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Il vero realismo

Vincere le battaglie sul campo, e perdere la guerra nelle società: la follia dell’attuale strategia anti-terrorismo.

Il bombardamento di Gaza.

A cosa è servito avere liberato Kabul, se pochi giorni dopo uno, due, tre kamikaze mettono a ferro e fuoco Gerusalemme ed Haifa, allungando il conto delle vittime innocenti? Ormai sono solo numeri: i seimila di New York, i duecento (o duemila!) di Kabul e dintorni, i trenta di Gerusalemme ed Haifa (circa mille in un anno in Medio Oriente), e via cinicamente contando, in una raccapricciante contabilità di questo abbrutimento globale.

Voglio chiederlo agli uomini duri, che si vantano capaci di assumersi la responsabilità di decisioni che definiscono dolorose ma rese necessarie dall’implacabile realismo di governo.

Ecco cosa produce il loro realismo!

L’attacco militare in Afganistan mirava a distruggere il terrorismo, cioè la rete tessuta da Bin Laden al riparo del regime talebano. Smontare il potere degli studenti coranici doveva essere il mezzo per snidare Bin Laden. Non del tutto, ma buona parte dell’Afganistan ora è controllata dalle tribù dell’Alleanza del nord. Gli afgani che non sono finiti sotto le bombe ora sembrano più liberi, anche se il nuovo regime non pare molto migliore di quello abbattuto. Il costo di questo mediocre risultato è rappresentato dalle innumerevoli vittime innocenti causate per raggiungerlo. Si sapeva, e si accettava, che i bombardamenti avrebbero provocato morti civili. In diritto penale questa consapevolezza si chiama "dolo eventuale", ed è punita esattamente come l’omicidio volontario. Il Trattato di Roma che istituisce il Tribunale contro i crimini di guerra definisce un tale comportamento come un crimine di guerra. Vero è che gli Stati Uniti non hanno firmato il trattato, e tuttavia la condanna della coscienza civile espressa in quel documento, resta con tutto il suo peso.

Ma il terrorismo è stato sconfitto? O almeno indebolito? Quale è stata l’efficacia della reazione militare al massacro dell’11 settembre?

A giudicare da ciò che ci viene raccontato, e soprattutto da ciò che è accaduto in Israele, l’efficacia è stata pari a zero, anzi del tutto controproducente. Ora Sharon risponde con una reazione proporzionata all’orrore delle stragi consumate dai militanti suicidi palestinesi.

La risposta è una vera e propria rappresaglia, che per non apparire indiscriminata si dichiara direttamente puntata contro la persona di Arafat, identificandolo con i terroristi. La destra di Israele dunque, dopo avere assassinato Rabin, progettava di uccidere anche Arafat, così eliminando i due personaggi che in questa tragedia mediorientale hanno rappresentato l’unico momento di realismo illuminato. Ma la reazione di Sharon non è per niente diversa da quella di Bush. L’una e l’altra sono soltanto rappresaglie, atti di terrore opposti al terrore che li ha provocati.

Nulla giustifica il terrorismo. Non lo giustificano le condizioni di miseria, di malattia, di sfruttamento, di schiavitù in cui si trovano i diseredati della terra. Ma nemmeno il loro terrorismo giustifica una risposta altrettanto terroristica. Se non è possibile eliminare il terrore è necessario evitare, interrompendola, la spirale del terrore.

L’Occidente democratico, appunto perché democratico, ha una responsabilità maggiore. Il terrorismo è fuori legge, l’Occidente pretende di essere la legalità. Israele, ricca e colta, capace di vincere la guerra contro gli arabi, deve essere capace anche di costruire la pace, cominciando con lo sgomberare i territori occupati. Così l’Occidente, civile e opulento, deve darsi carico dei problemi che travagliano i popoli poveri.

Sono, questi, punti di vista ingenui, da illusi idealisti, da poveri pacifisti imbelli? O non sono invece le uniche vere prospettive realiste, di un realismo illuminato che non obbedisce ad impulsi soltanto emotivi, ma che prima di agire cerca di capire?

Il realismo brutale che ha mosso e muove chi ci governa ci porta verso una vera e propria guerra fra civiltà diverse. Tutto è affidato solo alle armi. A Sharon risponderanno altri kamikaze palestinesi. Dopo l’Afganistan toccherà ad altri "stati canaglie". A chi possiamo affidare le nostre speranze di semplici persone ragionevoli?

All’Europa? Al socialismo europeo? A questo Papa, per cui si possa dire per una volta che una religione organizzata non è un flagello dell’umanità?