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E’ una guerra tra chi ha e chi non ha

Luigi Serravalli

Le due torri gemelli si innalzavano a Manhattan sud e contenevano gli uffici del World Trade Center; per questa destinazione penso siano state scelte da Osama Bin Laden per il suo attentato. Cioè non si è trattato di un atto, tout court, contro la potenza degli Stati Uniti, ma di un’azione di guerra contro la fame nel mondo e contro la responsabilità delle torri in questo campo particolare.

Ogni anno, fra la zona sahariana dell’Africa, l’India, l’Afghanistan e il Sudest asiatico, nonché gli stati dei subcontinenti americani, dal Messico alla Patagonia, muoiono di fame circa 30 milioni di persone. Nel 1935 l’antropologo e filosofo francese Claude Lévi-Strauss scrisse il suo libro “Tristi tropici”, che dal suo punto di vista scientifico era già un’indagine sulla fame nel Sudamerica (Brasile) e in altre parti del mondo. Molti altri si sono occupati del problema, come lo svizzero Jean Ziegler, professore all’università di Ginevra, che con un libro molto diffuso, “La fame nel mondo spiegata a mio foglio”, indaga su questo inquietante fenomeno. Interessanti anche i libri del cubano Franz Fanon e quelli del nostro padre Zanotelli; e troppo lungo sarebbe l’elenco di coloro che si occupano dell’argomento.

Voglio dire che il crollo delle torri, con la strage che l’ha accompagnato, da parte dei fanatici islamici, è apparso come un fatto simbolico: l’annullamento di un cervello che opera nei vari paesi con l’effetto che, ogni anno, si calcola che vi siano, come ho detto, almeno una trentina di milioni di morti di fame, moltissimi dei quali sono bambini. La denutrizione porta ad una morte lenta, spesso preceduta dalla cecità, da malattie gastro-intestinali, e così via.

Se nel Medioevo le carestie hanno flagellato l’Europa, oggi colpiscono le zone tropicali e subtropicali. La cosa è diversa rispetto alle carestie medievali, in quanto il nostro pianeta, oggi, produce globalmente derrate alimentari in quantità doppia rispetto al fabbisogno mondiale. Quindi, con una oculata amministrazione delle scorte, nessuno dovrebbe più soffrire la fame.

La parola terrorismo, che incontriamo ad ogni piè sospinto sui nostri media, diventa quindi inadeguata: si tratta piuttosto di una guerra fra chi ha e chi non ha. Per esempio, negli Stati Uniti i bovini da macello vengono nutriti esclusivamente col mais, onde produrre quelle bistecche che costituiscono il piatto forte di ogni americanoche si rispetti. Ma vanno considerati anche altri procedimenti, che finiscono col lasciare scoperti, soprattutto nelle zone tropicali, i cittadini bisognosi di aiuti. Spesso poi gli stati del terzo mondo sono governati da capi privi di scrupoli, che invece di destinare gli aiuti internazionali alla popolazione bisognosa, li rivendonocon un loro privato profitto, lasciando i sudditi nella più atroce necessità. Osama Bin Laden, con un gesto terroristico, ha forse voluto mettere il dito sulla piaga, portare il problema della fame alla conoscenza di tutti.

Il gesto terroristico diventa dunque un dopo, anziché un prima, un effetto anziché una causa; una risposta disperata ad un orrendo stato di fatto. Un appello tragico al mondo perché le cose cambino e perché uomini e donne, ma soprattutto bambini, finiscano di morire per fame a causa dell’ingordigia di ladri e speculatori che nel World Trade Center avevano la loro base. Insomma, parlerei piuttosto di un ritorno della vecchia lotta di classe, un ritorno che ha per teatro l’intero pianeta.