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QT n. 22, 22 dicembre 2001 Servizi

Commissione costituente: cos’è, come farla, a cosa serve

Se il primo Statuto scaturì dalla guerra ed il secondo dalle bombe, oggi si può ragionevolmente pensare che siano maturi i tempi per chiudere definitivamente la fase post-conflittuale – caratterizzata dalla diffidenza tra le Province e dalla separazione tra i gruppi linguistici – e per aprire una nuova stagione dell’autonomia che sancisca la pace e favorisca lo sviluppo. Ecco perché oggi, ben più che in passato, il metodo è anche sostanza: elaborare qui il prossimo Statuto, anziché a Roma come è stato per le due precedenti versioni, significa anche simbolicamente stringere un nuovo patto di convivenza tra i gruppi linguistici ed un nuovo patto di amicizia tra le due Province.

È sulla base di queste considerazioni che due anni fa Margherita Cogo presentò al Consiglio regionale la proposta di istituire una commissione speciale per la riforma dello Statuto, formata da rappresentanti delle forze politiche regionali in proporzione alla loro consistenza, e nella quale sarebbe stata garantita la presenza di tutti i gruppi linguistici ed un numero paritetico di membri delle due Province. Quella proposta fu vagliata dalla commissione per il regolamento interno del Consiglio, debitamente stravolta ed infine abbandonata dalla stessa maggioranza regionale. Ciononostante, la proposta giace tuttora all’ordine del giorno del Consiglio regionale: con un po’ di buona volontà, e tanti emendamenti, si potrebbe riesumarla.

Nel mezzo del discredito che sta colpendo la Regione in queste settimane, Vincenzo Passerini e Waler Micheli hanno rilanciato pubblicamente l’idea della commissione, riscuotendo immediatamente molti consensi, ma creando anche un po’ di confusione.

Quale sarebbe il percorso attraverso il quale, dando vita ad una commissione, si arriverebbe ad approvare il nuovo Statuto? La commissione avrebbe il compito di elaborare un disegno di legge di riforma statutaria, dopodiché il Consiglio regionale lo discuterebbe e, dopo il via libera da parte dei due Consigli provinciali, lo approverebbe. A questo punto, sulla base dell’articolo 103 dello Statuto in vigore, la proposta di nuovo Statuto così approvata diverrebbe un disegno di legge parlamentare, che il Parlamento sarebbe tenuto a discutere. A Roma il disegno di legge seguirebbe la procedura prevista per le leggi costituzionali e diverrebbe quindi legge solo dopo l’approvazione, per due volte e a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra, di un identico testo da parte dei due rami del Parlamento.

Perché, ci si chiederà, serve una commissione? Per quale motivo la Giunta regionale non presenta una propria proposta da discutere in Consiglio regionale? O perché il Consiglio regionale non discute direttamente le proposte presentate dalle varie forze politiche?

Anzitutto, la commissione serve per fare in modo che il nuovo Statuto sia elaborato col concorso di tutti e non solo dell’attuale maggioranza regionale. Se fosse la Giunta regionale a presentare in Consiglio una propria proposta, le opposizioni si sentirebbero infatti escluse dalla fase di elaborazione. Si accenderebbe inevitabilmente uno scontro ed alla maggioranza non resterebbe che approvarsi il proprio progetto da sola. In questo modo, però, in Parlamento non arriverebbe una proposta concordata e mediata in sede locale, bensì un progetto che sarebbe espressione di una sola parte politica. A quel punto, tanto più che a Roma v’è una maggioranza di segno opposto, il progetto sarebbe affossato o pesantemente modificato, facendo così fallire l’ambizione di dare vita al nuovo Statuto in sede locale.

Con la commissione, invece, ad avere la paternità del progetto di nuovo Statuto non sarebbe questa o quella parte politica, bensì per l’appunto la commissione stessa. Affinché ciò avvenga, è però necessario che i membri della commissione siano liberi da vincoli di schieramento. La logica con la quale andrebbero nominati i membri della commissione dovrebbe pertanto consentire, anzi favorire, la nascita di alleanze trasversali, facendo incontrare i riformatori delle due coalizioni.

Passerini e Micheli hanno proposto che nella commissione siedano, oltreché alcuni consiglieri regionali, anche due tecnici, ad esempio due docenti universitari esperti della materia.

Qui però si rischia ancora una volta un fraintendimento.

Se lo scopo della commissione è solo quello di elaborare delle idee, se cioè il lungo e difficile lavoro di mediazione tra le forze politiche ed i gruppi linguistici è rimandato ad una fase successiva, se in definitiva in commissione non si vota, allora è meglio mettere nella commissione soltanto dei tecnici. Ci si guadagnerebbe in competenza ed in autorevolezza. Non si arriverà ad un nuovo Statuto, ma almeno si sarà aperta una discussione su una proposta concreta.

Viceversa, se alla commissione si vuole attribuire un significato "costituente", se insomma si vuole fare in modo che sia la commissione il luogo ove si costruisce la mediazione ed il consenso attorno ad un nuovo Statuto, col Consiglio regionale che si limiterebbe sostanzialmente a ratificare, se dunque in commissione si vota, allora è giocoforza che in commissione siedano soltanto rappresentanti delle forze politiche e che i tecnici diano tutt’al più un supporto esterno, ma senza avere diritto di voto. Immaginiamoci infatti cosa accadrebbe se, in momenti decisivi, il voto dei tecnici fosse determinante.

Infine, il Ministro Frattini, raccogliendo la proposta di Passerini e Micheli, ha proposto di dare vita ad un’assemblea costituente eletta direttamente dai cittadini. Idea affascinante, ma o inutile, o irrealizzabile. Perdere tre anni per decidere come eleggere e poi per eleggere effettivamente una assemblea costituente, per poi affidarle soltanto il compito di elaborare una proposta che, per avere un seguito, andrebbe poi approvata dal Consiglio regionale e, giunti a questo punto, avrebbe ancora soltanto il carattere di una proposta da inviare al Parlamento, è una procedura quantomeno inutilmente complessa. Le assemblee costituenti hanno senso soltanto se hanno effettivi poteri deliberanti, se cioè quanto da esse approvato entra poi direttamente in vigore. Ma per eleggere in Trentino-Alto Adige/Südtirol un’assemblea col potere di deliberare una legge di rango costituzionale, bisognerebbe modificare preventivamente la Costituzione e lo stesso Statuto di autonomia. Sempreché ci si riesca, passerebbero anni.