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QT n. 7, 7 aprile 2001 Servizi

Se non sono deboli non li vogliamo

Candidature deludenti: in entrambi i Poli. Ragioni di fondo, retroscena, dinamiche interne.

Non è confortante il quadro complessivo dei candidati alle elezioni. Vediamo perché, e cosa significa.

Alcuni casi sono clamorosi: ottimi candidati scartati, sostituiti da personaggi di dubbia attrattività. Come se i partiti, le elezioni le vogliano perdere. Il caso più clamoroso è quello del candidato del Polo alla Camera per Trento, prof. Giorgio Manuali. Qui si ripercorre, amplificato, l’errore fatto col candidato sindaco Eccher: come Eccher non era apprezzato nel suo luogo di lavoro (l’ospedale), così e ancor più Manuali è un mitico personaggio negativo nel mondo della scuola, di un’arroganza leggendaria: si racconta che fin dal suo primo giorno da preside abbia intimato agli (ex)colleghi di dargli del lei.

Altra candidatura discutibile, l’ex-sindaco Renzo Michelini, imposto dalla Margherita a Rovereto. Su Michelini, sindaco megalomane e trombone, QT a suo tempo si sbizzarrì satireggiando; ma oltre a questioni di stile (e di faraonici progetti incompiuti), Michelini ha la responsabilità di aver instradato la politica roveretana sul binario morto dell’astioso piagnisteo nei confronti di Trento sopraffattrice; dopo di che il sindaco Monti prima, Ballardini poi hanno ribaltato quest’impostazione campanilistica, in favore di una politica di collaborazione tra le città; il che sottolinea la piccolezza di Michelini. A questo punto i mal di pancia della sinistra a sostenere un vecchio arnese del genere sono giustificati; anche perché l’uomo non sembra nemmeno un acchiappa-voti.

D’altronde, sempre a Rovereto, l’Ulivo ha escluso un candidato, sulla carta vincente, come l’ultimo sindaco Bruno Ballardini. Conclusioni: il ritornello "bisogna far di tutto per vincere le elezioni" (altrimenti vince la destra fascista/razzista o, dall’altra parte, i comunisti mangia-bambini) è una favola. Prioritari rispetto alla stessa vittoria sono i rapporti tra i partiti.

Ma c’è un altro dato: come le passate elezioni hanno dimostrato, il singolo candidato conta poco, è in grado di spostare solo alcuni punti percentuali. Le elezioni si vincono soprattutto attraverso il messaggio che passa a livello nazionale, e con le alleanze. Di qui l’ulteriore incentivo a mettere la scelta degli uomini in secondo piano rispetto ai rapporti tra segreterie.

Detto questo, vediamo sinteticamente i due schieramenti. Nell’Ulivo è emersa, inattesa, la crisi della Margherita. Abbiamo già scritto sulla tendenza di Dellai a circondarsi di persone che non possano dargli ombra, ma qui si è visto di più: la fuga dei personaggi anche minimamente significativi. Due anni fa c’era la coda per entrare nella Margherita, oggi avviene il contrario, ancor più evidenziato dal fatto che gli alleati/concorrenti DS hanno invece presentato, con Kessler, una candidatura di rilievo proveniente dalla società civile; a fronte di un apparatnik come Mauro Betta, scialbo segretario della Margherita, e di un brontosauro DC come Michelini.

Nei DS peraltro è esploso il caso Schmid, il parlamentare uscente che, non riconfermato, ha dato in escandescenze, vomitando insinuazioni e insulti su tutto il partito. Ma ha soprattutto evidenziato con candore una perniciosa mentalità oligarchica: la politica è cosa nostra, delle 5-10 persone che dirigono un partito, e che con patti e trattative private si spartiscono le cariche pubbliche. Schmid, tessera PCI da quando aveva i pantaloni corti, è la punta di un colossale iceberg: l’incrinarsi, dopo il crollo del muro, anche della morale collettiva della sinistra, del senso dello stare assieme per una finalità comune, sostituiti dal carrierismo. La vasta, sana reazione di sdegno alle sue dichiarazioni è cosa sacrosanta, che può indurre a non essere pessimisti.

Sull’altro fronte il panorama è ancor più misero. Forza Italia e Lega, che pure, nel bene e nel male, si ponevano negli anni scorsi come promotori di un rinnovamento anche tramite le candidature, ora sono dominate dai giochi interni, dai problemi di promozione del personale che intanto si è consolidato nelle strutture. Personale che sistematicamente sega (abbiamo visto la dinamica nella Lega) qualsiasi personaggio di livello, per poter emergere, orbi in terra di ciechi.

In Forza Italia - non a caso la formazione più penalizzata dalle candidature - il fenomeno è aggravato dallo scontrarsi di due fazioni: una che fa a capo di Giancarlo Innocenzi, plenipotenziario locale di Berlusconi; l’altra, con Maurizio Perego, Giuliano, i forzisti della compagnia delle Opere, collegata con il CCD, Mario Malossini, l’Unione Commercio Turismo e relativi culi di pietra (Gianni Bort e Mario Oss). Lo scontro (solo un posizionamento in vista della partita vera, le elezioni provinciali del 2003, che dovrebbero rilanciare Malossini) ha portato a candidature deboli e incoerenti (ad esempio Giacomo Santini, che in questi anni di consiglio provinciale ha lavorato unicamente per costruirsi una base elettorale a Trento, sponsorizzandone associazioni sportive, volontariato, dettaglianti ecc, è stato spostato a Rovereto, dove si presenta nudo e crudo). Il tutto aggravato dagli errori dovuti alla presenza saltuaria di Innocenzi a Trento: non vive nemmeno più qui, vi soggiorna un week-end ogni due, non conosce la realtà locale, sulla quale è aggiornato da un altro alieno come Giorgio Manuali.

In questo contesto è logico che la destra accenda ceri a San Silvio, l’Unto del Signore.