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Insegnanti discriminati: un appello da Torino

Il governo e gli insegnanti delle Attività alternative all'Insegnamento della Religione Cattolica: come si reprimono i diritti dei lavoratori.

Gruppo di insegnati precari

Egregio QT, ho scoperto per caso la vostra esistenza navigando on line e, con mia sorpresa, ho constatato che il vostro è davvero "un giornale che dice quello che gli altri non dicono". Infatti avete pubblicato numerosi articoli sul problema dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana, mentre il resto della stampa italiana considera il tema come un tabù e non gli dedica alcuno spazio. Lo dico per esperienza, perché da settimane sto tentando senza successo di farmi pubblicare un breve testo per portare all’attenzione pubblica il problema degli insegnanti di Attività alternativa all’ IRC (Insegnamento della Religione Cattolica), ingiustamente discriminati. Vi spedisco, quindi, il testo nella speranza sia di realizzare il mio intento sia di contribuire alla riflessione da voi iniziata.

Bruna Mino

Siamo insegnanti laureati in Filosofia, pluriabilitatisi, dopo dieci, lunghi anni di attesa, nei recenti concorsi riservati e ordinari, e condividiamo la sventura di aver accettato d’insegnare, in passato, sulla cattedra di Attività Alternativa alla Religione Cattolica nei pochi istituti scolastici torinesi che l’hanno attivata. La materia in questione era Educazione ai diritti umani, materia scelta e votata dal collegio docenti (nell’ambito di un’autonomia riconosciutagli dal Ministero) sulla base di un indirizzo programmatico indicato dal Ministero stesso (Circolare Ministeriale 28 ottobre 1987 n. 316); gli insegnanti (io e i miei colleghi), attestata l’assenza di personale docente interno utilizzabile, sono stati a suo tempo nominati dai presidi, scorrendo le vigenti graduatorie di Storia e Filosofia.

Siamo stati contattati telefonicamente dalla segreteria delle scuole; non ci hanno chiesto se eravamo cattolici, ebrei, valdesi, atei o quant’altro, non ci hanno chiesto se eravamo favorevoli o contrari all’insegnamento della Religione Cattolica nella scuola pubblica, ci hanno chiesto soltanto se eravamo insegnanti di Storia e Filosofia; ci hanno offerto di tenere un corso sui Diritti umani, seguendo alcune direttive programmatiche con un libro di testo e degli obiettivi didattici e, quando abbiamo accettato, abbiamo firmato una normale, regolare lettera di nomina.

E’ stata un’esperienza positiva sul piano didattico, ma ce ne siamo pentiti amaramente per le conseguenze inaspettate che l’aver accettato tale incarico ha comportato per noi.

Infatti, il quadro normativo apertosi con la legge 124/99, e le successive ordinanze in tema di concorsi e graduatorie del personale docente, ha equiparato i servizi prestati sulle cattedre di IRC e di Attività Alternativa all’IRC, escludendo entrambi dal novero dei servizi utili per l’accesso ai concorsi riservati e alle Graduatorie Permanenti. Applicando alla lettera la normativa, il Provveditorato di Torino ci ha negato, così, il diritto di conteggiare quegli anni tra i servizi prestati sulla nostra graduatoria di Storia e Filosofia. Insomma, niente punteggio, come se non avessimo lavorato, nonostante i certificati di servizio in nostro possesso (con la classe di concorso specificata) e nonostante in passato lo stesso servizio venisse considerato ai fini delle graduatorie provinciali. Abbiamo presentato al Provveditorato di Torino numerosi reclami, senza esito. Ci siamo rivolti ai sindacati e, su loro indicazione, siamo approdati in uno studio legale per il ricorso al TAR Piemonte. Il risultato è stato l’esborso di molti, troppi soldi per un ricorso perso in partenza!

Giorni fa abbiamo appreso dagli organi di stampa che il Governo ha varato la legge per l’immissione in ruolo dei docenti di Religione Cattolica e la nostra consapevolezza di essere stati discriminati si è trasformata in cocente, beffarda umiliazione.

Siamo sempre stati convinti che la nostra condizione fosse inequiparabile a quella dei docenti di IRC, in considerazione sia delle differenti modalità di reclutamento (avvenute scorrendo le vigenti Graduatorie Provinciali della classe di concorso di Storia e Filosofia per ciò che ci riguarda, e sulla base di una graduatoria stilata dalla Curia Vescovile per ciò che riguarda i docenti di IRC), sia dei contenuti disciplinari (rientranti nella classe di concorso di Storia e Filosofia nel nostro caso, e non riconducibile ad alcuna classe di concorso nel caso dei docenti di IRC), ed ora, vista la differente sorte che ci spetta, ciò dovrebbe risultare lampante agli occhi di tutti, compresi quelli dei legislatori distratti, degli impiegati diligenti e dei giudici intransigenti che abbiamo incontrato sulla nostra strada.

Nell’attuale sistema scolastico il punteggio di servizio maturato è indispensabile per la progressione professionale di un insegnante e, considerando la fase di transizione e di cambiamento che stiamo vivendo, per noi il riconoscimento del punteggio relativo a quei servizi prestati sulla cattedra di Alternativa all’IRC ha un peso addirittura maggiore: significa la possibilità di poter ancora lavorare nella scuola pubblica, in cui operiamo da più di dieci anni.

Non chiediamo né regali, né elemosine, chiediamo soltanto che ci venga riconosciuto, in termini di punteggio, il lavoro che abbiamo svolto a suo tempo, con serietà e dedizione, ottemperando i doveri spettanti a tutti gli insegnanti.

A giorni sarà pubblicato il Decreto per l’aggiornamento delle Graduatorie Permanenti e temiamo fortemente che nulla cambi nei nostri confronti. Rivolgiamo, quindi, un accorato appello a chiunque (ministro, deputato, privato cittadino, ecc.) voglia o possa suggerirci un modo per porre fine alla discriminazione di cui siamo vittime, affinché anche noi possiamo concorrere, in condizioni di equità, ad un lavoro nella scuola pubblica, per la serenità (sopravvivenza!?) nostra e delle nostre famiglie.

Certo, noi non siamo 15.000 come i docenti di IRC, non possiamo contare sull’aiuto della Chiesa come loro, nè possiamo contare sull’aiuto delle SISS come i neolaureati, ma i diritti dei lavoratori della scuola dipendono solo dai numeri e dagli sponsor?

Un gruppo di insegnanti precari di Torino e provincia