmente in primo piano la questione dell’immigrazione, che certo non è un’invenzione di Haider. L’ascesa al potere del partito xenofobo dà voce, legittima parole d’ordine e pensieri che nei paesi democratici non possono stare al governo.

Molti in Germania paragonano gli USA a Hitler e Stalin per il bombardamento di Norimberga: sono gli stessi che negano l’esistenza dell’Olocausto. Ma quasi nessuno osa farlo a voce alta. Haider diventa la loro voce ufficiale,

il punto di riferimento.

E Haider è il governo: più della vicecancelliera, che avendo da sempre svolto il ruolo di addetta stampa di Haider, non si capisce come farebbe a non farlo più proprio ora; più del debole Schüssel, così penosamente ambizioso da sacrificare i grandi ideali del cattolicesimo politico ad una poltrona che farà tanto male all’Austria e a tutta l’Europa.

Il Dolomiten si affanna a intervistare Schüssel, a far ripetere a lui e a tutti coloro che sono disposti a farlo che l’Austria non abiurerà alla sua funzione di "potenza tutrice" della minoranza nazionale del Sudtirolo. Non si chiede mai quale funzione di tutela, a quale scopo, per quale progetto di futuro per la popolazione plurilingue che abita questa terra.

Davvero i Freiheitlichen, nemici per programma della multiculturalità, saranno in grado o vorranno rispettare una soluzione pacifica di un conflitto etnico che si basa su bilinguismo e convivenza? Io non credo.

Ma lo vedremo presto. Si vedrà se il nuovo governo manterrà la posizione di cautela nei riguardi degli attacchi allo Statuto (toponomastica bilingue, ecc.) o se, magari con la sola componente haideriana interverrà a sostegno delle iniziative della destra SVP.

Haider in ogni caso non è un fenomeno piccolo, né isolato e passeggero. Il populismo e la demagogia non sono una esclusiva di Haider. Lui li sa usare meglio. E’ un prodotto di successo della politica-spettacolo. Anche nel nostro Consiglio provinciale c’è qualcuno che è stato eletto perché ha lanciato parole d’ordine e segnali razzisti, tenuti a freno dalla direzione del partito, ma comunque percepiti dall’elettorato.

La Süddeutsche Zeitung fa notare come spesso le citazioni di Haider non sono originali. Il primo a dire: "La concessione della cittadinanza agli stranieri metterebbe in pericolo la sicurezza del Paese più delle azioni terroristiche della Rote Armee Fraktion" è stato Edmund Stoiber, presidente della Baviera, lo stesso che a lungo osteggiò Kohl per il suo impegno europeista. "Haider non è ammesso alla tavola europea. Le sue opinioni sì" - è la conclusione del giornale tedesco.

Bossi, che condivide il programma politico di Haider assai più di quanto faccia la destra italiana di Alleanza Nazionale, si è affrettato a dichiarare che lo conosce solo dal 1998. Ma si tratta di una menzogna (anche la capacità di mentire all’evidenza lo unisce al grande bugiardo austriaco) e i suoi lo sanno.

Lo sanno i leghisti friulani che appoggiati dal Polo hanno approvato la mozione di solidarietà contro la dichiarazione dei 14 Paesi della Unione Europea.

E lo testimonia il libro "Europa der Regionen", un manifesto dell’etnoregionalismo, che contiene saggi di Bossi, Haider, del teorico francese dell’etnofederalismo Guy Heraud, e curato dal pubblicista di destra Hatzenbichler, apparso nel 1993. La Lega Nord ha presentato una mozione analoga a quella dei friulani in Consiglio regionale. Vedremo come voterà la Volkspartei. Anche questo sarà un segnale di ciò che ci aspetta in futuro.