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Aristofane e il Cavaliere

Gli slogan che caratterizzano la campagna elettorale di Forza Italia, in particolare di Silvio Berlusconi contro il centro-sinistra, mi hanno richiamato alla mente l’ultima commedia di Aristofane, intitolata "Pluto", rappresentata in Atene nel 388 a. C. Tra le frecce critiche contro l’Ulivo tiene banco il malgoverno economico e finanziario, contro ogni verità. Non si può negare infatti che, almeno per quanto riguarda l’economia e la finanza pubblica, i tre governi che si sono succeduti dal 1996 (Prodi, D’Alema, Amato) hanno agito con efficacia ed equità, con il consenso della maggioranza dei cittadini senza compromettere la pace sociale. L’Italia infatti è entrata in Europa, gli indici dimostrano l’aumento costante della produzione, il contenimento dell’inflazione, la difesa del potere d’acquisto dei salari, la diminuzione della disoccupazione con la creazione di nuovi posti di lavoro soprattutto nel mezzogiorno, l’allentamento della pressione fiscale, la tutela dei ceti sociali meno abbienti.

Berlusconi contesta questi dati di fatto, senza però fornire dimostrazione alcuna, e inoltre aggiunge che il centro-sinistra sta portando alla miseria gli Italiani, per di più calpestando la democrazia perché, dopo la caduta di Prodi, si è sottratto al giudizio degli elettori.

Nella commedia di Aristofane il dio della ricchezza Pluto, colpito da cecità per volere di Zeus, aveva amministrato male i suoi poteri distribuendo la ricchezza in modo diseguale, aggravando gli squilibri sociali e vuotando le casse della Polis. L’inevitabile confronto tra l’arte e la vita richiama alla memoria gli anni del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani), quando si aprì la voragine debitoria dello Stato e il cavalier Berlusconi fece la sua fortuna finanziaria e televisiva, aumentò l’inflazione e si aggravarono le condizioni economiche degli strati sociali più deboli. Evidentemente Pluto allora era cieco. Subito dopo, a seguito di eventi straordinari, Pluto ottiene dagli dèi la guarigione, ritorna veggente, ricomincia a ripartire la ricchezza con equità e a risanare le casse della Polis.

I sicofanti però non ci stanno, e iniziano un’opposizione durissima. In greco antico sicofante vuoi dire letteralmente "denunciatore (dei ladri) di fichi", cioè secondo il significato originario colui che di propria iniziativa denuncia le violazioni di legge. Col tempo, almeno nell’Atene di Aristofane, i sicofanti erano divenuti demagoghi e malfattori, e si arricchivano traendo vantaggio dalle disuguaglianze sociali mediante condotte truffaldine, corruzioni e voci calunniose.

Nella commedia di Aristofane i sicofanti scorgono nella guarigione di Pluto non solo un pericolo per i loro affari, ma addirittura una lesione della vita democratica. Uno di essi, proprio come fa ora Silvio Berlusconi, accusa violentemente Pluto: "Io farò che questo potente dio paghi oggi stesso il fio perché è lui che, unico e solo, manifestamente rovescia la democrazia". Insomma per i sicofanti Pluto deve ritornare cieco. In altre parole, attualizzando il contesto, Berlusconi ipotetico sicofante deve vincere le elezioni.

In Aristofane l’accusa di rovesciare la democrazia è specifica e sembra un’anticipazione delle attuali lamentele elettorali di Berlusconi: i governanti (di centro-sinistra) avrebbero violato la democrazia "senza averne fatti persuasi né il consiglio dei cittadini, né l’assemblea" (vv. 949-950). Cioè, nella situazione di oggi, per non aver indetto nuove elezioni dopo le dimissioni di Prodi.

L’ostilità di Aristofane verso i sicofanti e i demagoghi è nota, essendo per essi la politica non un’attività al servizio del bene pubblico ma un’occasione per fare denaro. Non mancano in tutte le sue opere gli strali contro gli aspiranti tiranni sotto l’ingannevole veste di democratici. In "Pluto" il poeta se la prende con Trasibulo, che però per almeno metà degli Ateniesi passa per un campione della democrazia. Aristofane invece lo definisce arrogante, dispregiatore del popolo e desideroso di avere tutto nelle sue mani. Sembra scritto ieri, anzi oggi, e se Aristofane fosse ancora vivo non potrebbe andare in onda con Luttazzi. Qualche verso più avanti il commediografo greco ne fa un ritratto mordace: Trasibulo sarebbe improvvisamente divenuto stitico per aver mangiato una pera e ciò gli impedirebbe di parlare e (attualizzo io) di avere un confronto diretto con Rutelli.

La commedia contiene un ammonimento che vale la pena ricordare. Scrive Aristofane: "Quando sono poveri, gli uomini politici sono retti verso il popolo e lo Stato; ma una volta divenuti ricchi, diventano anche iniqui".

In un ottimo lavoro del prof. Franco Sartori dell’Università di Padova, che ho avuto occasione di leggere in questi giorni, gli eventi dell’epoca di Trasibulo vengono rivisti alla luce del pensiero di Aristotele nella "Costituzione degli Ateniesi". Scrive Sartori: "Se ne ricava l’impressione di un mutamento costituzionale avvenuto in forme legali, sotto il segno della ‘persuasione’ esercitata sulla maggioranza dei cittadini" (Franco Sartori, Rovesciare la democrazia nell’ultimo Aristofane, Atti del convegno internazionale di studi, Trento Rovereto, 1999, pag.158).

Una persuasione da ipnosi mediatica. Prego gli dèi di risparmiare agli Italiani questa sorte infausta.