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We are the Champions..

Il trionfo di Simoni e il compleanno di Moser.

A volte, per sottolineare l’eccesso di enfasi e di spazio dato a certe notizie, abbiamo adottato in questa rubrica un efficace artifizio: quello di contare il numero di articoli e di fotografie ad esse dedicati. Ma con la vittoria di Gilberto Simoni al Giro d’Italia l’impresa era superiore alle nostre forze: solo nei tre giorni a cavallo della tappa conclusiva, abbiamo infatti contato 34 pagine sull’Adige e 36 sull’Alto Adige, e probabilmente ci è sfuggito qualcosa. C’era naturalmente di tutto, gonfiato e ripetuto: la carriera, le malattie, i lutti, le foto di quand’era piccolo, la mamma ("una donna semplice e saggia", che "sola, tra le rose del suo orto, aspetta il suo Gibi"), la fidanzata, i parenti, gli amici, gli amici del padre, il parroco del paese, l’automobile (una Audi A6), i festeggiamenti, le vecchie glorie trentine del ciclismo, fino ad una minuziosa carta d’identità della sua bicicletta.

Potremmo forse apprezzare il fatto che, in questa marea di parole, manchi quasi del tutto la retorica. Ne abbiamo infatti trovato solo tre esempi, che vale comunque la pena di riportare: "Gilberto ha il viso di un uomo. I tratti sono duri come quelli di un gladiatore" (L’Adige).

"Palù è un paese devitalizzato. Pulsa solo il cuore. In piazza, di fronte alla chiesa, all’interno del bar Acli" (ibid.).

E - migliore di tutti - questo squarcio di prosa piuttosto criptica: "Proprio lui, portato sul banco degli imputati da chi non aveva argomenti validi per farlo, derubato dell’occasione che invece lo doveva mettere in discussione per avvallarne (sic) la superiorità. Mancava un senso preciso a quanto il destino ha predisposto. Gilberto lo ha riproposto con la più semplice delle soluzioni" (Alto Adige). Già, mancava proprio un senso preciso...

Ma in definitiva viene quasi da rimpiangerla, la retorica, di fronte a certa piatta, smodata, incontinente cronaca che si nutre di contraddizioni ("La vittoria di Simoni è l’affermazione di un predestinato"; "Nessuno avrebbe scommesso una lira su quello scricciolo"- L’Adige), di bizzarre alchimie geografiche ("Sarà per il lago, ma Arona sembra un po’ Rimini. (…) Arona somiglierà anche a Rimini, ma qui sul lungolago a un certo punto sembra davvero di stare in val di Cembra". - Alto Adige) e delle bubbole più diverse all’insegna del colore rosa: "La cognata Dina veste col corredino rosa anche la bambola in soggiorno"; "Il parroco don Mauro Leonardelli ha giurato che tingerà di rosa le cinque campane di bronzo del campanile di Palù"; "A Palù tutto è rosa: dalla polenta alle maglie del parroco e dell’assessore Iva Berasi".

All’orgia i giornali invitano anche decine di personaggi pubblici, a cominciare dai politici, invitati ad esprimere un interesse ed una felicità obbligatori; e nessuno naturalmente si sottrae, con due lodevoli eccezioni: il segretariodella CGIL Bruno Dorigatti ("Simoni è bravissimo, ma attenzione: non per questo dobbiamo distogliere l’attenzione dai problemi veri") e, in maniera ancora più esplicita, don Dante Clauser: "E’ un mondo molto lontano dai miei interessi… forse non sono la persona più adatta a cui chiedere un parere".

Già più volte citato in quelle pagine come illustre predecessore di Gilberto Simoni, Francesco Moser ha due pagine tutte per sé sull’Adige del 19 giugno: una celebrazione in occasione dei suoi cinquant’anni, in cui si ricordano le sue imprese sportive e quelle politiche. Un accostamento dal quale emerge una volta ancora quanto sciagurata sia stata la sua decisione di intraprendere la vita pubblica. Dopo l’elezione a consigliere regionale nel ’93 con relativo assessorato, ecco infatti una sequela di trombature: alle regionali del ’98, alle europee dell’anno successivo, e perfino, quest’anno, alla presidenza della Federazione Ciclistica. Il tutto, come noto, vissuto con un egocentrismo fuori misura, di cui il cronista dà qualche esempio citando alcune frasi famose, del tipo (vedi Perdere è difficile, vincere anche): "Ad inizio legislatura ho rinunciato ad un posto di assessore provinciale e mi hanno subito preso il posto. Nessuno ha fatto come me. Tutti facevano finta di essere per il partito mentre invece pensavano più che altro a loro stessi, a garantirsi l’elezione per la volta dopo".

O anche: "Non me l’aspettavo questa bocciatura, altrimenti non mi sarei nemmeno candidato".

Ma la lezione pare non sia bastata, e l’articolo si conclude minacciosamente: "Basta ascoltarlo un poco per capire che la passione non si è spenta. Lo rivedremo in sella".

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