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De profundis clamavi ad te, Domine

Il conflitto medio-orientale è talmente impastato di odio, di menzogne, di sangue e di reciproche rappresaglie, che sembra impensabile possa raggiungere proporzioni più grandi e orrende. La sua prosecuzione è un incubo. La lunga guerra contro i Palestinesi, in contraddizione con le risoluzioni dell’ONU e con gli stessi accordi Rabin-Arafat, ha inquinato lo Stato di Israele al punto che, pur conservando ancora un nucleo di democrazia (le elezioni, il Parlamento, la libertà di espressione), ha introdotto elementi teocratici, ha distinto i cittadini sul piano sociale in due categorie, ha ammesso per legge la tortura sugli arrestati palestinesi, circonda e colpisce con i carri armati e i missili degli elicotteri città e villaggi, distruggendo case di abitazione e uccidendo donne e bambini (il che equivale a praticare un terrorismo di Stato), e si arroga il diritto all’uccisione preventiva (senza processo) di presunti terroristi.

Come definire questi metodi? Mi trema la mano mentre scrivo che l’apparato politico militare di Israele ha imparato molto bene i metodi nazisti. Il tremendo ricordo della Shoah e l’infinita solidarietà che proviamo verso i fratelli ebrei non devono impedirci di dire la verità.

Dall’altro lato c’è il disperato popolo palestinese che combatte e soffre da anni e si oppone al brutale attacco di questi mesi in due modi: in primo luogo con decine di migliaia di combattenti volontari che contrastano i carri armati e gli elicotteri con i fucili, i mitra e le bombe a mano: resistenza legittima, anzi sacrosanta. In secondo luogo con i kamikaze fasciati di esplosivo che portano la morte tra i civili israeliani: terrorismo del tutto ingiustificato e da condannare senza esitazione.

E’ possibile ancora sperare? Sul fronte diplomatico si sono prodotte alcune novità importanti. Per la prima volta Bush ha detto a Sharon "quel che è troppo è troppo" e gli ha ordinato di ritirarsi dai tenitori. La prossima settimana arriverà in Medioriente il segretario di stato americano Colin Powell con pieni poteri: le chiavi della pace sono in mano degli USA, così come il rubinetto degli aiuti (dollari e armi).

Anche l’Europa ha battuto un colpo: Piqué e Solana, cui era stato negato di incontrare Arafat, si sono rifiutati di vedere Sharon, hanno sbattuto la porta e hanno lasciato Israele per protesta. Può darsi che ora Sharon venga obbligato a trattare. Io non credo più a una pace negoziata, ma solo a una pace imposta con l’aiuto di una robusta forza di interposizione internazionale che tenga separati i contendenti e abbia il potere di impedire sia il terrorismo di Stato da parte di Israele sia il terrorismo kamikaze dei Palestinesi.

Dalla chiesa della Natività a Betlemme circondata dai carri israeliani, da presso il corpo del campanaro ucciso giunge l’appello dei frati di San Francesco: "Salvateci! Salvate la Palestina! Salvate la pace per tutti: Arabi ed Ebrei!"