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Caccia: non c’è limite al peggio

Le incredibili e provocatorie proposte dell'Associazione Cacciatori, forte dell'appoggio clientelare della Provincia. E le iniziative che invece andrebbero promosse per una gestione corretta della fauna.

Non c’è limite al peggio. Forse il detto potrebbe essere rielaborato in: Non c’è limite alle peggiori richieste. Tutto è cominciato con la richiesta dei dirigenti dell’Associazione Cacciatori, che nella recente assemblea hanno alzato il tiro delle loro pretese: fuori gli ambientalisti dal Comitato Faunistico, decidiamo noi; anzi non basta, anche il Servizio Faunistico della Provincia si faccia da parte e lasci decidere a noi sui piani di prelievo venatorio (eufemismo per evitare il più brutale: piani abbattimento).

Siamo ormai in campagna elettorale ed il vecchio vizio di tentare di strappare nuove concessioni ai politici dev’essere subito affiorato alla mente di qualcuno di quei dirigenti. Niente di illecito, forse, ma altrettanto lecito attendersi dure reazioni dei rappresentanti delle associazione ambientaliste alle pretese dei cacciatori.

Perché mai dovrebbero essere i cacciatori da soli a decidere in tema di fauna?

Recita l’art. 1 della legge nazionale n.157-11/02/92: "La fauna è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale". Un principio accettato anche dai cacciatori? Se sì, allora appare evidente che la comunità non può delegare ad essi in toto la gestione della fauna. Essi rappresentano una piccolissima parte della popolazione (in percentuale circa l’1.5%) con un chiaro conflitto di interessi: la fauna sarebbe tutelata solo nell’ottica del prelievo venatorio, prioritario per i cacciatori, ma non per moltissimi settori della comunità. Ragionando per assurdo, supponiamo di trovarci nella situazione opposta: la gestione della fauna viene delegata alle associazioni ambientaliste. Assurdo - direbbero i cacciatori, gridando allo scandalo. In effetti anche gli ambientalisti rappresentano una piccola minoranza della popolazione e sarebbe altrettanto ingiusto una loro pretesa di ergersi ad unici interpreti degli interessi dell’intera comunità in tema di gestione della fauna.

La legge provinciale n.24 - 09/127/91 si intitola: "Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia". Attenzione: la caccia è prevista per legge e giustamente quindi i cacciatori rivendicano il diritto di esercitarla. Almeno fino a quando non sarà cambiata la legge. Peccato che con le loro richieste essi sembrano dimenticare che, prima della caccia, è prevista la protezione della fauna. I due aspetti, ancorché collegati, non implicano un automatismo per cui il soggetto autorizzato all’esercizio della caccia è necessariamente anche quello autorizzato alla sua tutela. Anzi, volendo evitare la poco democratica situazione del "controllore controllato" (cosa che sostanzialmente si verifica ora) e considerando che spessissimo protezione e caccia sono in contrasto, sarebbe auspicabile esattamente l’opposto di quanto chiedono i cacciatori, ossia ci vorrebbero meno deleghe a loro e più controlli autonomi.

Ma siccome appunto non c’è limite al peggio, all’iniziale richiesta se ne è ora aggiunta una per bocca del prof. Eccher, presidente della sezione cacciatori cinofili, che sottilizza: in Comitato Faunistico solo gli ambientalisti, fuori invece gli animalisti (?). Non tento neppure di comprendere come avvenga questa distinzione nella mente di chi l’ha concepita. Mi limito ad osservare che è fin troppo palese l’intento di gettare zizzania tra le associazioni ambientaliste nel più classico disegno del "divide et impera". Aggiungo anche che evidentemente Berlusconi ha fatto scuola. Gli avversari me li scelgo io: gli ambientalisti buoni vanno bene, con gli altri non parlo.

Non me ne voglia quindi il prof. Eccher se attenderò con ansia la prossima riunione del Comitato Faunistico, da cui non sono ancora stato cacciato, per avanzare una controproposta: in Comitato solo i cacciatori buoni, diciamo quelli con la fionda o al massimo con il flobert; sicuramente fuori tutti i cacciatori cinofili.

Infine tento di chiarire la mia posizione. Sarei felice se la caccia
venisse abolita (sarei ipocrita se lo negassi), magari attraverso un nuovo referendum sul cui risultato, qualora vi fosse l’interesse e la partecipazione della maggioranza della popolazione, non ho dubbi. Non è stata però l’abolizione della caccia il tema delle mie battaglie sulla stampa ed in seno al Comitato Faunistico: da sempre mi batto invece per una gestione della fauna più rispettosa degli interessi delle varie componenti in gioco e meno compromessa a favore di una minoranza.

Come ho già rilevato, i cacciatori rappresentano meno del 2% della popolazione e non ritengo democratico che ad essi sia affidata la gestione dell’intero patrimonio faunistico. Come non sarebbe democratico affidarla unicamente agli ambientalisti che sostanzialmente rappresentano una porzione dello stesso ordine di grandezza. Ritengo che almeno nei Parchi del Trentino la caccia dovrebbe essere vietata, come lo è a livello nazionale ed in tutti i parchi del mondo, pena svilire e deridere il significato stesso del termine Parco. Altro che Trentino all’avanguardia!

Ritengo che dovrebbero essere attuate iniziative a favore della fauna non sulla base degli interessi minori o maggiori che esse hanno nell’ottica della successiva attività venatoria come avviene invece nella maggior parte dei casi.

Un esempio: malgrado siano previste espressamente dalla citata legge provinciale del 1991, "le oasi di protezione destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica" non sono mai state realizzate e neppure individuate. Come rappresentanti delle associazioni ambientaliste abbiamo più volte sollecitato il Servizio Faunistico ad attivarsi in tal senso: un vero muro di gomma.

D’altra parte è facile capire il perchè: la loro realizzazione cozzerebbe immediatamente con gli interessi delle varie Riserve di caccia che praticamente interessano l’intero territorio provinciale ove esista possibilità di cacciare e nessuno è disposto a cedere nulla.

Mi batto poi per far sì che i politici sinceramente interessati alla tutela della fauna tengano un atteggiamento equidistante tra le due parti avverse e non ne privilegino smaccatamente una, inasprendo in tal modo la contesa, tutto a scapito dell’interesse primario, la tutela della fauna appunto.

Mi pare grandemente scorretto che tutti i finanziamenti pubblici siano indirizzati all’Ente gestore e nulla sia concesso alle Associazioni ambientaliste. In questo modo i cacciatori vengono ad avere le risorse per condurre una serie di iniziative, facendosi poi belli (grazie ai soldi di tutti) davanti all’opinione pubblica e beffeggiando le associazioni che non godono di alcun contributo. Non dubito che mettere in dubbio questo privilegio scatenerà le più violente reazioni da parte dell’Associazione Cacciatori. Ciò nonostante rivolgo ancora una volta un invito a tutti i coloro che sono istituzionalmente interessati perché riflettano sull’opportunità di una diversa allocazione delle risorse finanziarie.

Negli scorsi due anni decine di migliaia di euro (decine di milioni delle vecchie lire) di denaro pubblico sono stati spesi dalla nostra Provincia per il "roccolo" provinciale (La costosa farsa del roccolo provinciale), ossia per la cattura di uccelli di varie specie, utilizzando uccelli in gabbiette per fare da esca, da distribuire poi ai cacciatori cosiddetti "capannisti", quelli cioè, che standosene seduti e nascosti all’interno di un capanno, cacciano gli
uccelli richiamati dai loro consimili in gabbia. Una vera attività sportiva, da sinceri amanti della natura, sponsorizzata dai soldi pubblici!

Forse non è così sbagliato battersi perché anche in questo campo qualcosa cambi.