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Vita e morte di un comunista soave

Michele Perriera, Marcello Cimino. Vita e morte di un comunista soave. Sellerio, Palermo,, pp.228 , £. 12.000.

Marcello Cimino doveva essere un uomo e un comunista fuori del comune. Ne racconta la storia in libro intervista Michele Perriera, scrittore e regista teatrale, che non nasconde l’ammirazione e una sorta di timore reverenziale per questo protagonista di un lungo tratto della storia siciliana contemporanea. Il titolo del libro edito da Sellerio è "Marcello Cimino" e ha come sottotitolo "Vita e morte di un comunista soave". All’inizio mi colpì la insolita definizione, quasi un ossimoro (come può un comunista essere soave?) ma poi ho capito che era indovinata. Marcello è il marito di Giuliana Saladino, l’autrice di "Romanzo civile", che di scorcio ogni tanto nelle sue pagine accenna a ‘Mars’, Marcello appunto, il suo mite e straordinario compagno.

Michele Perriera.

Il libro intervista fu voluto dallo storico Francesco Renda quando seppe che a Cimino, colpito da un cancro inesorabile, restavano pochi mesi di vita. Ne esce un affresco di mezzo secolo di storia siciliana e italiana, narrato da una prospettiva democratica.

Marcello Cimino risponde alle domande di Perriera e racconta la sua infanzia, la sua formazione giovanile, il passaggio all’antifascismo, l’origine e le vicende dei comunisti siciliani, il movimento contadino di occupazione delle terre, il milazzismo, il centro sinistra, il compromesso storico sullo sfondo delle vicende del comunismo internazionale e dei suoi tragici nodi, concreti e teorici.

La stesura avrebbe potuto forse essere più asciutta, la venerazione che Perriera prova per l’amico talvolta non giova all’autenticità del racconto, ma la figura di Marcello ne esce comunque esemplare: nella vita privata, in quella politica, sul piano degli studi e degli interessi colti.

Cimino si impegnò fin dall’inizio nella militanza politica, fu giornalista dell’Ora e perfino segretario provinciale della Federazione comunista di Agrigento. Visse dal di dentro la storia del partito in Sicilia, conoscendone le asprezze, le ambiguità, i momenti di felice entusiasmo. Ebbe occasione di conoscere i dirigenti, vecchi e giovani, da Li Causi a La Torre, da Bufalini a Macaluso, e di apprezzare il patrimonio di cultura, di umanità e di intelligenza politica che essi rappresentavano.

Pur così preso dalla lotta politica, Cimino seppe trovare il tempo per continuare a leggere, a studiare, a sentire musica, a scrivere di storia e a nutrire, dentro l’armatura della ideologia rivoluzionaria, "una generosità sconfinata" come scrive Perriera, una grande sollecitudine morale, "la donazione di sé ai deboli" senza enfasi e senza esibizioni.

Marcello Cimino aveva una concezione della storia "lineare, morbida, leggera"; una storia senza ombre, in cui ogni errore poteva essere compreso e recuperato; una storia "tutta diurna: razionale, consequenziale, aritmetica".

Noi oggi concepiamo la storia in modo diverso, più tragico e probabilistico. Non crediamo più all’astuzia della ragione, né ad una sorta di provvidenza laica che ci guidi verso un avvenire migliore. La nostra è una storia anche notturna con le sue oscurità e le sue tragedie. Sappiamo che ad ogni istante c’è un bivio, e la storia nel suo farsi può imboccare col nostro aiuto una strada piuttosto che un’altra, e che ogni sviluppo può essere effimero e reversibile.

Ma Cimino aveva la sua fede laica e illuministica in una storia progressista, e con essa visse e morì. Colpito da un cancro al fegato, utilizza gli ultimi mesi che gli restano per studiare e trasmettere la sua esperienza: quella saggezza e quello spessore morale così rari, oggi, fra i politici e gli stessi educatori.

Emblematico sotto questo profilo è il mancato incontro tra il giovane Folena, che in quel momento dirige in Sicilia il partito che fu di Li Causi, di Bufalini e di Pio La Torre, e il vecchio Marcello Cimino simbolo del passato eroico e colto. Michele Perriera tenta in ogni modo di organizzare l’incontro, quasi per un ideale passaggio di consegne fra vecchie e nuove generazioni, perché le radici si ricongiungano ai virgulti. Ma l’incontro non avviene: il giovane Folena è sempre occupato in interminabili, improrogabili quanto inutili riunioni di partito. Finalmente, quando si libera, Marcello Cimino è morto, è entrato nel silenzio eterno, non può più parlare al giovane Folena.

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