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In nome del dio petrolio

La barbarie della "guerra preventiva" conto l'Iraq: per il capovolgimento della dottrina di legittima difesa, per le vittime che provocherà, per le reazioni a catena che ne verranno innescate.

Il Papa, il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica, ci ha detto che "Dio non si rivela più, sembra nascondersi nel suo cielo, in silenzio, quasi disgustato dalle azioni dell’uomo". Un tale annuncio a me sembra terribile. Una persona come Karol Wojtyla, che ha vissuto le tragedie del secolo scorso con la forza, il coraggio e la speranza di un protagonista indomito, per giungere ad una riflessione così disperata deve esservi stato indotto da una visione del mondo attuale a dir poco apocalittica. Il suo Dio è disgustato dalle azioni dell’uomo.

George W. Bush e Colin Powell.

Eppure deve averne viste di nefandezze compiute da questa sua creatura nel corso dei millenni. I forni crematori e le camere a gas di Adolf Hitler. Le stragi di Pol Pot. Hiroshima e Nagasaki. I gulag di Stalin. E prima ancora le crudeltà del colonialismo e dello schiavismo, il genocidio degli indios d’America, le torture della Sacra Inquisizione, le guerre sante combattute in nome di Allah, ma anche di Yahweh o del Dio cristiano, come le Crociate. E via rievocando le infinite atrocità che hanno segnato la storia conosciuta dell’homo sapiens dagli albori fino ai nostri giorni.

E tuttavia, secondo la sofferta testimonianza di Karol Wojtyla, solo ora Dio si ritrae disgustato innanzi alle abominevoli degenerazioni dell’uomo. Ed infatti, accanto alle ordinarie malvagità di sempre, sono comparse manifestazioni che portano i segni di una protervia, per quantità e qualità, fino ad oggi sconosciuta. Tali da farci rimpiangere gli anni della guerra fredda, durante i quali il mondo era vissuto in un instabile equilibrio del terrore, nell’incubo di una possibile imminente guerra nucleare.

Il terrorismo, che in forma embrionale ed episodica è sempre esistito, ora ha assunto una dimensione planetaria ed una modalità esecutiva che spazia dalla povertà primordiale del singolo kamikaze all’opulenza tecnologica dell’11 settembre. Ciò che più impressiona è che esso sembra essere divenuto la forma quasi esclusiva che stanno assumendo le pulsioni di protesta e di lotta generate dalle oppressioni e ingiustizie così abbondanti nel mondo.

La spirale senza fine di violenze reciproche che insanguina il Medio Oriente, ove Hamas e Sharon interpretano una incredibile rappresentazione che sembra ideata da un folle demonio, ha distrutto ogni principio di ragione, sembra avere annullato anche il più minuscolo frammento di razionalità.

La strage degli ostaggi voluta da Putin per contrastare il terrorismo ceceno nel teatro di Mosca supera, quanto a cinismo del potere, ogni limite fino ad oggi mai raggiunto. Tanto più se si pensa che essa è giustificata dalla incivile pretesa di negare l’indipendenza alla Cecenia da parte di uno Stato che dispone di territorio e popolazione e ricchezze materiali in misura tale da rendere la Cecenia assolutamente insignificante.

La guerra preventiva concepita e teorizzata dall’amministrazione Bush contro l’Iraq per deporre Saddam Hussein è indice di una barbarie mai vista prima di oggi. Tutta l’elaborazione faticosamente costruita da secoli di civiltà della dottrina della legittima difesa viene capovolta brutalmente in una mostruosa teoria di una pretesa legittima offesa. Nemmeno la Roma imperiale era giunta a tanto: "si vis pacem para bellum" significa soltanto "prepàrati" alla guerra, non "farla prima". Se pensiamo che un tale sistema di pensiero ispira i comportamenti della più grande potenza del mondo, che è in grado da sola di scatenare armi di distruzione di massa in misura assai maggiore di quanto possano fare nel loro assieme tutti gli altri Stati del mondo, c’è da rabbrividirne. Non solo per gli effetti catastrofici che una simile guerra preventiva reca a popolazioni innocenti, ma soprattutto per la reazione a catena che essa è destinata a provocare.

Sarà anche vero, come ci confida il Papa, che Dio è disgustato e, rassegnato, ha persino rinunciato a far sentire la sua voce. Ma non vi ha rinunciato Karol Wojtyla. Né possiamo rassegnarci noi, comuni mortali.

Diceva Giorgio Gaber che libertà è partecipazione. Forse non è vero sempre. Ma quando è in gioco la sopravvivenza della civiltà, quando è a rischio di scomparire la ragione, questo nucleo divino della nostra natura umana, beh, in questi casi cessiamo di essere liberi se rinunciamo a partecipare in tutte le forme e con tutti i mezzi che la democrazia ci consente. I governi devono udire un boato che sale dai loro popoli per esigere il ritorno alla ragione. Medio Oriente, Cecenia e Iraq (con l’appendice del Venezuela) sono tutti punti critici che hanno in comune di essere collegati con il petrolio. Ha senso una guerra santa in nome del dio petrolio?