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Sto diventando razzista?

Mi chiamo Angela, sono italiana, vivo a Roma ed ho 18 anni. Se è possibile, vorrei mi rispondesse Carlo Dogheria, i cui articoli apprezzo moltissimo.

Avrei una domanda da fare, per me molto importante: da che io mi ricordi, sono sempre stata cresciuta con l’idea che a questo mondo siamo tutti esseri umani e come tali dovremmo cercare di aiutarci l’un l’altro invece di aggrapparci ad ogni differenza per darci addosso. Ho sempre detestato il razzismo, sotto ogni sua forma, ma purtroppo me ne sono sentita vittima io stessa.

Sono stata fidanzata con un ragazzo. senegalese per un anno e mezzo, un anno vissuto da parte mia con amore assoluto. Per un anno e mezzo sono stata invece vista da lui come un semplice oggetto, nonostante gli dimostrassi il mio amore in tutti i modi e cercassi di aiutarlo. durante i momenti difficili che ha dovuto attraversare. Lui mi vedeva come qualcosa di comodo, divertente, ma assolutamente non serio . E perché? Perché sono bianca e cristiana. Queste due cose per lui rappresentano l’impossibilità di prendere sul serio i miei pensieri, i miei ragionamenti e sentimenti. Mi ha tradito più volte, ha cercato di privarmi della mia dignità provandoci con tutte le mie amiche, con qualsiasi ragazza entrasse in discoteca, anche se io ero distante da lui solo pochi metri, salvo poi cercare di farmi passare per una paranoica che non apprezzava l’onestà dei suoi sentimenti. Benché vivesse in Italia, le uniche persone che rispettava erano i suoi "fratelli", coloro che appartenevano alla comunità senegalese. Era invece sempre pronto a farsi beffe dei cosiddetti "bianchi", a prenderli in giro o comunque a cercare di imbrogliarli per ottenerne un tornaconto personale. E io, stupida, mi sentivo usata ma non riuscivo a lasciarlo. Ogni volta che provavo a separarmi da lui erano continue telefonate, frasi dolci che mascheravano il niente della sua personalità. Alla fine ho detto basta davvero, ed ora sono fuori da questa storia che mi ha lasciato tanto amaro in bocca.

"Perché generalizzare? - direte voi. - Hai semplicemente incontrato una persona meschina. Non è così. Come lui si comportava con me, così tutti i senegalesi suoi amici, di qualsiasi età, si comportavano con le proprie ragazze e con gli italiani in generale.

Mi chiedo sempre più spesso perché si parla sempre solo del razzismo degli occidentali verso gli stranieri e non si contempla nemmeno la possibilità che gli stranieri possano vederci in modo altrettanto ingiusto e riduttivo. Come ho detto prima, il razzismo è forse la cosa che più mi disgusta al mondo, ma ho paura di essere diventata io stesso razzisto. Mai più, infatti, prenderei in considerazione l’idea di mettermi con un senegalese, o forse un musulm,ano in generale.

Una mia amica cinese mi dice che è naturale che io abbia questa reazione di rigetto, perché sono stata profondamente ferita, e che il mio non è vero razzismo. Conosco inoltre una donna marocchina, musulmana, cui sono molto affezionata: è un’amica di famiglia e quindi io la vedo un po’ come una zia, per cui tengo molto in considerazione ciò che mi ha detto: "Non metterti mai con un musulmano, perché trattano male le donne e sono cattivi in generale. Al mio paese tutte le mie amiche cercano un uomo occidentale".

Io non so più cosa pensare di me e degli altri; se poteste schiarirmi le idee in qualche modo ve ne sarei grata.

Per favore, non pensate che io sia una cattiva persona: sono solo confusa, e se sto diventando davvero razzista, forse voi potete aiutarmi a cambiare.

Angela

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La diversità non è tutta rose e fiori

Cara Angela, le tristi conclusioni alle quali ti ha portato la tua esperienza non hanno niente a che vedere col razzismo. Né col razzismo classico (quello della distinzione fra razze inferiori e superiori), né con quello attuale, fatto di intolleranza per la diversità: tanto è vero che ci parli di un’amica cinese e di una quasi zia marocchina.

Ma se è vero – come pensavi – che gli esseri umani, in quanto tali, vanno considerati uguali, le differenze culturali però esistono eccome, e quando sono di tipo conflittuale, corpose, e toccano addirittura il più intimo dei rapporti fra le persone, quello amoroso, è inevitabile che possano giungere a sfasciare tutto.

La storia che ci racconti, però, è pesantemente sbilanciata a tuo danno, e allora bisognerà aggiungere qualcosa.

Tu hai subìto anzitutto una classica discriminazione anti-femminile, secondo la quale certe libertà sono consentite esclusivamente all’uomo. Per chi la pensa in questo modo, una ragazza come te, matura, consapevole dei propri diritti e che legittimamente pretende un rapporto paritario col partner, può andar bene per una relazione superficiale e passeggera, ma non dà sufficienti garanzie, non è affidabile per una relazione più importante. E’ una visione delle cose che abbiamo pur visto in tanti film satirici che dipingevano certa società italiana di non molti anni fa: da una parte la madre, la sorella e la fidanzata (modeste, sottomesse, silenziose) da venerare e rispettare; dall’altra tutte le altre donne – piacevoli, divertenti, se un po’ puttane ancor meglio - con le quali è consentito comportarsi senza tanti scrupoli. E’ una mentalità non ancora completamente scomparsa nell’opulenta Italia: non c’è da stupirsi se la si ritrova presso un ragazzo senegalese, che oltre tutto può ritenersi giustificato, in questa distinzione, dal fatto di avere a che fare con una ragazza figlia di un mondo così diverso.

Ma oltre ai condizionamenti culturali assorbiti in patria, il tuo ex ragazzo e i suoi amici dimostrano di avere un’altra "sindrome", contratta dopo il loro arrivo in Italia: non si fidano degli altri, hanno paura di esser fatti fessi e allora aggrediscono per primi.

E’ un meccanismo di difesa sciagurato che può insorgere in seguito a esperienze spiacevoli, a speranze andate deluse, a investimenti emotivi fallimentari: "mi hanno fregato, ho capito che non posso più credere nell’amicizia di nessuno, tanto vale che sia io il primo a cercare di fregare gli altri" (dove gli altri sono tutti quelli che non fanno parte della mia banda, del mio gruppo, del mio clan; quelli sostanzialmente diversi da me insomma, buoni o cattivi che siano). E’ un discorso, come vedi, che può riguardare gli immigrati, ma non solo loro.

Sei stata sfortunata, ma adesso non trarne conclusioni sbagliate: la diversità non è tutta rose e fiori, piatti esotici, abiti sgargianti, musica e danze; convivere – e non solo con gente che arriva da paesi lontani – presenta straordinari motivi di interesse, ma anche grossi rischi e difficoltà. Ma non esistono alternative.

Carlo Dogheria

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