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L’era di Bush

Luigi Serravalli

Bill Clinton se n’è andato e la Storia dovrà giudicarlo. La Lewinski fu, probabilmente, un peccato veniale, ma la guerra balcanica è stata un atto molto più complesso. Tuttavia la popolarità del partito democratico era abbastanza notevole e Bush, presentandosi come candidato dei repubblicani, ha dovuto per prima cosa impegnarsi in modo serio con i maggiorenti (le grandi industrie) dei repubblicani stessi, promettendo una politica di notevoli commesse: armamenti, equipaggiamenti e così via. In questo senso, in seno al consiglio del G8, si deve interpretare il progetto di scudo spaziale, uno schieramento di missili balistici intercontinentali in grado di far desistere da ogni minaccia presente e futura.

Questo fatto paradossale (non essendoci in vista nemici apprezzabili da quando, nel 1989, è caduto l’impero sovietico), lascia perplessi gli anlisti e gli osservatori, i quali non riescono a capacitarsi della necessità di spese colossali contro ipotesi così lontane. Nessuno vuol prendere sul serio, infatti, che Bin Laden possa costituire un consistente pericolo, anche se ha messo a segno un buon colpo con l’attacco all’incrociatore americano, attacco che ha lasciato, però, le cose esattamente come erano prima.

L’analisi della situazione quindi, pur essendo i governi europei, oggi, seriamente e sinceramente filo-americani, è assai diversa. L’Italia di Berlusconi e la Spagna di Aznar (due potenze non di prima grandezza ed economicamente angustiate da un enorme debito pubblico) sembrano le più entusiaste del progetto. Invece Gran Bretagna, Francia e Germania portano avanti i loro distinguo, tergiversano, prendono tempo, e cercano di approfondire l’argomento.

Ma la riunione del G8, favorevole alla linea Bush, è fortemente avversata dal "popolo di Seattle", il quale vede nel mondo altre priorità. Mentre un pericolo stategico o, ancor meno, tattico, contro il mondo occidentale appare infatti oggi assai remoto o addirittura cervellotico, la fame nel mondo si presenta come una realtà che costa ogni anno un numero enorme di vite umane. In gran parte dell’Africa, in India, nel Sud Est asiatico, in gran parte del Sudamerica, nell’America centrale, domina la miseria più nera. Sulla miseria africana, in Trentino, siamo informati fra l’altro dai libri di padre Zanotelli. E fra meno di un mese, anche a Genova, il "popolo di Seattle" manifesterà il proprio disappunto sul fatto che si costruiscano armi inutili e costose anziché predisporre un piano efficace per combattere la fame nel mondo.

Abbiamo già visto in un filmato televisivo come il popolo di Seattle, per mezzo di salavagenti, si fosse preparato perfino ad abbordare le navi, se le riunioni avessero dovuto tenersi su un piroscafo. Si tratta certo di manifestazioni anche violente, messe in scena da questi militanti, che, come abbiamo visto, non vanno tanto per il sottile. Del resto, si può ritenere che anche un morto di fame per la pessima distribuzione della ricchezza nel mondo, sia sottoposto ad una forma, forse più indiretta, ma sostanzialmente non diversa, di violenza.

Per quanto la violenza sia sempre deprecabile, sta di fatto che la fame è la sua forma più tremenda e ingiusta, specialmente quando è accompagnata, dall’altra parte, dallo spreco e da una politica come quella di Bush, che non tiene conto delle necessità prioritarie delle popolazioni del cosiddetto terzo mondo.

Il capitalismo selvaggio e gli eccessi della globalizzazione vogliono dire disintegrare la società in piccole élite di vincitori e in masse di perdenti. Il che porta in definitiva, secondo Edward Luttwak, ad un liberalismo sfrenato che, alla lunga, non giova a nessuno.

Così Berlusconi, che nella sua vita di manager è sempre stato un esempio di questo tipo di liberalismo, non sembra in nessun modo adatto a svolgere le delicate mansioni di leader di un Paese come l’Italia, dove coloro che hanno non sono poi tanti, e coloro che non hanno rappresentano una notevole fetta della popolazione.

E’ probabile che a Genova il G8, ancora una volta, dimostrerà come otto personaggi, alcuni dei quali assai discutibili, possono molto di più che milioni e milioni di cittadini del mondo di idee opposte.

La Storia è sempre stata ricca di misfatti e la ragione raramente ha prevalso. Tuttavia è anche giusto tentare di andare contro corrente, di far prevalere il buon senso e le ragioni della giustizia. Altrimenti la parola democrazia diventa un optional.

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