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QT n. 19, 9 novembre 2002 Monitor

Un “Flauto” pieno di superlativi

Ottimo allestimento (Santa Chiara di Trento, con Bolzano e Rovigo) del capolavoro di Mozart: recitazione, scenografia, costumi, canto e musica impeccabili.

Costa non poca fatica fornire un resoconto della rappresentazione del "Flauto magico" del lo scorso 31 ottobre, si rischia di esaurire i superlativi e non sapere chi o cosa nominare prima; se i favolosi costumi di Santuzza Calì, l’aitante e bravissimo Markus Werba (Papageno), o l’inventiva scenografia di Emanuele Luzzati.

Markus Werba (Papageno).

A cavallo della notte di Halloween, non sono mancati né scherzi, né dolcetti al teatro Sociale. Animali/ballerini multicolori, colonne triangolari in moto circolare lungo tutto il palco, oggetti calati dal cielo, ombre iridescenti lungo muri e persone...

Dolce è stato godere di un capolavoro dell’operetta tedesca, apparentemente semplice, ma articolato e vivace qual è il "Flauto", nella resa di un gruppo di cantanti in felice intesa e ben scelti. I colori confetto della scenografia coinvolgevano nel lieto mondo di Tamino, Pamina e i Papageni, dove pericoli e peripezie non durano che lo spazio di un cantabile. Agli scherzi di ogni genere ha pensato Markus Werba, recitando Papageno anche in italiano, coinvolgendo il pubblico e tentando di distrarre i membri dell’orchestra. Ogni apparizione del Vogelfänger catturava l’attenzione del pubblico e sprigionava divertimento. Pur di seguirlo in tutte le sfumature e i tic che ha saputo donare al suo personaggio, si restava incantati a guardarlo, scordandosi di leggere la traduzione sul tabellone al di sopra del palco.

Jeremy Ovenden (Tamino).

Dette traduzioni forniscono l’unico appiglio per il critico sadico. Hanno funzionato a singhiozzo durante lo spettacolo. Sono state tradotte quasi tutte le arie, ma non i recitativi. Le cose essenziali si capivano lo stesso, ma si andava a perdere molto, sia i riferimenti ai riti iniziatici massonici, che alcuni stratagemmi comici della vicenda. A parte questa piccola difficoltà, lo spettacolo ha dato ragione a quanti hanno affollato entrambe le serate il teatro Sociale.

Jeremy Ovenden è stato un prestante Tamino, forse solo un pochino troppo leggero; Gemma Bertagnolli, pur con un’ottima pronuncia Hoch Deutsch, era una dolcissima Pamina; Erika Miklosa ha avuto una piccola esitazione nel primo atto, ma nel secondo era ieratica e terribile, come Regina della Notte, mentre ingiungeva alla figlia Pamina di uccidere il nemico Sarastro. Bravissimi i tre Wiltener Sängerknaben nella parte dei tre fanciulli che impediscono a Pamina e a Papageno di suicidarsi.

Gemma Bertagnolli (Pamina).

Arnold Östman ha diretto l’orchestra giovanile dell’accademia Mahler di Bolzano fino ad armonizzare persino con le espressioni facciali dei cantanti. Ottimi gli interventi del coro del nuovo teatro comunale di Bolzano, diretto da Othmar Trenner, impeccabile la regia di Daniele Abbado.

Il pensiero finale, ricordando le piacevoli serate del Flauto Magico a Trento, va al duetto fra Papageno e Papagena (Pa...Pa...Pa), quando, liberata dal trucco da vecchina, Elena Bakanova ha splendidamente tenuto testa al trascinante Werba, nella speranza di rivederli presto gorgheggire insieme in un nuovo allestimento del trio Bolzano-Rovigo-Trento.

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