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Avventura e rischio nel nuovo teatro

Tra il 7 ed il 16 dicembre si è svolto a Trento "Generazione 2000", il primo festival dedicato al teatro italiano dell’ultima generazione. Cinque gruppi cardine della nuova scena nazionale (I Masque di Forlì, Motus e Teatro della Centena di Rimini, Accademia degli Artefatti di Roma, Teatro Aperto di Milano), laboratori con gli attori e registi di queste compagnie, incontri con importanti storici del teatro (Marco De Marinis del DAMS di Bologna e Fernando Mastropasqua dell’Università di Trento e Pisa), l’incontro con Antonio Calbi, direttore artistico del festival Teatri 90 di Milano, e due spettacoli proposti dai nostri gruppi trentini: questo è il ricco bilancio di una rassegna che, per prima, ha avuto il merito di aprire la scena regionale del nuovo teatro ad un confronto decisamente stimolante e di ampio respiro.

Una scena dell'"Orlando Furioso" dei Motus.

Raffaele Macrì ed Elena Marino (registi rispettivamente del Centro Teatrale Ziggurat e di Teatrincorso, i due principali gruppi di ricerca teatrale del Trentino) hanno creato questa manifestazione con Antonio Calbi, ideatore e curatore del prestigioso festival milanese "Teatri 90". Indicativi in tal senso i rispettivi sottotitoli tematici dei due festival: "Il corpo inquieto" dell’operazione trentina si è sposato bene con "La scena ardita" sperimentata dall’evento milanese: i segnali emersi sono infatti quelli di un teatro caleidoscopico, in cui ogni compagnia rappresenta un mondo a sé, allergica ad essere circoscritta in particolari scuole o correnti omologanti. Di volta in volta queste infinite scene dell’ ultimissimo teatro italiano vogliono essere filosofiche, antiaccademiche, agitate, pittoriche, cibernetiche, melodrammatiche, anarchiche, politiche: insomma tutte più o meno funamboliche, spericolate e promettenti.

Durante "Generazione 2000" abbiamo incontrato Antonio Calbi, impavido direttore artistico di uno dei più audaci festival italiani, "Teatri 90", e gli abbiamo chiesto com’è nato questo progetto.

"L’idea di ‘Teatri 90’ è arrivata a metà degli anni ’90, in seguito alla constatazione della forte impermeabilità del sistema teatrale italiano alle proposte della nuova generazione. Il festival (la cui prima edizione risale al 1997) è nato proprio per promuovere e capire questa generazione, valorizzandone da un lato i gruppi di punta, e dall’altro, rischiando con la proposta di tante opere prime e gruppi sconosciuti".

Da dove provengono le compagnie invitate?

"Il festival rappresenta tutta l’Italia, anche se abbiamo avuto una forte presenza di gruppi romagnoli. Per quanto riguarda il teatro di ricerca è stata infatti coniata l’etichetta ’Romagna felix’".

Lei ha però parlato di nuove geografie teatrali in Italia: vi sono differenze tra i gruppi in base alle aree di provenienza?

"In genere i gruppi del sud sono più poveri di tecnologie e di segni psichedelici, e più ricchi di etica. La scena tende ad essere più povera, mentre il lavoro teatrale è impostato sull’attore e sulla parola. Al sud si rinuncia di meno al lavoro sulla memoria, e quindi all’uso del dialetto come momento di congiunzione generazionale. Al nord invece l’immaginario dei gruppi è più allargato, e spazia dai riferimenti filosofici a quelli tecnologici, artistici ed ai maestri del teatro del Novecento. Ma al di là della diversità di stili e linguaggi, l’intento di questi nuovi gruppi è sempre quello di scardinare lo statuto tradizionale del teatro."

Per tutto il Novecento è gravata sul teatro una funesta profezia di morte, dovuta all’avvento prima del cinema, poi della televisione, ed ora di internet. E allora questo teatro morirà o no?

"Solo il teatro che va avanti per inerzia rischia l’estinzione nella competizione tecnologica. Infatti mentre il livello delle offerte televisive e cinematografiche si sta sempre più abbassando, al teatro si richiede poesia, forza e verità espressa da attori altrettanto veri e potenti. L’indicazione che ci arriva da questa nuova generazione è che in questo triste scenario mediatico, il teatro oggi ha un senso ancora più forte di vent’anni fa, e si va a teatro proprio per essere sorpresi, stimolati, colpiti al cuore e alla testa, per pensare e per emozionarsi".

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