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QT n. 5, 4 marzo 2000 Fondo

L’impotenza dell’Autonomia

Non ci sono i sacri confini da difendere come quando, subito dopo la guerra, l’Italia postfascista concesse il primo Statuto in cambio dell’integrità nazionale, secondo quanto era stato sancito dall’accordo De Gasperi-Gruber. E nemmeno siamo incalzati dal terrorismo dinamitardo sud-tirolese dei primi anni ’60 che indusse Roma a negoziare il "pacchetto" ed a promulgare il secondo Statuto. La scena non è dominata dal monito austero dei due statisti che avevano siglato a Parigi le basi internazionali della nostra autonomia, e nemmeno dalla figura ieratica ed un po’ tragica di Silvius Magnago che dal Loss von Trient di Castel Firmiano condusse il suo popolo a stringere con la Repubblica un onorevole compromesso che in quasi trent’anni di applicazione ha dimostrato quanto possa essere fecondo il costume democratico. Non viviamo dunque in tempi di burrasca.

Anzi la politica regionale, specialmente in Trentino, sta vivacchiando in un’apparente quiete in cui da tempo non succede più nulla. Lo stesso agitarsi delle opposizioni che conquistano la maggioranza nelle commissioni consiliari e sviluppano un’azione di vero e proprio filibustering in assemblea, costituisce una simulazione di movimento, una sorta di surplace, che ottiene il solo risultato di bloccare ogni iniziativa, quindi di accentuare la stagnazione. Nessuna burrasca dunque, anzi una totale bonaccia.

E’ ragionevole chiedersi se ciò dipenda da una perdita di vitalità della società civile e delle forze politiche che la rappresentano? O se invece non sia dovuto ad un qualche intoppo insito nel meccanismo strutturale dentro il quale sono costrette ad agire?

Vero è che una forza politica, quando dispone dell’autorevolezza che gli deriva da un vasto consenso popolare, è capace di far funzionare anche organismi non preordinati ad una buona efficienza, come è dimostrato a Bolzano dalla SVP di Luis Durnwalder. Ma è vero anche il contrario, e cioè che una disciplina degli organi in cui si esplica il potere non adatto al loro buon funzionamento può far scadere anche la qualità delle forze politiche in essa operanti. Una maggioranza risicata è costretta a continue mediazioni interne ed a cedimenti accattivanti verso una minoranza esuberante. Quest’ultima è a sua volta incattivita dalla mira di facili successi su una maggioranza debole e insidiabile.

A soffrirne è l’interesse generale, sacrificato sull’altare di una contesa partigiana ed inconcludente. E’ questa una situazione di stallo che alla lunga mina alla base la fiducia nella democrazia, perché una democrazia inefficiente perde il favore del popolo.

L’ostruzionismo in Consiglio provinciale sull’anno sabbatico per gli insegnanti, o l’incapacità del Consiglio regionale di approvare una buona legge elettorale in tempo per essere applicata all’imminente rinnovo dei Consigli comunali, sono manifestazioni preoccupanti di impotenza non di questo o di quel partito, ma della nostra Autonomia. Tanto che invocare la revisione dell’ordinamento dell’Autonomia a partire da quella regionale, non corrisponde all’interesse di questa o di quella parte, ma appunto all’interesse di tutti.

So che l’argomento non è popolare. Vi è la tendenza a credere che riguardi questioni riservate agli addetti ai lavori. Eppure vedere che, pur sullo sfondo di molte affinità, fra Trento e Bolzano esistono anche differenze importanti, non è prerogativa di pochi attrezzati di una vista particolarmente acuta. Ed allora che senso ha conservare alla Regione competenze elettorali e sugli ordinamenti da gestire in modo uniforme su due Province che invece hanno esigenze diverse?

Che senso ha accreditare alla Regione funzioni di tutela della minoranza italiana di Bolzano, quando tali funzioni non ha mai esercitato, se non abusivamente ed in modo nocivo nella prima fase, perché non le ha mai avute?

Che senso ha ritardare, o addirittura ostacolare una riforma della Regione coerente con i reali bisogni di oggi, che fra l’altro è anche l’unico modo per salvarla?

L’efficienza delle istituzioni di governo è un requisito pregiudiziale per affrontare in modo adeguato i molti problemi della società. I Democratici di Sinistra e quasi tutto il centro-sinistra mostrano di conoscere l’importanza cruciale di questo problema. Se qui non si riesce a smuovere il terreno, ben venga la riforma che stanno cucinando a Roma, compresa la norma transitoria che fungerà da salutare frustata sulle ombrose abulie che si annidano fra di noi.