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Guerra di bandiere

Idealità, merchandising, e qualche baruffa da ragazzi della via Pal.

Sul Trentino del 25 marzo leggiamo che nella provincia di Trento sono state acquistate 35.000 bandiere della pace; solo il giorno prima, sul medesimo giornale, le bandiere vendute erano state "appena" 20.000, ma pazienza: a quanto dice il Tg3 siamo comunque la provincia italiana all’avanguardia in questa corsa all’addobbo iridato. Non una moda, come qualcuno cerca di consolarsi, ma il segno di un’egemonia culturale impostasi al di là di ogni previsione.

"Siamo tornati. Iraq 2003"

Un fenomeno, quindi, che ha destato molta curiosità anche frivola nei media; e così, ecco la caccia alla casa di Trento più imbandierata, individuata per il momento in una palazzina dove ci sono "otto appartamenti su dodici con il vessillo multicolore"; ecco un articolo sui rapporti fra 3 coinquilini di Gardolo che hanno esposto in due casi la bandiera della pace, e in un caso un’accoppiata di bandiera italiana e americana, quest’ultima trovata finalmente a Bolzano, al non modico prezzo di 70 euro. Ed ecco ancora, presentata come un fenomeno, l’infermiera di Pergine che esibisce anch’essa una bandiera USA. Molti, dice, solidarizzano con la sua scelta; ma allora perché non fanno la stessa cosa? L’estroversa signora, che "sulla cassetta postale ha incollato un poster con il viso di Berlusconi", spiega che ormai "il Trentino è comandato dalla sinistra, abbiamo la sinistra ovunque. Persino i cattolici ora fanno i pacifisti ad oltranza. Che mondo è mai questo?"

"Forse - conclude il saggio cronista - quello che impara, faticosamente, ad accettare le idee di tutti".

Quelle bandiere multicolori sono ormai così normali, che qualcuno, fra creatività e smania di protagonismo, si sente in dovere di inventare qualcos’altro. Ecco un signore che tramite una diapositiva proietta ogni sera sulla facciata del conservatorio di Trento la scritta "pace". Ecco la grande croce sul monte Tondo arrossata da fogli messi attorno ai fari, "quasi a voler significare che in questi giorni drammatici la croce è stata profanata dall’ideologia della forza, della violenza e della guerra" (e subito, chissà perché, la Digos si è attivata per individuare i responsabili). Ecco una ventenne che "si è fatta decorare la chioma con i colori dell’arcobaleno, una colombina bianca sulla nuca e scritte inneggianti alla pace sulle tempie", argomentando che "le bandiere si vedono sventolare, ma spesso non si conosce chi le ha appese. Io mi espongo in prima persona e spero così di suscitare dibattito ". Il parrucchiere, Christian Pedron, ha accolto il suggerimento e - pacifismo o promozione che sia - si è impegnato ad eseguire gratuitamente a chiunque quell’insolito taglio.

Inevitabile, a questo punto, la mercificazione del fenomeno; bandiere a parte, si trova ormai di tutto, sia dal tabaccaio che su certi siti Internet, come quello, fin qui specializzato in gadgets da tifo calcistico, ora parzialmente convertitosi al pacifismo, tanto da aver offerto alla Cgil (che ha ovviamente rifiutato) prodotti quali "il cappellino della pace, in lana acrilica pettinata, ordine minimo 60 pezzi a 2.60 euro". Ma, per quanto pochi, anche i guerrafondai rappresentano una nicchia di mercato, e per loro, sempre sulla rete, c’è chi vende magliette con slogan filo-americani.

C’è infine la questione dei rapporti fra gli opposti simboli, che ha assunto per lo più i toni un po’ puerili di una baruffa fra ragazzi della via Pal. Come al Consiglio comunale di Trento ("Guerra di bandiere a palazzo Thun" - titolava L’Adige), dove alcuni diessini e margheritini "si sono presentati in aula col vessillo arcobaleno legato al collo", mentre un rifondarolo ha preferito "una pettorina con scritta trilingue per dire no alla guerra"; ma purtroppo "i consiglieri di Forza Italia... avevano già pronta la contromossa: Giorgio Manuali apriva la borsa per sfoggiare un bel tricolore, imitato dai suoi compagni di partito, che esibivano invece la bandiera a stelle e strisce". Il tutto per discutere di parcheggi e batterie usate.

Qualche episodio poco commendevole c’è stato, ma niente di drammatico: qualche bandiera strappata e soprattutto la sparizione, dal magazzino dell’agenzia che distribuisce i giornali nelle edicole, di 674 bandiere americane allegate al quotidiano Libero . I sospetti si indirizzano soprattutto sugli autisti dei furgoni, gran parte dei quali originari del Nordafrica; nel dubbio, l’azienda li ha denunciati tutti e 16.