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La serpe in seno

Lotta allo spionaggio industriale: un problema sottovalutato.

Palazzi Simona

Transcrime, tra i suoi ambiti di ricerca scientifica, annovera anche lo studio di tematiche inerenti la sicurezza aziendale, nazionale ed internazionale. Scopo di questo studio è quello di evidenziare come la cultura aziendale inizi ad indirizzare la propria attenzione verso questa problematica riguardante la protezione di quel patrimonio fatto di conoscenze, know how, marchi, brevetti, insomma, di quell’insieme di beni intangibili che costituiscono una risorsa per l’impresa.

Il proliferare di comportamenti fraudolenti ed illeciti a danno di imprese fa riflettere sul grado di vulnerabilità dell’azienda, sull’importanza di una buona struttura di sicurezza e su quali sono le nuove competenze che vengono richieste ai manager per far fronte a questi fenomeni.

Ci sono casi eclatanti come l’esempio della ditta Recon-Optical dello Stato dell’Illinois che aveva più di 1.000 dipendenti, di cui due terzi sono stati licenziati a seguito di continue appropriazioni e vendita di segreti commerciali a ditte concorrenti; oppure il caso di B. Mayles, direttore della ricerca arrestato per lo stesso tipo di reato a danno di due case farmaceutiche; oppure ancora quello dell’azienda Glielo Vacuum che ha denunciato sei suoi dipendenti per la sottrazione di una formula per produrre gas alternativi "al freon". Ma nonostante questa casistica importante la domanda sull’esistenza di comportamenti fraudolenti in azienda effettivamente è lecita. Infatti l’ampiezza del fenomeno "reati", pur essendo da anni sotto osservazione, resta ugualmente difficile da precisare: molti fatti delittuosi sfuggono infatti alla conoscenza delle autorità perché non denunciati dall’azienda e quindi non compaiono nelle statistiche ufficiali; è ragionevole comunque affermare che il fenomeno criminalità è ben radicato all’interno dello scenario aziendale italiano ed estero.

La sicurezza in azienda ha origini tipicamente americane, mentre in Italia non ha conosciuto ancora grande diffusione, il che è dovuto in parte alle dimensioni medio-piccole della realtà produttive del nostro Paese, volte alle flessibilità e poco inclini ad ampie strutture amministrative. Inoltre i manager tendono a ricondurre la gestione dei rischi di varia natura ad un mero problema di assicurazioni e in tal modo possono dormire sonni tranquilli senza dover curare i possibili comportamenti illeciti che colpiranno l’azienda. Tuttavia questa visione del rischio non è ormai più accettabile, in quanto i comportamenti criminali sono in continua crescita e mutano nel corso del tempo.

Infatti l’evoluzione della realtà criminale in campo nazionale si caratterizza per una diminuzione di furti e rapine mentre aumentano truffe, pratiche corruttive, tangenti; si sta assistendo cioè ad una penetrazione non violenta del mondo degli affari. Quindi da un lato si verifica un aumento di comportamenti dolosi a danno delle aziende, spesso compiuti dagli stessi dipendenti, e dall’altro si manifesta la necessità di prendere coscienza dell’importanza del problema sicurezza.

Quali sono le strategie da adottare per ridurre questi tipi di comportamento? Quali le cause che portano un dipendente a commettere un illecito all’interno della propria azienda?

Le risposte a queste domande possono essere diverse, a seconda delle diverse tipologie di reato. Di grande importanza è la variabile comunicazione, ovvero la capacità di un’azienda non solo di comunicare sicurezza, ma soprattutto di rendere consapevoli le persone dell’esistenza di un programma di sicurezza, al fine di orientare l’individuo verso determinate azioni. La variabile comunicazione viene intesa anche come capacità dell’azienda di perseguire determinati comportamenti illeciti e di farne esempio per evitare comportamenti simili, con il motto "colpirne uno per educarne cento".

Una seconda variabile importante è relativa all’esigenza di coordinamento delle strutture di controllo esistenti con la massima integrazione possibile della funzione sicurezza all’interno delle altre.

Si tratta di puntare dunque alla "educazione" dei propri dipendenti accompagnata dalla presa di coscienza della necessità di sviluppare una cultura aziendale che veda nella sicurezza una funzione fondamentale per la vita dell’azienda.

E’ quindi auspicabile l’abbandono dell’atteggiamento fatalistico verso il manifestarsi di eventi dannosi e l’uscita dalla condizione di arretratezza in tema di sicurezza in cui versa il nostro Paese. Va sottolineato comunque che ci sono state diverse avvisaglie positive, tra le quali un aumento della sensibilizzazione al problema; si richiede che a questa evoluzione favorevole corrisponda una specializzazione delle competenze ed un approfondimento dello studio inerente questa problematica.

[/a]Simona Palazzi è laureanda in Economia a Trento con una tesi in materia di sicurezza aziendale. Attualmente è assistente alla ricerca presso Transcrime.

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