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QT n. 2, 24 gennaio 2004 Servizi

A chi comunicare?

A proposito di due immagini simbolo dell’anno 2003.

Ci sono degli anni che si possono riassumere in un’immagine. Il 2001 è nell’immagine dell’aereo che buca le torri gemelle. Ma anche l’anno appena concluso è, in sintesi, due sequenze forti, simboliche, che lo fotografano e potranno un giorno rappresentarlo nei manuali di storia. Le due immagini sono naturalmente collegate alla guerra in Iraq. La prima è quella dell’abbattimento della statua di Saddam Hussein, in aprile, al momento della "conquista" di Baghdad; la seconda, quella recente di Saddam prigioniero. Sono entrambe immagini di un despota privato della sua potenza simbolica. A alcuni mesi di distanza, sono caduti il Saddam vero (il regime) sotto forma di Saddam finto (la statua) e poi il Saddam finto (il barbone senza potere) sotto forma di Saddam vero (un passaggio dal barbiere gli fa ritrovare i requisiti fisici dell’epoca in cui era potente).

Diverse sono le strategie comunicative messe in atto nella costruzione di queste due immagini. La definizione dell’evento è affidata: nel primo caso, alla contiguità tra l’apparato militare americano e il sistema mediatico mondiale (io creo l’evento, tu lo riprendi); nel secondo caso, a una gestione autonoma degli strateghi militari della comunicazione. In entrambe le circostanze, chi ha messo in piedi l’evento mediatico si è posto il problema di "a chi/per chi comunicare". I possibili, specifici destinatari della comunicazione potevano essere tre: gli americani, gli iracheni, il mondo. La strategia comunicativa, la confezione dell’immagine, va infatti posta in relazione con il destinatario del messaggio.

Nella presentazione del primo evento, la caduta della statua di Saddam, abbiamo assistito a una rettifica in corso d’opera della strategia di comunicazione visiva. La statua era stata in un primo momento incappucciata con una bandiera a stelle e strisce. Il soldato cha ha incappucciato la statua - si chiama Chin ed è un cinese nato in Birmania - dice di aver eseguito un ordine. La BBC ha sostenuto addirittura che la bandiera fosse quella che sventolava sul Pentagono l’11 settembre del 2001. Ma, anche se fosse stata una decisione autonoma del soldato Chin, il messaggio che comunicava quella bandiera USA aveva come destinatario preciso il pubblico degli Stati Uniti d’America. Si voleva dire al cittadino di Kerrville, Texas: l’America ha vinto la guerra. Si è fatto presto a capire, però, che il messaggio suonava indigesto al "liberato" cittadino iracheno, o anche all’opinione pubblica mondiale che continuava a fare no con la testa. Ecco quindi il contrordine degli strateghi militari della comunicazione, forse illuminati dai buuu della folla, e la conseguente seconda scalata della statua da parte del soldato Chin: Saddam va incappucciato con la bandiera irachena. Mike Bongiorno ci insegna che, quando la prima risposta è sbagliata, anche se si azzecca la seconda non si vince comunque il quiz.

A proposito di bandiere: se il patriottismo, diceva Samuel Johnson, è l’ultimo rifugio delle canaglie, le bandiere di questa canaglieria sono davvero il simbolo visibile. La bandiera americana dopo l’11 settembre sembra sempre di più l’emblema tribale di un clan incattivito. Nel cinema americano recente se ne fa un uso scriteriato. Viene in mente una proposta, che sembra faceta e invece era seria, di Pierre Bourdieu. In un ragionamento sulle Olimpiadi, di cui vedeva minacciate le potenzialità di universalismo, il sociologo francese sosteneva la necessità di stabilire un codice normativo dove venissero vietate manifestazioni nazionalistiche come il giro d’onore dello stadio di atleti avvolti nella bandiera nazionale. Tale è la splendida inverosimiglianza di questa proposta che verrebbe davvero voglia, almeno lì, di applicarla.

La seconda immagine, quella di Saddam prigioniero, è un esempio da manuale di una studiatissima scelta di comunicazione visiva. Le riprese sono mute, perfette per essere commentate in voice over da un presentatore in studio. E la selezione delle due o tre microsequenze (il dentista, lo spidocchiamento) non tradisce il minimo dubbio su chi sia il destinatario del messaggio, sulla domanda chiave "a chi / per chi comunicare": la comunicazione è destinata a uso interno. 

Le immagini di Saddam dal dentista hanno come destinatario diretto della comunicazione il cittadino (o, meglio, l’elettore) di Kerrville, Texas. Bush, in casa, ha infatti guadagnato punti nei sondaggi, ma dal resto del mondo - ricettore ma non destinatario della comunicazione - si è levato un coro di "non si fa" e "non sta bene".

Se l’amministrazione Bush può naturalmente fare con il suo elettorato tutte le sconcerie che vuole, sarebbe più prudente scegliere un momento appartato, non uno in cui tutto il mondo è costretto a stare a guardare.