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QT n. 7, 7 aprile 2001 Servizi

“Perché mi candido nell’Ulivo”

Intervista a Giovanni Kessler: che risponde su partiti e società civile, Ulivo e segreterie. E sui dubbi a sinistra a proposito della sua candidatura.

La candidatura di Giovanni Kessler è senza dubbio l’unica vera novità di queste elezioni. In entrambi i poli abbiamo infatti la riproposizione di parlamentari uscenti, consiglieri provinciali, o comunque di persone che da anni vivono di politica. Kessler invece, cognome a parte, è nuovo sulla scena, proviene dalla società, non dai partiti. Sul suo curriculum (magistrato di Mani Pulite a Trento, antimafia in Sicilia, rappresentante dell’Ocse in Kosovo, incaricato dell’Unione Europea per l’uniformazione delle legislazioni nell’Est Europeo, ecc.) abbiamo già scritto nel numero scorso (vedi Giovanni Kessler): si tratta indubbiamente di una personalità di spicco.

Giovanni Kessler nelle visti di PM in un processo anti-mafia.

Eppure la sua candidatura è stata accolta con mugugni, con aperte riserve. In parte per la maniera come è stata proposta (il tandem Piccoli-Kessler, il ritorno delle grandi famiglie DC). Ma anche per riserve più articolate: dopo l’ubriacatura di "società civile" c’è un indubbio ritorno ai partiti, più grigi ma rassicuranti; o che almeno dovrebbero garantire sull’identità culturale, sulla fedeltà ideale degli iscritti. E in molti a sinistra, dopo le aperture degli anni passati, temono, con la candidatura Kessler, un’ulteriore perdita di identità. "Dopo essere stati ustionati dall’acqua calda Dellai, abbiamo paura anche dell’acqua fredda Kessler" - mi dice un simpatizzante diessino.

Il fatto è che Kessler, da magistrato, correttamente non ha mai espresso le proprie opinioni politiche. Ora però, ufficialmente candidato, ha l’obbligo di farlo. Lo abbiamo quindi intervistato, presentandogli i dubbi emersi sulla sua candidatura.

Da cosa nasce questa sua disponibilità a candidare alle prossime elezioni? E in particolare, a candidare nella sinistra?

"Giorgio Tonini (della segreteria nazionale dei DS n.d.r.) e Mauro Bondi (segretario provinciale dei DS) mi chiesero se ero disponibile a discutere di una possibile candidatura; risposi di sì proprio per il senso di quella proposta".

Si spieghi meglio.

"Anzitutto mi è stata chiesta, e io intendo dare, una disponibilità politica: nel senso che non intendo essere un tecnico prestato alla politica, un "indipendente" in un partito, ma una persona che vuole lavorare su un progetto politico complessivo".

Cioè non ritiene di limitare la sua azione a temi - come la giustizia - inerenti la sua professione?

"Indubbiamente ci sono ambiti - giustizia, rapporti internazionali, volontariato - su cui ritengo di avere proposte specifiche da fare. Però il senso vero della mia candidatura è l’impegno per un progetto politico complessivo, sia in sede locale che nazionale".

E nel merito del progetto?

"Eccoci al secondo punto su cui ho registrato la convergenza con gli interlocutori diessini. Candido per la ricostruzione del centro sinistra, di un nuovo Ulivo che non sia solo l’alleanza di partiti e partitini, ma un soggetto politico comune in cui si ritrovano le diverse tradizioni politiche, e soprattutto in cui possa impegnarsi la gente e i gruppi che dalla politica sono lontani o si sono allontanati".

Questo era il senso del progetto dell’Ulivo di Prodi, che si è presto rinsecchito. Cosa le fa pensare che possa tornare attuale?

"E’ vero, con la strada intrapresa dopo la caduta di Prodi, le ragioni delle segreterie dei partiti hanno prevalso su quelle dell’Ulivo; e i risultati si sono visti, sia in termini di allontanamento di tante persone dall’impegno politico, sia anche in termini di consenso elettorale. E’ per aver intrapreso questa strada che oggi paradossalmente ci troviamo, dopo cinque anni di buoni risultati di governo, a rincorrere gli avversari. Cosa che all’estero nessuno riesce a capire".

Da qui secondo lei, l’oggettività delle ragioni dell’Ulivo? La necessità di cambiare strada? Non è che questi partiti, se vincono, proseguono invece sulla strada vecchia?

"Credo che il messaggio lo abbiano capito, tanto che sia nell’azione parlamentare degli ultimi scorci di legislatura, come nella vita della coalizione di questi ultimi mesi, sono stati fatti dei significativi passi avanti. Per esempio, questioni come il conflitto d’interessi, la giustizia, lasciate da parte per ragioni di opportunismo, sono state riproposte anche con successo; e la stessa scelta di Rutelli a leader della coalizione, una persona fuori dal giro delle nomenklature delle segreterie, mi sembra un segnale corposo e coraggioso".

E in sede locale?

"Anche qui non mi sembra di poco conto il fatto che un partito abbia fatto una scelta coraggiosa, e non del tutto indolore, proponendo come candidato uno come me: non sulla base di appartenenze, ma sulla base della sua storia, e sulla scommessa che sia in grado di parlare e di portare alla politica settori di società civile".

A quali settori si riferisce?

"Ai tanti che si impegnano nelle molteplici associazioni di volontariato, professionali, di categoria; e che non trovano lo spazio (e neanche la voglia) di portare il loro impegno in un mondo politico che vedono sempre più chiuso e lontano".

Che titoli ritiene di avere per rivolgersi a queste persone?

"Per me l’impegno politico è la prosecuzione del mio impegno nel volontariato (nel servizio civile in Friuli e in Basilicata, e poi nella Caritas) che non ho mai inteso come mera testimonianza o pur lodevole supplenza delle carenze dello Stato; ma soprattutto come stimolo e sensibilizzazione della politica, per lavorare sulle cause, per esempio nell’emarginazione e nel disagio sociale. Parimenti, come giudice ed esponente della magistratura associata, non ho mai pensato che le sentenze possano cambiare la società, non ho mai creduto a una via giudiziaria al cambiamento; ho sempre detto (e scritto) che solo la politica può rimuovere le cause profonde che portano all’illegalità e alla corruzione diffuse. E ancora, nella mia esperienza internazionale: ho visto che senza un disegno politico non si risolvono i problemi della convivenza e della pace. [/a] Tutti abbiamo sotto gli occhi il fallimento dell’illusione della soluzione militare in Kosovo. Senza una strategia, senza obiettivi politici, anche le potenze militarmente più agguerrite si riducono all’impotenza: spostano la pulizia etnica dagli albanesi ai serbi, la guerra civile dal Kosovo alla Macedonia. (vedi l'intervista"Kossovo: cosa abbiamo imparato, cosa possiamo fare" su QT del settembre '99). E perfino il generoso volontariato internazionale rischia di ridursi a mera testimonianza, per quanto nobile: adottare, avere rapporti col paesino del Kosovo o della Bosnia, è bello e utile, ma non risolutivo. La mia ambizione è di fare da ponte tra queste esperienze, di cui il Trentino è particolarmente ricco, e il momento politico".

Lei parlava di scelta non indolore da parte dei DS. Molti infatti si chiedono: Kessler che c’entra con noi, chi sa cosa pensa... è effettivamente persona di sinistra?

"Se si guarda con la logica delle appartenenze o delle tessere, qualcuno può avere dei dubbi sulla mia collocazione. Ma la mia è una scelta politica (non, come dicevo, il tecnico che può stare da una parte o dall’altra) e una decisa scelta di campo: credo che i valori della solidarietà sociale, della difesa della legalità da affermare nei confronti degli scippatori così come dei falsificatori di bilanci, e della cooperazione internazionale, possano trovare realizzazione solo nel centrosinistra. Berlusconi, Bossi e Fini hanno invece dimostrato di essere un pericolo per lo stato sociale, la legalità nei confronti di tutti, la credibilità internazionale del Paese".

C’è una perplessità più di parte: perché la sua candidatura proprio nella sinistra? C’è chi ha detto e scritto che lei, nella sotterranea contesa tra Dellai e la sinistra, costituirebbe il cavallo di Troia del primo.

"Candido per l’alleanza dell’Ulivo, proposto dai DS, come avete correttamente scritto nel numero scorso. Non sono quindi candidato né dell’uno né dell’altro".

Se la proposta gliel’avesse fatta Dellai, si sarebbe candidato con la Margherita?

"Non ero interessato a candidarmi né per un partito, né per l’altro. La mia è una candidatura per il superamento della logica delle appartenenze. Ho accettato questa proposta, che mi è venuta dai DS. Quanto ai timori sul mio ruolo di cavallo di Troia, contano i programmi e le posizioni che prenderò".

Veniamo agli argomenti controversi. In particolare, l’ambiente, che vede contrapposti sinistra e Margherita. Cosa pensa su impianti di risalita - a iniziare dalla Jumela (vedi L’orribile estate del centro-sinistra)- su PiRuBi ( vediUn Trentino senza rotta), sull’aeroporto di Trento (vedi La Svp, la Margherita, l'aeroporto), sulla V.I.A. ridimensionata per venire incontro alle insofferenze verso le regole (vedi V.I.A. libera!)?

"Anzitutto dobbiamo evitare che problemi concreti come quelli da lei citati diventino dispute ideologiche. E alcuni tratti delle discussioni fatte in merito, sia da una parte che dall’altra, mi sembrano in tale direzione. Quello che soprattutto mi sembra mancare ancora in Trentino, è una visione strategica, di lungo respiro, che sappia conciliare le ragioni dello sviluppo e quelle dell’ambiente in cui viviamo. Le questioni vengono invece affrontate in modo episodico e casuale. Non voglio comunque eludere la concretezza della domanda. I dati esistenti, e su cui basare un giudizio, su Valdastico e aeroporto, indicano chiaramente l’insussistenza di benefìci positivi a fronte di danni ambientali certi. Ritengo di essere uno dei trentini che più si è spostato in aereo: bene, l’aeroporto a Trento è inutile, sarebbe un non-senso economico. Ancora sulla Valdastico: nelle scelte vanno fatti anche discorsi generali; a seguito dell’accordo di Kyoto su clima e inquinamento e di fronte a una tendenza strategica di tutte le regioni dell’arco alpino a spostare il traffico dalla strada, quella proposta mi sembra rivolta all’indietro".

E’ stata sollevata un’altra perplessità: la questione della laicità…

"Mi pare una questione vecchia. Ho conosciuto preti e suore molto più laici di molti laici militanti".

Eppure ci sono problemi aperti: una certa invadenza della Chiesa, la richiesta di sempre maggiori sussidi per la scuola privata abbinata a una delegittimazione del ruolo della scuola pubblica come scuola di tutti; la delega alle religioni di aspetti sociali vitali come l’integrazione degli immigrati…

"Il problema non è l’invadenza della Chiesa, ma la capacità della società civile e delle istituzioni politiche di saper interloquire con essa in maniera laica. Sapendo trarne gli stimoli positivi, ma anche senza soggezioni; che poi spesso sono pure interessate".