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Auditel fra misteri e bugie

La scarsa trasparenza nella rilevazione dei dati d’ascolto televisivi. E perché non si diffondono anche i dati sul gradimento? Da Centomila, quindicinale di Lugo (Ravenna).

Federico Vozza

Da un po’ di tempo a questa parte importanti personaggi televisivi come Gianni Morandi, Piero Chiambretti, Renzo Arbore, hanno riportato al centro dell’attenzione mass-mediatica la scottante questione del rilevamento dei dati di ascolto delle trasmissioni televisive. In particolar modo hanno denunciato il decadimento qualitativo dei programmi dovuto alla forte influenza di questi dati al momento della stesura del palinsesto.

Dal 1986 ad oggi il sistema di verifica dell’audience televisiva è affidato a una società privata, l’Auditel, proprietà in parti uguali della Rai, dei network privati (Mediaset in modo particolare) e dell’Associazione degli utenti della pubblicità. In principio l’Auditel doveva essere uno strumento al servizio del marketing per la spartizione degli investimenti pubblicitari tra le diverse reti. In realtà, con il passare degli anni, ha assunto un ruolo che gli è improprio, diventando il giudice insindacabile dell’intera programmazione televisiva. Secondo le rilevazioni di Eurostat l’Italia è uno dei paesi a più basso indice culturale diffuso. Questo primato negativo è anche dovuto all’abbandono da parte della televisione italiana di quell’iniziale funzione d’informazione colta e e ad un livello qualitativamente assai scadente dei programmi, di cui è in gran parte responsabile l’Auditel.

Per interrompere questa pericolosa schiavitù da cifre si è mossa anche Megachip, associazione nata il 25 aprile scorso da un’idea di Giulietto Chiesa, ex giornalista de La Stampa, il cui progetto prevede una campagna permanente sui temi della comunicazione. L’organizzazione ha lanciato una campagna contro l’Auditel volta a smascherare l’inattendibilità del sistema di rilevazione dell’audience. L’inchiesta sulle malefatte dell’Auditel, finora condotta da importanti giornalisti quali Rober-ta Gisotti, autrice del libro “La favola dell’Auditel”, da Federico Orlando, fondatore di Articolo 21, e da Giulio Gargia, incomincia a dare i suoi frutti. Si sono scoperte ad esempio mancanze nel campione preso in esame per i rilevamenti. L’universo di riferimento degli utenti non comprende, infatti, le utenze collettive, come le televisioni nei bar o negli ospedali, che corrispondono al 2,5% degli spettatori nei giorni infrasettimanali e che toccano punte del 4% nei festivi. Un altro esempio della non veridicità del campione preso in esame viene dal metodo con cui si compie la ricerca delle 5075 “famiglie Auditel” destinate ad installare sopra il proprio televisore un apparecchio (il “meter”) che invia ogni notte via telefono i comportamenti d’ascolto registrati durante la giornata. Infatti, circa il 50% delle persone contattate per fare parte del campione rifiutano ogni tipo di collaborazione; del restante 50%, 1’80% si rifiuta di far installare il meter sulla propria Tv e solo il 20%, cioè il 10 % del totale, accetta. Questo fa sì che il campione sia statisticamente inattendibile.

Il sistema non riesce inoltre a registrare i momenti in cui la Tv è accesa ma lo spettatore è assente; questo tipo di rilevamento assume particolare importanza, visto che l’Auditel sforna dati minuto per minuto dai quali i responsabili dei contenuti dei programmi attingono per studiare con attenzione le curve di ascolto. Giulio Gargia, conducendo l’inchiesta sulle “famiglie Auditel”, è venuto a conoscenza del fatto che il campione viene selezionato solo dopo aver accuratamente visionato le abitudini di ascolto. A dimostrazione di questo si può constatare che sono assenti o irrilevanti i nuclei familiari che guardano la Tv meno di 3 ore al giorno. Si è arrivati anche alla scoperta di inesattezze e stranezze nel rilevamento. Il meter non rileva il Televideo; il tempo impiegato all’uso di questa funzione viene impropriamente conteggiato come ascolto dell’ultimo canale al quale ci si è sintonizzati. Un’altra singolarità del sistema Auditel è il non utilizzo da ben 14 anni del tasto “voto” presente nella strumentazione fornita alle famiglie campione che consentirebbe di effettuare statistiche anche sulla qualità dei programmi. Si sono poi registrati casi in cui si può pensare che i dati degli ascolti siano preassegnati dal software. Il più clamoroso è avvenuto alla fine del ‘98 quando, una delle emittenti più importanti della Campania, Telecapri, ha avuto per 3 giorni le apparecchiature sigillate dalla magistratura e non ha trasmesso alcun programma. L’Auditel in questa occasione non ha registrato nessun cambiamento ed ha fornito per 3 giorni dati d’ascolto pari a 230.000 spettatori.

Un altro caso, incredibilmente analogo al precedente, si è verificato il 15 luglio del 2000 su RAI Uno. In seguito all’interruzione per pioggia di un programma, la rete decise di trasmettere per più di un quarto d’ora il segnale orario: ebbene, l’Auditel non registrò alcuna variazione dell’audience.

La scoperta di queste ed altre anomalie non è stata affatto semplice. L’Auditel infatti, appellandosi allo status giuridico di società privata, è sempre riuscita a non dover fornire le modalità del proprio software a chicchessia. Per interrompere questo tipo d’immunità l’associazione Megachip ha chiesto all’Authority per le comunicazioni l’applicazione della legge 249 che prevede la possibilità di esercizio del potere di controllo verso un organo che fornisce dati di interesse pubblico. Inoltre l’associazione invita la Rai, in quanto servizio televisivo pubblico, ad abbandonare l’Auditel e a rivelare i dati del suo campione IQS (Indice di qualità e soddisfazione), finora segretissimi, che potrebbero integrare o addirittura sostituire l’attuale sistema. Tali richieste mirano a spezzare il monopolio dell’Auditel e a restituire agli utenti e ai produttori di televisione un utile servizio. Inoltre, se questo sistema venisse risanato, ne trarrebbe vantaggio anche il sistema pubblicitario. Infatti, i dati forniti dall’Auditel assumono notevole importanza se si pensa che in base agli ascolti televisivi viene stabilito il costo della pubblicità all’interno di ogni singola rete e programma. Ma il fatto che Rai e Mediaset abbiano un sostanziale controllo di questa società fa sì che la maggior parte degli investimenti pubblicitari vengano indirizzati alle proprie reti. Abbiamo quindi l’ennesimo caso di conflitto d’interessi presente nel nostro Paese, conflitto che in questa circostanza penalizza terribilmente le televisioni locali e gli operatori del marketing.

Megachip ha lanciato un appello al fine di segnalare le famiglie del campione Auditel, la cui lista è segreta, all’indirizzo e-mail campagna.auditel@megachip.info per poter smascherare, attraverso dimostrazioni pubbliche, l’inattendibilità del metodo della rilevazione degli ascolti e per ribadire la necessità di democrazia all’interno del sistema delle comunicazioni.

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