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QT n. 9, 29 aprile 2000 Servizi

La vita dopo la vita?

Le sconvolgenti esperienze in prossimità della morte.

La NDE, acronimo che sta per Near Death Experience, ossia esperienza in prossimità della morte o dipre-morte, è un fenomeno che nell’ultimo quarto di secolo non solo è diventato uno degli argomenti più studiati dalla parapsicologia, ma ha appassionato il grande pubblico.

In che consiste? Per dirla in breve, si tratta di persone che per cause diverse (malattie, incidenti) si sono trovate in condizioni fisiche di estrema precarietà (arresto cardiaco e/o respiratorio, coma) e che, quando sono ritornate allo stato di coscienza vigile, spontaneamente o per mezzo di tecniche rianimatorie, hanno descritto delle esperienze che sembrano alludere ad un contatto con l’aldilà.

E’ stato un filosofo-medico (poi psichiatra) americano, Raymond Moody, il primo a imporre questa fenomenologia all’attenzione generale nel 1975, riportando nel suo libro "La vita dopo la vita" numerosi casi di pre-morte da lui studiati. Il libro fu un autentico best-seller mondiale, tradotto in molte lingue (in italiano per la Mondadori, 1977) e venduto in milioni di copie. Il modello elaborato da Moody, a tutt’oggi, dopo innumerevoli studi compiuti in vari Paesi, mantiene intatta la sua validità. In linea di massima, le sensazioni caratteristiche della NDE così vi sono riepilogate: una meravigliosa sensazione di pace e di benessere; la sensazione di essere separati dal corpo e di poterlo vedere dal di fuori, in genere dall’alto (questo può verificarsi anche quando non ci sia pericolo di vita, nelle cosiddette "Out of the Body Experience" - Esperienze fuori del corpo - OBE); l’impressione di muoversi in un tunnel buio verso una luce; l’incontro con parenti e amici trapassati; l’incontro con un essere di luce che ispira amore ed induce ad una visione critica di tutta la propria vita; il dover rientrare (o scegliere di rientrare) con rammarico alla vita terrena.

Non è detto, peraltro, che tutte queste fasi siano presenti in ogni NDE, né che lo siano secondo la sequenza sopra esposta. Il fenomeno non mostra differenze significative in ordine al sesso, alla razza, all’età, alla religione, alla classe sociale, ecc. dei protagonisti. Naturalmente le convinzioni religiose influenzano il tipo di entità eventualmente incontrate durante l’esperienza e il livello culturale condiziona in generale il modo di descrivere l’esperienza stessa. C’è da dire infine che chi fa questa esperienza cambia atteggiamento nei confronti della vita, diventa più disponibile ad aiutare il prossimo, non teme più la morte.

Kenneth Ring, medico e professore di psicologia all’Università del Connecticut che da oltre vent’anni studia il fenomeno, ha anche quantificato l’incidenza delle NDE. Si verificherebbero circa nel 30% dei casi di rischio di morte, vale a dire che riguarderebbero, nel ventennio della sua ricerca, circa 8 milioni di americani.

Con il moltiplicarsi degli studi si sono affacciate diverse interpretazioni della NDE, riconducibili essenzialmente a tre filoni: interpretazione fisiologica, interpretazione psicologica, interpretazione trascendente o spiritualista. Le esamineremo brevemente, anche alla luce della ricognizione che ne è stata fatta al 4° Congresso internazionale di studi delle esperienze di confine, organizzato da Fulvia Cariglia, direttrice del Giornale dei Misteri, un periodico che da trent’anni si occupa del paranormale. Il Congresso, svoltosi in aprile a San Marino, ha avuto il merito di chiamare a raccolta da ogni parte del mondo un gruppo di autorevoli studiosi (psicologi, psichiatri, medici anestesisti e rianimatori, parapsicologi, sociologi) della NDE, compresi alcuni qualificati studiosi italiani.

Passiamo brevemente in rassegna le tre interpretazioni.

L’interpretazione fisiologica spiega l’insorgere della NDE come effetto delle disfunzioni cerebrali in prossimità della morte. In queste circostanze il cervello produrrebbe delle sostanze chimiche (endorfine, ecc.) che sarebbero responsabili delle visioni (allucinazioni, in senso lato) dell’esperienza di pre-morte. Questa teoria troverebbe conferma nel fatto che alcune di quelle visioni possono essere provocate artificialmente, somministrando droghe psichedeliche o farmaci come la ketamina e l’ibogaina. Quest’ultima, in particolare, che si ricava da un arbusto del Gabon, viene utilizzata da quelle popolazioni nei riti iniziatici del culto Bwiti, per indurre uno stato semicomatoso che permetta all’iniziando di separarsi dal corpo fisico e di incontrare nel regno dei morti gli spiriti degli antenati.

E’ stato osservato che buona parte di coloro che si sottopongono a questo rito acquisiscono facoltà di guaritori o essi stessi riportano la guarigione da qualche infermità. Numerose università americane e la stessa Food and Drug Agency stanno conducendo studi su queste pratiche Bwiti, in quanto sembrano in grado di contrastare la dipendenza da eroina, cocaina e alcool.

L’interpretazione psicologica, considera le NDE alla stregua di un meccanismo inconscio di difesa, una sorta di paracadute che si apre quando il corpo si sente minacciato di morte. Il cervello, nella sua funzione di creare modelli di realtà, reagirebbe alle gravemente turbate condizioni di prossimità alla morte, elaborando a beneficio del soggetto delle immagini rassicuranti (il tunnel, la luce, ecc.).

Queste due teorie presentano un grave difetto: non riescono a spiegare alcuni dei contenuti percettivi delle NDE. Si tratta di fenomeni che sfuggono alle regole accettate dalla scienza, vengono definiti paranormali e sono oggetto di studio di una disciplina, la parapsicologia, che non gode ovunque del riconoscimento dello status di scienza, ma che utilizza senza dubbio metodologie scientifico-sperimentali.

Quali sarebbero, dunque, i contenuti paranormali della NDE? Sono essenzialmente due e si prestano alle verifiche oggettive più precise:

- percezioni extrasensoriali (ESP): la visione di quanto avviene accanto al proprio corpo e su di esso ad opera di medici e/o soccorritori, e la visione di ambienti e persone viventi che si trovano altrove;

- episodi di chiaroveggenza: talvolta durante la NDE il soggetto apprende notizie che nessuno dei presenti conosceva o che non sono state espresse in sua presenza.

Riportiamo un paio di esempi tratti dalla vastissima letteratura in materia. Uno attiene alla fenomenologia ESP e riguarda una donna, operata di ernia lombare del disco all’Ospedale dell’Università della Florida ed è stato raccolto dal cardiologo americano Michael Sabom ("Dai confini della vita", Longanesi, 1983). Ecco la descrizione di quanto la paziente ha visto nel corso di una NDE, sopravvenuta durante l’intervento chirurgico: "All’improvviso, mi parve di destarmi, e mi trovai come fluttuante all’altezza del soffitto. Mi sentivo benissimo, anche se un po’ eccitata al pensiero di poter osservare ciò che i chirurghi si apprestavano a fare… [descrive accuratamente lo svolgersi dell’intervento]. Chi aveva parlato, ricorrendo a termini tecnici che non ricordo, gridò che stava succedendo qualcosa e che la mia respirazione si era paurosamente rallentata. Pronunciò parole come arresto o blocco. Poi quasi urlò: ‘Chiudere!’. A quella specie di ordine affrettarono le operazioni, tolsero pinze e divaricatori e presero a cucire in fretta l’incisione (…). A quel punto mi recai nella hall. Mi trovavo certamente a ridosso del soffitto, perché distinguevo con chiarezza le lampade fluorescenti. Da allora in poi non rammento altro, salvo il fatto di essermi destata in un’altra stanza. Accanto a me scorsi uno dei medici che mi avevano operata; non l’avevo mai visto prima, ma lo riconobbi subito…"

Il secondo è un caso di chiaroveggenza riferito da Raymond Moody: "Ero gravissimo, in punto di morte per problemi di cuore, e contemporaneamente, in un altro reparto dell’ospedale, mia sorella stava morendo di coma diabetico. Lasciai il mio corpo e mi spostai in un angolo della stanza, da dove vedevo tutto dall’alto. Improvvisamente, mi trovai a chiacchierare con mia sorella, che si trovava lassù insieme a me, e alla quale ero molto legato. Eravamo nel pieno di una conversazione su quel che accadeva laggiù, quando lei cominciò ad allontanarsi. Cercai di seguirla, ma lei continuava a dirmi di restare dov’ero. ‘Non è la tua ora’ - mi disse - Non puoi venire con me, perché non è ancora il momento’. E cominciò a retrocedere lungo un tunnel, lasciandomi solo. Quando mi svegliai, dissi al medico che mia sorella era morta. Dapprima negò, ma poiché insistevo, mandò un infermiere a controllare: come ben sapevo, mia sorella era morta".

Le ricerche, tuttavia, che han-no offerto le evidenze più imbarazzanti per la scienza, sono quelle effettuate sui ciechi. Se ne interessò per prima, negli anni Ottanta, Elisabeth Kubler-Ross, una psichiatra svizzera che lavorava negli Stati Uniti, e che si specializzò nell’assistenza ai malati terminali.

Fu così che conobbe il fenomeno NDE ed ebbe modo di studiarlo anche su soggetti non vedenti. "Abbiamo interrogato molte persone cieche che ci raccontarono la loro esperienza di pre-morte. Non solo seppero dirci chi era entrato per primo nella stanza, chi si diede da fare per la rianimazione, ma ci descrissero in dettaglio il vestiario dei presenti". (E. Kubler-Ross "La morte e la vita dopo la morte", Ed. Mediterranee, 1991).

Ricerche sulle NDE dei non vedenti vennero ripetute, con l’uso delle più rigorose metodologie e su un numero significativo di soggetti, e si ottenne la conferma che i ciechi (sia dalla nascita che avventizi) durante esperienze di pre-morte potevano avere nitide visioni, perfettamente rispondenti alla realtà

Per l’interpretazione di questa categoria di fenomeni paranormali - di cui quelli dei ciechi sono solo il caso più emblematico - la teoria fisiologica e quella psicologica sono del tutto impotenti, almeno allo stato attuale delle conoscenze. Insomma la scienza, per ora, non sa dare risposte.

E allora, per chi è disposto ad andare oltre la scienza, subentra la teoria spiritualista o trascendente, la quale ritiene che la psiche, in particolari circostanze, possa separarsi temporaneamente dal corpo, mantenendo la coscienza e le capacità intellettiva e percettiva. Questa autonomia delle attività psichiche dal corpo, che nelle NDE (ed anche nelle OBE) si manifesta sia pure per breve tempo, sarebbe secondo la teoria spiritualista un importante indizio della sopravvivenza dopo la morte.

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