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Il diritto di morire

La recente sentenza dell’Alta Corte inglese in tema di eutanasia.

Con una recentissima sentenza l’Alta Corte di Londra ha riconosciuto il "diritto di morire" (the Right to die) a una cittadina inglese, indicata dalla stampa come Miss B. Decisione storica che ribalta un orientamento giurisprudenziale di lunghissimo periodo. Non molto tempo fa l’Alta Corte aveva negato lo stesso diritto a Diane Pretty, un’inglese di 43 anni afflitta da una forma molto grave e irreversibile di sclerosi multipla, che ora è in attesa della decisione della Corte europea di Strasburgo, cui ha fatto ricorso.

Miss B. è paralizzata in tutta la persona, incapace di muovere anche un dito, ma è lucida, non soffre fisicamente e potrebbe vivere a lungo nella difficile condizione in cui si trova. La paralisi si è verificata all’improvviso nel pieno di una vita di lavoro e di successo a causa di una emorragia nel gennaio 2001. La donna è stata subito ricoverata, salvata e curata, e ora vive solo perché collegata con una macchina che le consente di respirare.

Appena riacquistata la lucidità, Miss B. ha dichiarato inaccettabile la propria qualità della vita: "Non sono una superdonna - ha affermato - e se avessi dei figli forse sarebbe diverso. Non sono neppure sposata. So di non poter guarire. In queste condizioni voglio mettere fine a una vita inutile".

I medici dell’ospedale si sono rifiutati in base alla normativa vigente di obbedire alla sua volontà. Miss B. si è rivolta allora alla magistratura e l’Alta Corte le ha dato ragione, sentenziando che "ha il diritto di morire in pace e con dignità, perché è mentalmente in grado di decidere il proprio destino", e i medici hanno il dovere di eseguire la sua richiesta di staccare la spina che la mantiene in vita.

La decisione sembra conforme a logica e a buon senso. Se la vita è un diritto soggettivo assoluto, non può essere tutelato contro la volontà della persona.

Anche la salute è un diritto, ma nessuno può essere costretto a curarsi. Contraddittoriamente il nostro sistema giuridico non punisce il suicidio, e neppure il tentato suicidio anche se produce lesioni gravi o permanenti, ma vieta l’eutanasia, come del resto altri paesi. Ora l’Inghilterra la riconosce e anche da noi si dovrebbe almeno continuare a riflettere senza chiusure dogmatiche, essendo intollerabile e contraddittorio che l’eutanasia (fatta per pietà o addirittura per amore) venga punita come un omicidio in base all’articolo 579 del codice penale.

Dovremmo non dimenticare le parole di Tommaso Moro: " Nella migliore forma di repubblica i malati incurabili sono assistiti nel miglior modo possibile".

Ma se "il male non solo è inguaribile, ma dà al paziente continue sofferenze, allora sacerdoti e magistrati, visto che il malato è inetto a qualsiasi compito, molesto agli altri e gravoso a se stesso, sopravvive insomma alla propria morte, lo esortano a morire liberandosi lui stesso da quella vita amara, ovvero consenta di sua volontà a farsene strappare dagli altri... sarebbe un atto religioso e santo". (Tommaso Moro, L’Utopia, trad. di T. Fiore).

Tommaso Moro non è certo la bocca della verità, ma dice cose ragionevoli su cui varrebbe la pena riflettere.