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QT n. 16, 29 settembre 2001 Servizi

Cultura laica, antidoto di ogni integralismo

“Valori laici e democrazia moderna”: un tema attuale e stimolante trattato in un dibattito a Trento.

Con alcune cannonate all’alba del 20 settembre 1870, seguite dall’irruzione di un manipolo di fanti e di bersaglieri attraverso la breccia di Porta Pia; con qualche decina di morti da ambo le parti, il Regno d’Italia conquistava la sua capitale e poneva fine al potere temporale dei papi. Una data storica che ben presto è diventato di cattivo gusto - politically uncorrect come si direbbe oggi - ricordare. La conferenza dibattito tenutasi al Centro S. Chiara di Trento il 24 settembre prendeva spunto, come analoghe iniziative in altre città, dalla commemorazione di quell’evento storico per rilanciare i valori del laicismo.

Roberto Balzani, dell’Università di Bologna, ne ha dato l’inquadramento storico, Carlo Fusaro, dell’Università di Firenze, ha esaminato l’aspetto giuridico-costituzionale, ma entrambi, così come il moderatore e gli intervenuti nel dibattito finale, si sono sforzati di attualizzare l’argomento in riferimento ai problemi emergenti, e senza ovviamente sottrarsi alla suggestione dei tragici attentati dell’11 settembre.

Più che dare conto puntualmente delle due relazioni e dei vari interventi vale la pena passare in rassegna i filoni principali trattati.

Laicità. E’ un termine - ha detto Fusaro - che in Italia viene usato con molto eclettismo. In realtà, più che un concetto con dei contenuti precisi, andrebbe considerato come un metodo.

"In termini culturali il laicismo non è tanto un’ideologia quanto un metodo, anzi può definirsi proprio come un metodo inteso allo smascheramento di tutte le ideologie", scrive Valerio Zanone ("Laicismo" in Dizionario di politica, Utet, 1976). Metodo che per lo Stato laico implica l’astensione in materia religiosa a salvaguardia della libertà di coscienza e che presuppone un uguale trattamento di tutte le confessioni, con eguale libertà di svolgimento per ciascuna. Per la nostra Costituzione questo vale fino ad un certo punto; in realtà c’è una religione più uguale delle altre, perché professata dalla maggior parte della popolazione. E’ questa la formula che è stata usata più volte nelle sentenze della Corte costituzionale come paravento dietro cui confermare determinati privilegi della Chiesa cattolica.

Crisi della laicità. Ne ha parlato inizialmente il moderatore Ettore Paris, rilevando l’atteggiamento di sudditanza verso il papa e il Vaticano dei media, dei partiti e di esponenti governativi, anche ai massimi livelli. Papa e Vaticano che, da parte loro, spingono non poco per condizionare il momento legislativo in determinate materie e in particolare per raggiungere l’obiettivo della parità scolastica, che vuol dire, in pratica, finanziamento delle scuole cattoliche. Nella caduta storica dei valori laici non ha fatto eccezione la stessa solidarietà laica. Dopo il promettente debutto ottocentesco con le società di mutuo soccorso, si è evaporata, demandando quei compiti allo Stato e trincerandosi dietro posizioni individualistiche. Ciò ha permesso alle arrembanti associazioni cattoliche di acquisire un po’ alla volta una sorta di monopolio o di egemonia sulle iniziative di volontariato sociale. E’ chiaro che da un punto di vista laico si può esprimere recriminazione per questa evoluzione, non certo biasimo per le associazioni cattoliche, almeno nella misura in cui svolgono queste funzioni senza commettere illegalità o senza giovarsi di ingiusti privilegi statali.

Quadro storico. In rapporto a recentissime polemiche, Balzani ha affermato che lo stato italiano non è l’unico che si sia formato contro la Chiesa. E’ semplicemente l’ultimo in ordine di tempo che ha compiuto quel passaggio. Ma se ciò è inoppugnabile, è errato invece pensare ad un Risorgimento complessivamente irreligioso e anticattolico. Fino al 1848 (prima guerra d’indipendenza) godeva di grande favore l’ipotesi neoguelfa di un’Italia confederale unita sotto la presidenza del papa. Ipotesi che peraltro si alimentava anche della speranza di una democratizzazione della Chiesa e di un primato morale dell’Italia cattolica in Europa (Gioberti). Tesi naufragata con la decisione di Pio IX di ritirare le truppe papali dalla guerra. Il 1848 è stato quindi lo spartiacque, dopo il quale si è affermata la concezione laica di Cavour "libera Chiesa in libero Stato", ove la Chiesa veniva considerata alla stregua di una qualsiasi associazione volontaria privata. Niente, quindi, accordi privilegiati (concordati). Si determinò così quella grande frattura fra Stato e Chiesa, che si perfezionò, come abbiamo visto, con le cannonate del 1870.

La "Questione romana" trovò una sistemazione unilaterale e temporanea con la Legge delle guarentigie, e pervenne ad una soluzione conciliativa con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, che sostanzialmente è ancora in vigore tramite il regime concordatario, pur revisionato nel 1984. Quella data - l’11 febbraio - poté godere di maggiore considerazione e fino agli anni Settanta, se ricordiamo bene, venne commemorata come festività nazionale, almeno nella scuola.

Costituzione. Fusaro ha ricordato l’ambiguità della Costituzione repubblicana sul rapporto stato-chiesa. Nel testo della nostra Carta fondamentale non figura mai l’affermazione che l’Italia è uno stato laico e non figura mai il termine laicismo. E’ un’ambiguità strutturale che evidentemente deriva dalla situazione politica del dopoguerra, con il compromesso fra le forze antifasciste di diverso orientamento ideologico, emblematicamente riassunto dall’articolo 7 della Costituzione stessa. Fusaro ha individuato la possibilità - oltre che l’opportunità - di ritornare ad una logica separatista, cioè alla concezione laica cavouriana. Un’evoluzione in tal senso è riscontrabile in recenti sentenze della Corte costituzionale.

Il superamento del Concordato secondo una concezione neoseparatista - ha detto Fusaro -, quindi in un’ottica laicista, sarebbe la strada più idonea per rispondere alle sfide della realtà attuale, per affrontare ad esempio le problematiche etiche in campo biologico e familiare.

Situazione attuale ed effetti dell’11 settembre. Alle sfide politiche della situazione attuale c’è il rischio, se non si esce dalle ambiguità, di rispondere non in modo laico, ma integralista. Fusaro ha ricordato le posizioni integraliste di cattolici quali il cardinale Biffi e Baget Bozzo sui temi dell’immigrazione e dell’islamismo. Più in particolare, sulla drammatica situazione mondiale successiva all’11 settembre è stato citato nel dibattito il politologo di Harward, Samuel P. Huntington, sicuramente l’autore più gettonato del momento. Nella sua opera "Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale" (1997) avanza la tesi secondo cui dopo la fine della guerra fredda e delle ideologie i conflitti fra gli stati e al loro interno siano di natura culturale - etnica e religiosa - e per questa loro natura presentino difficoltà nettamente maggiori di composizione. "La prossima guerra mondiale, se ce ne sarà una, sarà una guerra tra civiltà", ritiene Huntington. E in questo quadro di contrapposizioni incrociate, la più significativa e pericolosa sarebbe quella fra Occidente e Mondo islamico. Molti vedono negli atti terroristici in America l’avverarsi di questa previsione.

Contro l’eventualità di conflitti a forte carattere religioso ed etnico, - ha argomentato il rappresentante dei giovani socialisti intervenendo nel dibattito - potrebbe svolgere un ruolo decisivo e positivo proprio il laicismo per il suo antidogmatismo.

Da un’altra sponda, il teologo cattolico "eretico" Hans Küng, a partire dalle analisi di Huntington, ravvisa ("Cristianesimo", 1994) un ruolo essenziale delle chiese, nella prevenzione di guerre disastrose fra civiltà. Un’intesa ecumenica delle chiese, un reciproco riconoscimento, varrebbero ad eliminare in questi conflitti l’elemento di maggiore rischio: i fondamentalismi e l’intolleranza religiosi. "Non c’è pace mondiale senza pace religiosa" - pensa Küng. A conferma che il laicismo nel suo significato metodologico è trasversale anche alle fedi religiose.

Laicismo e scuola. Vincenzo Bonmassar, segretario della Uil scuola del Trentino, ha richiamato l’attenzione sulla bocciatura da parte del governo di alcune parti dell’art. 44 della Collegata alla finanziaria della Provincia per il 2002. Le norme respinte favorirebbero gli insegnanti di religione, che vengono nominati su indicazione della Curia e quindi sulla base di requisiti religiosi, e configurerebbero pertanto una discriminazione di carattere confessionale a danno degli altri partecipanti ai concorsi cattedra (vedi Questotrentino del 10 giugno e 30 settembre 2000). Tuttavia, la consigliera Conci, assessore in pectore all’istruzione dell’ipotizzata nuova giunta provinciale, ha già manifestato l’intenzione di ripresentare al Consiglio quelle norme cassate, per la riapprovazione. Se ciò avvenisse, soltanto l’intervento della Corte costituzionale, con le ben note e complesse modalità di procedura, potrebbe revocarla.

Un appuntamento interessante quello del 24 scorso, che ha avuto il conforto di una partecipazione di pubblico numerosa; presenti anche molti studenti ed esponenti del mondo politico ed istituzionale trentino. In una vorticosa proposizione di spunti, che non hanno potuto avere il necessario approfondimento, l’incontro ha avuto il merito di porre sul tappeto la questione del laicismo, non in termini nostalgico-elitari, ma come possibile, concretissima risposta ai problemi dell’attualità, in una modulazione fra ambito locale e ambito planetario senza forzature di continuità. Questo, perché alla base della possibilità di soluzione di quei problemi, sta innanzitutto un atteggiamento mentale di rispetto delle idee di ognuno fatta salva la libertà di tutti. In cui consiste, appunto, l’essenza del laicismo.